Non ci sono Corea del Nord, Muslim Ban o G-20 che possono arrestare il turbine di rivelazioni sul Russiagate. Un turbine che rischia di scavare una fossa sotto i piedi di Donald Trump nella quale prima o poi potrebbe scivolare. La faccenda è fin troppo nota in queste ore: il figlio delpresidente ha messo a disposizione le mail scambiate con un giornalista britannico che nel giugno del 2016 fece da tramite con un'avvocatessa russa che avrebbe fatto sapere di avere materiale compromettente su Hillary Clinton, guarda caso in quel momento avversaria certa di Trump padre.
Ciò che colpisce è che il Donald Trump jr si è dimostrato fin dall'inizio contento di aere questo materiale , testimoniato da quel "I love it" che la dice lunga sulla voglia dell'uomo e del suo gruppo di avere un'arma segreta contro la democratica, ma anche testimonianza della disponibilità a usare anche metodi illeciti per di più attraverso contatti ad altissimo rischio, con avversari conclamati non tanto dei partiti bensì degli Stati Uniti. Roba da alto tradimento, si sarebbe detto in altre occasioni. Ma, per quanto possa apparire paradossale, molto più vicino alla realtà di quello che si possa pensare attorno al Russiagate che ogni giorni di più avviluppa il presidente Usa.
Le rivelazioni del figlio
Le relazioni sporche
Il guaio grosso è che in quelle mail, nel comportamento complessivo, si evince senza difficoltà che la Russia voleva sostenere Trump e aiutarlo a vincere. Secondo alcuni commentato più che di "pistola fumante" in questo caso si deve parlare di "fuoco"vero e proprio. Anche perché arriva dopo una serie di altri episodi che hanno conto a più riprese oltre al presidente, gran parte del entourage e addirittura della famiglia, a partire dal genero Jared Kushner.
Le varie indagini, quella dell'Fbi e del procuratore indipendente Mueller convergono verso il tentativo di dimostrare che del supporto e dell''aiuto complice di Mosca sapeva forse persino il presidente, colui che anche in questo caso ha negato contatti impropri, escluso collusioni, difeso a spada tratta i suoi collaboratori. Attraverso la vice portavoce della Casa Bianca Sarah Huckabee Sanders, ha fatto sapere che difende il figlio: «E' una persona di alta qualità, io plaudo alla sua trasparenza». Niente più. Perché adesso i termini "tradimento», «falsa testimonianza», evocati a cadenza quotidiana per mesi a Washington, sembrano per alcuni cominciare ad assumere contorni più concreti.
Difficile sostenere che ci siano stati fraintendimenti. La avvocatessa Natalia Veselnitskaya era stata presentata come «legale del governo russo». Lei ha smentito: «Non ho mai avuto informazioni dannose per Hillary Clinton. Non è mai stata questa la mia intenzione», ha detto in un'intervista alla Nbc l'avvocatessa aggiungendo che d'altro canto è ciò che Donald Jr (all'incontro insieme con Jared Kushner e Paul Manafort) si aspettava: «E' possibile che loro cercassero tali informazioni. Le volevano disperatamente al punto di sentire solo quello che volevano».
Ma secondo Il Foglio l'avvocatessa non sarebbe proprio ciò che sostiene di essere.
"Il Cremlino dice di non avere alcun legame con la Veselnitskaya, non penserete mica che abbiamo contatti con qualsiasi avvocato russo dentro e fuori il nostro paese? Lei conferma: nessun legame con il Cremlino. Ma come ha segnalato il reporter della Cnn Michael Weiss, la Veselnitskaya ha lavorato nell' ufficio del procuratore regionale di Mosca nel 1999, nel 2001 e nel 2002. Tanto tempo fa, si dirà. Ma il legame con i vertici della Russia, e con il cliente -amico -di -famiglia, è il marito: viceprocuratore allora, è poi diventato vice ministro dei Trasporti. Il suo capo, cioè il ministro, era Pyotr Katsyv, il padre del cliente che la Veselnitskaya difendeva quando ha incontrato Donald jr."Nel suo insieme la faccenda, già emersa nei mesi scorsi e poi lievitata con lo scandalo di Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale designato e poi costretto al ritiro dopo aver ammesso di non aver raccontato al vicepresidente e neppure alla commissione del Congresso, i suoi rapporti con il Cremlino e deflagrata con le pressioni del presidente rivelate dal capo dell'Fbi Comey per non andare troppo avanti nelle indagini (Leggere anche qui), la faccenda - che nel frattempo si è arricchita anche delle intese russe del genero Kushner - dicevamo sembra a un punto di svolta. Ancora una volta è palese che dimostrare la colpevolezza o la consapevolezza di Trump è tutt'altro che semplice, ma tornare indietro è praticamente impossibile. Lo dimostra il fatto che ormai la linea sull'insussistenza di pressioni e manovre di Mosca attorno al voto Usa non tiene più e sono sempre più esponenti e funzionari ad affermarlo.
«Tutti sanno che la Russia ha interferito nelle elezioni Usa. Trump voleva fondamentalmente guardarlo (Putin, ndr) negli occhi e fargli sapere che sì, sappiamo che hai interferito nelle nostre elezioni». Il presidente Trump sa che hanno interferito. Il presidente Putin sa che hanno interferito ma non lo ammetterà mai. E questo è tutto ciò che è accaduto» (Ambasciatrice Usa all'Onu, Nikki Haley)Anche secondo un osservatore attento come Charles Kupchan, analista al Council on Foreign Relations di Washington, già consigliere di Barack Obama dal 2014 al 2017, ritiene che la svolta sia vicina:
«Questa storia è un regalo per i media, non c' è dubbio. Le ultime rivelazioni del New York Times segnano, però, un punto fermo. Lo staff di Trump ha discusso con esponenti russi di questioni molto importanti che riguardavano le elezioni Usa. La cosa inquietante è che i collaboratori di Trump abbiano sempre ammesso di aver avuto contatti con interlocutori riconducibili a Mosca, solo dopo che le informazioni erano uscite sui giornali. È successo con Michael Flynn, con Robert Page, con Paul Manafort e ora con Donald Jr. È da questo fatto che ricavo anch' io la stessa impressione: filtreranno presto altre notizie. E penso sia una sensazione condivisa da gran parte dell' opinione pubblica sulla base di un ragionamento molto semplice. Se le persone sfiorate dal sospetto si decidono a parlare solo dopo che vengono alla luce i fatti, vuol dire che probabilmente hanno qualcosa da nascondere». (Kupchan, Corriere delle Sera 12 luglio 2017)Insomma la sensazione è che sia tutt'altro che finita. Tanto che David Leonhardt, sul New York Times, finisce per chiedersi se "è il momento di parlare di crimine" mentre altri come Politico chiedono lumi ad esperti e avvocati per capire, d esempio, se siano di fronte a episodi di collusione o a un crimine vero e proprio . Bisogna vedere se, di fronte al profluvio di altre rivelazioni o peggio che stanno venendo avanti, il presidente sia in grado di resistere o si trincererà di fronte alla sua voglia di resistere impavido oppure si dovrà affidare ai meccanismi di impeachment, quasi impossibile in un Congresso a maggioranza repubblicana. Anche se, per la verità, Trump farebbe a non contare troppo sulla difesa estrema del Gop, la storia della riforma sanitaria al proposito la dice lunga sugli atteggiamenti anti-Trump di folte schiere repubblicane.
Intanto il presidente lavora sulla Commissione per l'integrità delle elezioni federali
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