Hassan Rouhani è stato rieletto presidente dell'Iran con il 56 per cento dei voti, oltre 23 milioni contro i 15 dell'avversario, conservatore, Ebrahin Raisi che ha raggiunto solo il 38 per cento ed è stato votato soprattutto nelle campagne. In questo modo viene evitato il ballottaggio.
Ecco una prima riflessione sulla vittoria del moderato Rouhani de The Guardian.
Come spiega bene Il Post nonostante la vittoria Rouhani non può considerare di avere il Paese in mano. Pur essendo il capo del governo e avendo il potere esecutivo, il presidente però deve sottostare alla Guida spirituale, ora incarnata dall'ayatollah Alì Khamenei, che rappresenta la più importante carica politica e religiosa nel paese avendo il potere di nominare i capi militari, dei media e degli organi giudiziari. La guida suprema è nominata a sua volta da un organismo definto Assemblea degli esperti che è elettivo. Costruita come una "democrazia" teocratica, l'Iran è stato disegnato da Khomeini in modo da poter garantire comunque una guida religiosa in linea con i dettami dell'Isalm sciita. E in questo modo finora la Guida suprema ha avuto sempre un ruolo di bilanciamento conservatore o, ultraconservatore rispetto alle aperture politiche di Rouhani. Khamenei infatti ha mostrato più volte di non gradire la politica un po' più "occidentale" del presidente e la distopia potrebbe riproporsi quando Alì Khamenei, 77 anni, si ritirerà e il suo posto secondo molti osservatori potrebbe essere preso, guarda caso, proprio dall'avversario di Rouhani in queste elezioni, Raisi che guidata il fronte popolare delle forze della rivoluzione, espressione dell'alleanza dei gruppi conservatori.
Tuttavia con questa vittoria Rouhani potrebbe avere un peso non differente nel proiettare un proprio uomo sul dopo Khamenei. Inoltre grazie alla sua affermazione proseguirà la strada iniziata con l'accordo sul nucleare - anche se Trump e i suoi generali temono il ruolo espansionista di Teheran e sono schierati a fianco di Israele - e i moderati tentativi di "laicizzare" , o meglio de-islamizzare, alcuni aspetti della vita sociale iraniana per liberare le forze riformiste decisive per lo sviluppo economico. Con la sua affermazione, inoltre, si conferma l'impegno iraniano nella lotta all'Isis, impegno che America e Russia, anche se non ufficialmente e contro le pressioni dell'Arabia sunnita, riconoscono essenziale contro i terroristi, meno - per Washington - sul piano del sostegno ad Assad e al legame con Mosca.
Ecco una prima riflessione sulla vittoria del moderato Rouhani de The Guardian.
Come spiega bene Il Post nonostante la vittoria Rouhani non può considerare di avere il Paese in mano. Pur essendo il capo del governo e avendo il potere esecutivo, il presidente però deve sottostare alla Guida spirituale, ora incarnata dall'ayatollah Alì Khamenei, che rappresenta la più importante carica politica e religiosa nel paese avendo il potere di nominare i capi militari, dei media e degli organi giudiziari. La guida suprema è nominata a sua volta da un organismo definto Assemblea degli esperti che è elettivo. Costruita come una "democrazia" teocratica, l'Iran è stato disegnato da Khomeini in modo da poter garantire comunque una guida religiosa in linea con i dettami dell'Isalm sciita. E in questo modo finora la Guida suprema ha avuto sempre un ruolo di bilanciamento conservatore o, ultraconservatore rispetto alle aperture politiche di Rouhani. Khamenei infatti ha mostrato più volte di non gradire la politica un po' più "occidentale" del presidente e la distopia potrebbe riproporsi quando Alì Khamenei, 77 anni, si ritirerà e il suo posto secondo molti osservatori potrebbe essere preso, guarda caso, proprio dall'avversario di Rouhani in queste elezioni, Raisi che guidata il fronte popolare delle forze della rivoluzione, espressione dell'alleanza dei gruppi conservatori.
Tuttavia con questa vittoria Rouhani potrebbe avere un peso non differente nel proiettare un proprio uomo sul dopo Khamenei. Inoltre grazie alla sua affermazione proseguirà la strada iniziata con l'accordo sul nucleare - anche se Trump e i suoi generali temono il ruolo espansionista di Teheran e sono schierati a fianco di Israele - e i moderati tentativi di "laicizzare" , o meglio de-islamizzare, alcuni aspetti della vita sociale iraniana per liberare le forze riformiste decisive per lo sviluppo economico. Con la sua affermazione, inoltre, si conferma l'impegno iraniano nella lotta all'Isis, impegno che America e Russia, anche se non ufficialmente e contro le pressioni dell'Arabia sunnita, riconoscono essenziale contro i terroristi, meno - per Washington - sul piano del sostegno ad Assad e al legame con Mosca.
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