Le missioni restano incompiute alla faccia della trionfale dichiarazione di George W. Bush sulla tolda della portaerei Uss Abraham Lincoln il primo maggio 2003.L'allora presidente Usa faceva riferimento alla seconda campagna d'Iraq. E sbagliò, fece un errore fondamentale, un errore storico frutto di una superficiale lettura del Medio Oriente, delle forze in campo, del terrorismo e della sua organizzazione e suddivisione territoriali.
Uno sbaglio di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.
Ma quel "missione compiuta" nella testa di Bush oscurava l'altro bilancio, che pure già allora non appariva così "trionfale" come poteva apparire alla Casa Bianca se raffrontato alla caduta e fuga del dittatore Saddam Hussein. Semplicemente Bus in quella occasione, e in altre simili, "dimenticò" il cancro afghano.
Una rimozine mentale che sembra proseguire e che ha impedito perfino a Obama di ritirare le truppe come aveva promesso. Alla fine in Afghanistan restano 8500 soldati americani ma il controllo del Paese è lontano da quello auspicato: solo nell'ultimo anno i talebani si sono ripresi 50 distretti da cui erano stati cacciati. E nel frattempo Al Qaeda si è rafforzata nonostante le perdite e l'Isi ha fatto la sua comparsa. Per questo i generali che ormai circondato il presidente Trump alla Casa Bianca hanno avuto buon gioco, capendo anche la sua debolezza sul piano interno dopo i fatti di Charlottesville e a causa del Russiagate, nel convincerlo che accorreva riprendere in mano il dossier e scegliere di nuovo, in maniera forte, l'opzione militare. "Non stiamo vincendo" ha ammesso il segretario alla Difesa Jim Mattis
Da qui l'annuncio, con molte ambiguità e silenzi, di qualche giorno fa che prelude all'invio di altri 4 mila soldati. E sarà data la mano libera ai droni e ai bombardamenti, ovvero senza preoccuparsi troppo delle conseguenze sui civili e degli eventuali errori o atrocità. Tutte scelte che, oltre a rivelarsi inutili, rischieranno presto o tardi di essere disastrose.
In effetti Trump, ma anche i generali, non sanno cosa fare in Afghanistan. I governi sono deboli e corrotti, a malapena riescono a controllare Kabul dove però gli attentati sono in aumento. Ogni giorni una ventina di soldati sono uccisi, più di 30 mila tra poliziotti e militari uccisi oltre a 40 mila civili. Il 60 per cento del territorio formalmente in mano al governo è scosso da attacchi e attentati che solo la presenza occidentale ( meno di 15 mila soldati tra Usa e altri Paesi) riesce a limitare un po'.
Eppure Trump vuole rilanciare la guerra di Bush, quella vendetta scattata all'indomani dell'11 settembre 2001 nonostante le guerre (Afghanistan e Iraq) finora siano costate agli Usa l'incredibile cifra di 4,8 trilioni di dollari, secondo i calcoli del progetto Costi della guerra elaborato da Neta C. Crawford, professore di scienze politiche all'Università di Boston e co-direttore del progetto stesso all'Università Brown, e dall'istituti Watson. Obama aveva chiesto per quest'anno e per la guerra in Afghanistan 44 miliardi di finanziamento, per lo più attraverso i prestiti, quindi garantiti dal 2001 sul bilancio federale. Ma ora con 4 mila soldati in più e un costo procapite di 4 milioni di dollari/anno rispetto al milione pro capite del 2001, il conto è destinato a salire e di molto. In particolare, se la guerra in Afghanistan ha superato il trilione di dollari, il conto solo per il dipartimento della difesa è attorno ai 840,7 mld. Ma non vengono prese in considerazione le enormi spese per i veterano, che dureranno circa per i prossimi 50 anni: la spesa diretta è attorno ai 212 mld, ma non tengono conto - pur in presenza di ferite più gravi del passato - che nel prossimo mezzo secolo occorrerà aggiungere anche l'assistenza e supporto ai veterani.
Il problema centrale resta però sempre lo stesso: altri 4 mila soldati per fare cosa, quando neppure i 100 mila dei primi tempi di Barack Obama servirono per vincere. Oggi la priorità è un'altra: evitare il tracollo del governo di Kabul e le nuove truppe con l'impiego massiccio di droni e mano libera ai militari possono bastare a questo. Se fosse necessario poi vi è sempre la Gbu 43b, la superbomba Moab sganciata per la prima volta il 14 aprile di quest'anno alle 17.32 ora di Kabul, da un Mc130 dell'aviazione americana, su una rete di tunnel nel distretto di Achin, nella provincia di Nengarhar dell' Afghanistan orientale, a ridosso della frontiera con il Pakistan. Undici tonnellate di esplosivo capaci difare piazza pulita per centinaia di metri attorno senza i problemi del nucleare.
Una delle tesi, sostenuta da Politico , è che il consigliere per la sicurezza nazionale H. R. McMaster, che appare il vero vincitore dietro a questa mossa, abbia convinto Trump che con una ripresa dell'offensiva sia possibile costringere e portare nei prossimi anni le parti al tavolo della pace. Ammettendo così, implicitamente, che questa è una guerra che l'America non può e non riesce a vincere.
Uno sbaglio di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.
Ma quel "missione compiuta" nella testa di Bush oscurava l'altro bilancio, che pure già allora non appariva così "trionfale" come poteva apparire alla Casa Bianca se raffrontato alla caduta e fuga del dittatore Saddam Hussein. Semplicemente Bus in quella occasione, e in altre simili, "dimenticò" il cancro afghano.
