Trump avverte Pyongyang che i piani militari sono "chiusi e caricati", pronti a scattare se Kim Jong Un manterrà le sue minacce di lanciare i missili contro l'America o contro Guam o Paesi alleati agli Usa.
Da una parte un dittatore pazzo e sanguinario che gioco con il fuoco e cerca la legittimazione con le sue "sparate " e le provocazioni che dovrebbero dare al suo Paese e ai suoi poveri abitanti l'illusione si essere una superpotenza, piccola, ma in grado di reggere il confronto e di non piegarsi a nessuno.
Dall'altra un neo presidente che con la politica, tanto più estera, non ha mai avuto a che fare, limitando la sua esperienza al mondo degli affari. Anche se talvolta, soprattutto in Russia, i due mondi (politica ed economia-finanza) convergono e coincidono. Adesso si trova a fronteggiare la sua più grossa crisi e, fedele al ruolo e all'immagine che si è ritagliata per raccogliere il consenso populista, deve "spararle" più grosse del'avversario, tenergli testa anche sul piano comunicativo e sul piano fisico personale, per dimostrare di essere sempre e comunque un commander in chief senza paura.
Tuttavia l'esperienza dei suoi rapporti oscuri con la Russia di Putin e l'inchiesta che lo vede, con il suo clan familiare e non, al centro dei sospetti sta facendo tremare il Dipartimento di Stato e interrogarsi sulla possibilità di discernere bene il pericolo e saper prendere le decisioni giuste in un momento critico.
Anche per questo in molti, a Washington e nelle cancellerie mondiali, guardano paradossalmente con maggiore fiducia agli ex generali di cui Trump si è circondato che non al presidente stesso: il neo capo dello staff John Kelly, il consigliere per la Sicurezza nazionale H.R. Mc Master e il Segretario alla Difesa Jim Mattis. Questo terzetto, tutti in ruoli chiave, potrebbero avere la capacità di moderare o frenare l'impulsività presidenziale - anche e soprattutto nell'ipotesi estrema del possibile uso della deterrenza nucleare - , ma anche quello di indirizzare le tendenze più estreme verso una reazione proporzionata e possibile, concordata con gli alleati e verificata nelle sue più devastanti conseguenze.
Anche perché, come ricorda Time, Stati Uniti e Corea del Nord si sono parlati tranquillamente e in gran segreto per mesi. Poi qualcosa si è rotto, forse. Perché? E quali erano i temi sul tappeto di questi incontri riservatissimi tra nemici con il ruolo della Cina sullo sfondo a condizionare da un lato gli Usa e a sostenere Pyongyang dall'altro. Uno scenario questo dei colloqui che dovrà essere approfondito ancora molto.
Approfondimento
E' tempo di accettare con realismo l'ipotesi di una Corea del Nord piccola potenza nucleare?
Intanto la diplomazia esperta cerca una via d'uscita
Da una parte un dittatore pazzo e sanguinario che gioco con il fuoco e cerca la legittimazione con le sue "sparate " e le provocazioni che dovrebbero dare al suo Paese e ai suoi poveri abitanti l'illusione si essere una superpotenza, piccola, ma in grado di reggere il confronto e di non piegarsi a nessuno.
Dall'altra un neo presidente che con la politica, tanto più estera, non ha mai avuto a che fare, limitando la sua esperienza al mondo degli affari. Anche se talvolta, soprattutto in Russia, i due mondi (politica ed economia-finanza) convergono e coincidono. Adesso si trova a fronteggiare la sua più grossa crisi e, fedele al ruolo e all'immagine che si è ritagliata per raccogliere il consenso populista, deve "spararle" più grosse del'avversario, tenergli testa anche sul piano comunicativo e sul piano fisico personale, per dimostrare di essere sempre e comunque un commander in chief senza paura.
Tuttavia l'esperienza dei suoi rapporti oscuri con la Russia di Putin e l'inchiesta che lo vede, con il suo clan familiare e non, al centro dei sospetti sta facendo tremare il Dipartimento di Stato e interrogarsi sulla possibilità di discernere bene il pericolo e saper prendere le decisioni giuste in un momento critico.
Anche per questo in molti, a Washington e nelle cancellerie mondiali, guardano paradossalmente con maggiore fiducia agli ex generali di cui Trump si è circondato che non al presidente stesso: il neo capo dello staff John Kelly, il consigliere per la Sicurezza nazionale H.R. Mc Master e il Segretario alla Difesa Jim Mattis. Questo terzetto, tutti in ruoli chiave, potrebbero avere la capacità di moderare o frenare l'impulsività presidenziale - anche e soprattutto nell'ipotesi estrema del possibile uso della deterrenza nucleare - , ma anche quello di indirizzare le tendenze più estreme verso una reazione proporzionata e possibile, concordata con gli alleati e verificata nelle sue più devastanti conseguenze.
Anche perché, come ricorda Time, Stati Uniti e Corea del Nord si sono parlati tranquillamente e in gran segreto per mesi. Poi qualcosa si è rotto, forse. Perché? E quali erano i temi sul tappeto di questi incontri riservatissimi tra nemici con il ruolo della Cina sullo sfondo a condizionare da un lato gli Usa e a sostenere Pyongyang dall'altro. Uno scenario questo dei colloqui che dovrà essere approfondito ancora molto.
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E' tempo di accettare con realismo l'ipotesi di una Corea del Nord piccola potenza nucleare?
Intanto la diplomazia esperta cerca una via d'uscita
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