La sinistra radicale avanza in Francia e i mercati hanno paura. Jean Luc Melenchon, il terzomondista, trotzkista, no euro e no Ue, euroscettico e favorevole alla nazionalizzazioni, ormai in più di un sondaggio ha superato il post gollista, repubblicano, ultraliberale Francois Fillon e addirittura insidia l'ex socialista, libdem Emmanuel Macron che, al pari di Marine Le Pen, vede il suo vantaggio ridursi e oscillare attorno al 22-24%. (qui gli ultimi sondaggi).
Melenchon con il suo messaggio conquista e i giovani con accenti molti simili a quelli di Bernie Sanders negli Usa, ha forme e metodi di comunicazione innovativi e modernissimi (è colui che usa meglio i social) come gli ologrammi, dai dibattiti è uscito benissimo - molto meglio dei favoriti Le Pen e Macron - è capace di riassorbire in parte la rabbia che da sinistra (Benoit Hamon, sinistra del Psf è praticamente abbandonato dal suo partito e si aggira attorno all'8-9% con una parte della vecchia base che stava andando verso l'estrema destra. Ma ciò che preoccupa ancora di più i mercati è che Marine Le Pen, vista come il pericolo principale, si sta avvitando nelle sue gaffe e nelle sue contraddizioni di casta (e fra il primo e secondo turno potrebbe perdere l'immunità per l'uso dei fondi europei da eurodeputato) e Macron sembra aver perso la forza propulsiva non riuscendo più a produrre proposte nuove idee, non riesce a scindere i suoi passati legami da banchiere d'affari (vedere qui le proposte dei candidati). In più Macron è difficilmente misurabile a causa della "inconsistenza storica" della sua base elettorale troppo nuova per essere facilmente misurabile e stabile.
Meno di due mesi dopo il respiro di sollievo tirato dalla destra populista e razzista messa all'angolo in Olanda, seppur in un quadro complesso di frammentarietà, adesso la Francia - che in un primo momento sembrava avviata sul tranquilli binario liberal-socialista ed europeista Macron - potrebbe riservare una sorpresa ancora maggiore di quella attesa: e se al ballottaggio finissero i due estremi Le Pen-Melenchon? (leggere qui e anche qui). Una ipotesi che i numeri per ora smentiscono ma non così lontana come ci si poteva attendere anche solo un mese fa e vista con spavento dal mondo economico che vede con preoccupazione ogni alternativa allo status quo liberista di questi anni (vedere qui ).
A questo punto la partita vera e il suo esito ce l'hanno in mano gli astenuti, un annunciato 40 per cento che potrebbe ridursi grazie alla capacità di recupero a sinistra in particolare di Melenchon che con la sua performance dimostra che la sinistra - quella vera, la cosiddetta radicale e non quella blairiana e ultramoderata, centrista alla Renzi - in Francia è ancora ben viva (vedere qui il caso di uno dei candidati minori, ma autentici personaggi come l'operaio anticapitalista Philippe Poutou), capace di alta possibilità di mobilitazione (i comizi e gli appuntamenti di Melenchon sono fra i più partecipati) e può giocarsela alla pari con la destra
Melenchon con il suo messaggio conquista e i giovani con accenti molti simili a quelli di Bernie Sanders negli Usa, ha forme e metodi di comunicazione innovativi e modernissimi (è colui che usa meglio i social) come gli ologrammi, dai dibattiti è uscito benissimo - molto meglio dei favoriti Le Pen e Macron - è capace di riassorbire in parte la rabbia che da sinistra (Benoit Hamon, sinistra del Psf è praticamente abbandonato dal suo partito e si aggira attorno all'8-9% con una parte della vecchia base che stava andando verso l'estrema destra. Ma ciò che preoccupa ancora di più i mercati è che Marine Le Pen, vista come il pericolo principale, si sta avvitando nelle sue gaffe e nelle sue contraddizioni di casta (e fra il primo e secondo turno potrebbe perdere l'immunità per l'uso dei fondi europei da eurodeputato) e Macron sembra aver perso la forza propulsiva non riuscendo più a produrre proposte nuove idee, non riesce a scindere i suoi passati legami da banchiere d'affari (vedere qui le proposte dei candidati). In più Macron è difficilmente misurabile a causa della "inconsistenza storica" della sua base elettorale troppo nuova per essere facilmente misurabile e stabile.
Meno di due mesi dopo il respiro di sollievo tirato dalla destra populista e razzista messa all'angolo in Olanda, seppur in un quadro complesso di frammentarietà, adesso la Francia - che in un primo momento sembrava avviata sul tranquilli binario liberal-socialista ed europeista Macron - potrebbe riservare una sorpresa ancora maggiore di quella attesa: e se al ballottaggio finissero i due estremi Le Pen-Melenchon? (leggere qui e anche qui). Una ipotesi che i numeri per ora smentiscono ma non così lontana come ci si poteva attendere anche solo un mese fa e vista con spavento dal mondo economico che vede con preoccupazione ogni alternativa allo status quo liberista di questi anni (vedere qui ).
A questo punto la partita vera e il suo esito ce l'hanno in mano gli astenuti, un annunciato 40 per cento che potrebbe ridursi grazie alla capacità di recupero a sinistra in particolare di Melenchon che con la sua performance dimostra che la sinistra - quella vera, la cosiddetta radicale e non quella blairiana e ultramoderata, centrista alla Renzi - in Francia è ancora ben viva (vedere qui il caso di uno dei candidati minori, ma autentici personaggi come l'operaio anticapitalista Philippe Poutou), capace di alta possibilità di mobilitazione (i comizi e gli appuntamenti di Melenchon sono fra i più partecipati) e può giocarsela alla pari con la destra
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