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Zitto e... Mosca

Come in vortice che si sta formando, le spire si avvolgono e si avvicinano al centro. Sempre più vicine. Ogni giorno che passa il Russiagate si arricchisce di nuovi capitoli, una ragnatela che  si scopre un po' alla volta al centro della quale sta sempre lui: Donald Trump, 45° presidente degli Stati Uniti.

L'ultima esce come al solito dal Washington Post che sta mettendo, insieme all'altra grande testata il New York Times, sempre più in difficoltà il miliardario. La notizia è che, fonti anonime, hanno confermato che le indagini sui rapporti tra lo staff di Trump sia durante la campagna elettorale contro Hillary Clinton sia poi, una volta vinta la corsa, con la Russia sarebbero arrivate a un uomo molto vicino al presidente, un uomo che lavorerebbe alla Casa Bianca. Dalle testimonianze emergerebbe che questo funzionario di alto grado sarebbe molto interessante. Secondo il Wp le indagini sarebbero ben più avanzate e profonde, tenute rigorosamente segrete anche se il grand giurì starebbe preparando ordini di comparizione. Tuttavia non significa che sia vicino un accertamento di responsabilità penali che vi possa mai essere.
Un decisivo passo in avanti per definire se ci sono state o ci sono interferenze russe potrebbe darlo Robert S. Mueller III il procuratore speciale nominato dal dipartimento della Giustizia con  l'incarico di fare luce, finalmente, sui presunti rapporti d'affari e d'altro fra il tycoon, gli uomini e le donne a lui vicini e i russi.
Questa nuova svolta arriva a un paio di giorni dalla dichiarazione dell'ex capo dell'Fbi James Comey, secondo il quale Trump, quando ancora egli era al vertice la struttura dell'intelligence, gli avrebbe chiesto d'insabbiare l'inchiesta, dopo che  in quei giorni l'Fbi aveva messo spalle al muro il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn poi costretto a lasciare. Comey ha accettato di deporre in seduta pubblica davanti al Comitato per l'intelligence del Senato. In questo frangente, dopo che il presidente ha definito Comey come "un pazzo", risulta sintomatico e particolare che Trump continua a difendere al massimo livello possibile proprio Flynn e lo definisce "un brav'uomo" . Ma in molti ormai si chiedono il perché di questa difesa a oltranza di Flynn: cosa sa di Trump? E Trump cosa di lui. Ora emerge anche un'altra circostanza, ricostruita da McChlathy, secondo cui l'ex generale , appreso da Susan Rice di un piano del Pentagono per riprendere Raqqa con l'aiuto decisivo dei curdi, avrebbe fatto in modo di rinviare di mesi l'offensiva. Il motivo sarebbe emerso dalle indagini dell'FBI: Flynn sarebbe stato legato ai turchi e per il suo intervento avrebbe avuto 500 mila dollari in "dono".
Trump affronta dunque il primo viaggio all'estero nel peggiore dei momenti e con l'umore ai livelli più bassi al punto di attaccare ancora la stampa, autrice a suo dire, della "più imponente caccia alle streghe ai danni di un politico nella storia americana". Difficile che ne possa uscire a breve, le spire gli si stanno stringendo attorno e la caduta delle Borse di un paio di giorni fa prova che i mercati sono in ansia e le rivelazioni dei legami è solo all'inizio. Decisamente quanto ha sbottato in una registrazione un congressman repubblicano ("Trump è pagato da Putin") potrebbe alla fine risultare molto, troppo vicina al reale.

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