Piaccia o no la situazione è quella descritta qui da Oscar Giannino tre mesi fa e qui oggi.
Ma la sostanza è che Alitalia è una compagnia ex statale che ha conservato la più retriva anima statale italiana, quel mix d'inefficienza, interessi personali e politici, incapacità di management e condizionamenti, talvolta in molti casi ben oltre il codice penale, che ha sempre affossato le iniziative guidate dal "pubblico" compromettendo la dignità e la fiducia in quest'ultimo a differenza di quanto accade in altri paesi, Francia in primis.
Oggi l'ala liberista e affaristica del governo Gentiloni attacca la scelta dei lavoratori. Ma sono veramente questi i soli colpevoli o non si tratta purtroppo delle ultime vittime - dopo i passeggeri e soprattutto i contribuenti italiani - la cui colpa principale è di aver creduto in piani che di industriale avevano ben poco e di essersi cullati nell'illusione che un pacchetto cospicuo di benefici e privilegi durasse per sempre.
Così sembra che la voglia di abbandonare la compagnia al suo destino faccia premio su tutto. L'importante è privatizzare dopo anni in cui si sono pubblicizzate perdite astronomiche, sprechi continui e competenze improbabili. Si scarica sui cittadini l'onere di abbandonare Alitalia - il ministro Calenda sembra essere sbarcato nell'America reaganiana dove qualsiasi entità publica o semipubblica che abbia un rosso dev'essere chiusa, ma dimentica che i primi a chiudere i battenti dovrebbero essere proprio loro, i ministri di un'Italia con quei conti che si ritrova! - perché non è tollerabile che perda, come nel 2016, 600 milioni all'anno.
Dal 2009 Alitalia ha collezionato soltanto bilanci negativi: in particolare il gruppo ha perso 327 milioni nel 2009, 168 milioni nel 2010, 69 milioni nel 2011, 280 milioni nel 2012, 568 milioni nel 2013, 580 milioni nel 2014, 199 milioni nel 2015. Le peridte per il 2016 secondo alcune stime si attestano a 600-650 milioni (solo Unicredit è esposta per 500 milioni). Mediobanca ha stimato in 7,4 miliardi l' onere per le casse pubbliche dal 2007 alla metà del 2014.In questa ricerca dove Alitalia perde e spende di più degli altri
Ma chi ha guidato Alitalia fino ad oggi, perché lo Stato ha sempre rifinanziato anche di fronte a non piani industriali, ha avvallato i cambi di manager, ha esaltato il costoso - sempre per lo Stato - soccorso dei capitani coraggiosi e poi l'arrivo degli arabi di Etihad?
Perché la politica privatizzatrice e consegnata al mito inutile e affossato del "tutto va bene se ci affidiamo agli imprenditori" non ci ha messo il naso prima, quando aveva le azioni e ha detto di no all'alleanza-fusione con Klm prima e Air France poi? Silenzio.
Intanto anche il nuovo piano, quello bocciato, non era molto diverso dai precedenti: 2 mld di ricapitalizzazione, taglio dei salari dell'8 per cento, un costo del lavoro giù del 30 per cento sul montante dei risparmi 2019, l'altro 60 e poco più dal altri risparmi nella gestione, 1600 lavoratori in meno da accompagnare con gli ammortizzatori . Su questo punto però bisogna chiarire un particolare: gli ammortizzatori Alitalia godono dell'esistenza di un fondo trasporto aereo che garantisce l'80 per cento dello stipendio ma che è alimentato per il 96 per cento da una sovrattassa che è ora di 6,50 euro sul biglietto,quindi pagata dai viaggiatori.
Il vero nodo, e qui entra a pieno titolo la responsabilità del management, è quello dell'offerta con cui Alitalia non è mai stata in grado di fare concorrenza, anzi ha sempre perso quote di mercato: non è mai riuscita a imporsi sul segmento business in quanto a rotte intercontinentali profittevoli, flessibilità dell'offerta e prezzi, ma anche sul low cost non ha mai costituito una minaccia per Ryanair. Anzi è rimasta nel medio è breve raggio dove appunto non è concorrenziale. Per ragioni politiche, succube di interessi localistici ha avuto a che fare con una rete di aeroporti locali inutili e costosi, è rimasta legata al semiflop di Malpensa e non ha mai potuto godere dei servizi infrastrutturali e di collegamento che uno Stato efficiente deve garantire ai suoi scali. E last but no least, negli anni, sempre per ragioni di sudditanza politica, non ha stretto quelle alleanze (KLM e AirFrance) che, magari anche in posizione minoritaria, le avrebbero consentito di essere nel giro e nella rete delle maggiori compagnie al mondo. E magari anche di sopravvivere senza consegnarsi ora a chi se la porterà via pezzo a pezzo e per poco.
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