La partita si fa dunque più complicata e comincia a trapelare la sensazione che sia il blitz in Siria che la "campagna" nordcoreana sia servite soprattutto a distrarre l'opinione pubblica dalle scelte controverse o dai flop della presidenza.
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In questo quadro s'inserisce anche l'ultima impresa: la superbomba Gbu-43, 10 tonnellate, mai provata prima su un teatro di guerra, è stata sganciata il 13 aprile 2017 nella provincia est dell'Afghanistan Nangarhar per distruggere una serie di gallerie e bunker sotterranei dell' Isis. Anche in questa occasione l'attacco ordinato da Trump è un messaggio a doppio uso: interno ed esterno. Il primo è come gli altri, togliere l'attenzione attorno alle vicende dei rapporti in periodo elettorale con la Russia, il secondo invece vuole essere ancora un avvertimento alla Russia, alla Cina e alla Corea del Nord e un'indicazione soprattutto alla prima, di come gli Usa vogliono muoversi contro l'estremismo islamico.
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Ma anche in questo caso la mossa di Trump tradisce la sua ridotta possibilità di scelta sul che fare in Afghanistan dove l'America è ormai da tempo in stallo. Doveva abbandonare l'Afghanistan completamente nel 2017 e ciò non accadrà: i mille soldati di Obama sono 8 mila 500 e Trump potrebbe dar vita a un rafforzamento con la scusa della lotta all'Isis. La verità è che le forze regolari afghane da sole non ce la potrebbero fare, anche se il governo centrale oggi controlla il 70% del territorio
ma i talebani sono in ripresa e in allargamento. Così l'America potrebbe restare sul terreno per molti altri anni, decenni.Contraddicendo anche in questo caso le sue dichiarazioni con quanto affermato/promesso in campagna elettorale, il presidente Trump ha fiducia illimitata nei militari a cui ha dato carta bianca. Ma non saranno i militari a dargli la soluzione politica ai vari fronti aperti, uno più pericoloso dell'altro
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