Una rimozine mentale che sembra proseguire e che ha impedito perfino a Obama di ritirare le truppe come aveva promesso. Alla fine in Afghanistan restano 8500 soldati americani ma il controllo del Paese è lontano da quello auspicato: solo nell'ultimo anno i talebani si sono ripresi 50 distretti da cui erano stati cacciati. E nel frattempo Al Qaeda si è rafforzata nonostante le perdite e l'Isi ha fatto la sua comparsa. Per questo i generali che ormai circondato il presidente Trump alla Casa Bianca hanno avuto buon gioco, capendo anche la sua debolezza sul piano interno dopo i fatti di Charlottesville e a causa del Russiagate, nel convincerlo che accorreva riprendere in mano il dossier e scegliere di nuovo, in maniera forte, l'opzione militare. "Non stiamo vincendo" ha ammesso il segretario alla Difesa Jim Mattis
New York, 13 giu. (askanews) - I talebani avanzano in Afghanistan. Lo ha detto il segretario alla Difesa, Jim Mattis, davanti alla commissione Forze Armate del Senato. "Non stiamo vincendo in Afghanistan. Correggeremo questa situazione al più presto [...] I talebani hanno avuto un buon anno [...] In questo momento, penso che il nemico stia avanzando" ha aggiunto. Gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di cambiare la propria strategia e inviare alcune migliaia di soldati in più in Afghanistan.
Da qui l'annuncio, con molte ambiguità e silenzi, di qualche giorno fa che prelude all'invio di altri 4 mila soldati. E sarà data la mano libera ai droni e ai bombardamenti, ovvero senza preoccuparsi troppo delle conseguenze sui civili e degli eventuali errori o atrocità. Tutte scelte che, oltre a rivelarsi inutili, rischieranno presto o tardi di essere disastrose.
In effetti Trump, ma anche i generali, non sanno cosa fare in Afghanistan. I governi sono deboli e corrotti, a malapena riescono a controllare Kabul dove però gli attentati sono in aumento. Ogni giorni una ventina di soldati sono uccisi, più di 30 mila tra poliziotti e militari uccisi oltre a 40 mila civili. Il 60 per cento del territorio formalmente in mano al governo è scosso da attacchi e attentati che solo la presenza occidentale ( meno di 15 mila soldati tra Usa e altri Paesi) riesce a limitare un po'.
Eppure Trump vuole rilanciare la guerra di Bush, quella vendetta scattata all'indomani dell'11 settembre 2001 nonostante le guerre (Afghanistan e Iraq) finora siano costate agli Usa l'incredibile cifra di 4,8 trilioni di dollari, secondo i calcoli del progetto Costi della guerra elaborato da Neta C. Crawford, professore di scienze politiche all'Università di Boston e co-direttore del progetto stesso all'Università Brown, e dall'istituti Watson. Obama aveva chiesto per quest'anno e per la guerra in Afghanistan 44 miliardi di finanziamento, per lo più attraverso i prestiti, quindi garantiti dal 2001 sul bilancio federale. Ma ora con 4 mila soldati in più e un costo procapite di 4 milioni di dollari/anno rispetto al milione pro capite del 2001, il conto è destinato a salire e di molto. In particolare, se la guerra in Afghanistan ha superato il trilione di dollari, il conto solo per il dipartimento della difesa è attorno ai 840,7 mld. Ma non vengono prese in considerazione le enormi spese per i veterano, che dureranno circa per i prossimi 50 anni: la spesa diretta è attorno ai 212 mld, ma non tengono conto - pur in presenza di ferite più gravi del passato - che nel prossimo mezzo secolo occorrerà aggiungere anche l'assistenza e supporto ai veterani.
I costi umani delle guerre dal 201 secondo Il Watson Institute |
Il problema centrale resta però sempre lo stesso: altri 4 mila soldati per fare cosa, quando neppure i 100 mila dei primi tempi di Barack Obama servirono per vincere. Oggi la priorità è un'altra: evitare il tracollo del governo di Kabul e le nuove truppe con l'impiego massiccio di droni e mano libera ai militari possono bastare a questo. Se fosse necessario poi vi è sempre la Gbu 43b, la superbomba Moab sganciata per la prima volta il 14 aprile di quest'anno alle 17.32 ora di Kabul, da un Mc130 dell'aviazione americana, su una rete di tunnel nel distretto di Achin, nella provincia di Nengarhar dell' Afghanistan orientale, a ridosso della frontiera con il Pakistan. Undici tonnellate di esplosivo capaci difare piazza pulita per centinaia di metri attorno senza i problemi del nucleare.
Una delle tesi, sostenuta da Politico , è che il consigliere per la sicurezza nazionale H. R. McMaster, che appare il vero vincitore dietro a questa mossa, abbia convinto Trump che con una ripresa dell'offensiva sia possibile costringere e portare nei prossimi anni le parti al tavolo della pace. Ammettendo così, implicitamente, che questa è una guerra che l'America non può e non riesce a vincere.
Trump labeled his new approach to the long-running conflict an example of “principled realism” and said its goal was to use “strategically applied force” to create the conditions for a peace process. Privately, that is what McMaster has told other U.S. officials—that the additional troops and more aggressive military posture on the ground in Afghanistan will be necessary for the next several years to create conditions for bringing the parties to the negotiating table. (Politico)
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