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Le Cronache di Persia


ULTIMORA. Secondo i media iraniani lìex presidente Mahomud Ahmadinejad è stato arrestato per incitamento alla rivolta (Leggi qui)

Dice un vecchio proverbio iraniano che "Un cammello non beve con un cucchiaio" ed è probabilmente con questo esempio che migliaia e migliaia di giovani sono scesi in piazza, dichiarando il fallimento economico del regime.
Come previsto dopo alcuni giorni di scontri, una ventina di morti, gli inutili appelli del premier Rouhani, l'altrettanto inutile intervento della guida suprema Khamenei, la rivolta sarebbe fallita. Per i pasdaran è stata repressa, per il resto del mondo e soprattutto gli Stati Uniti è solo l'inizio della lunga marcia verso la libertà e la democrazia.
Rivolta contro il regime, voglia di liberarsi dal giogo teocratico? E' la versione dell'America e dell'Occidente. Ma le rivolte di questi giorni hanno una caratteristica ben diversa da quelle del 2011, sorte nel febbraio sull'onda delle primavere arabe in Egitto - con la caduta di Hosni Mubarak - , e in Tunisia, sostenute in particolare dagli universitari e dai giovani delle principali città, la capitale Teheran in testa. Allora sì erano ideologiche, il vento che spirava era quello della libertà e dell'apertura al mondo incoraggiati dall'Occidente e dagli usa di Obama. Anche nel 2011 la repressione fu dura e feroce: le milizie Basiji, gruppi paramilitari armati dalle fazioni più conservatrici e vicini all'ex capo di Stato Mahmud Ahmadinejad, conservatore ma laico, uccisero diversi manifestanti e appoggiarono il pugno di ferro dei Guardiani della rivoluzione con migliaia di arresti.
Ma queste rivolte hanno caratteristiche diverse anche da quelle dell'onda verde del 2009, in quel caso nate nell'alveo conservatore, ma contro l'ala estrema di Ahmadinejad e la rielezione di quest'ultimo che però cercò di sfruttare anche in quel caso la repressione per rinforzarsi. Invece ne fu indebolito dalla contestazione al sistema di potere degli ayatollah e della rete di corruzione che si era formata ed estesa negli anni.

Le rivolte iraniane

I due momenti di crisi hanno del resto portato alla presidenza del Paese il moderato Hassan Rouhani, artefice dell'accordo sul nucleare con gli americani e il gruppo 5+1 del luglio 2015 e di una parziale apertura al mondo occidentale del Paese.
Perché oggi scoppia una nuova rivolta? Per il semplice motivo che la gente è stufa del carovita (Leggi qui, WaPo), chiede salari migliori, una diversa qualità della vita, protesta contro aumento dei prezzi e la disoccupazione. Una rivolta economica, insomma, dei poveri, di chi ha meno, degli strati meno abbienti. Leggi qui
Ma questa è una rivolta che mette nel mirino il governo (e le promesse) del moderato Rouhani e le speranze deluse. La disoccupazione è al 12% e l'inflazione scesa da oltre il 40% nel 2013 è ancora al  10%
Scrive Bloomberg:

"Unemployment stands at 12 percent, and while inflation has dropped from more than 40 percent in 2013, when Rouhani was first elected, it still hovers at about 10 percent. A wave of bad loans from unregulated lenders has rocked the banking sector. Meanwhile, oil prices have averaged less than $60 a barrel for the past three years, draining Iran of a key source of revenue."
Ecco quindi che la presidenza e la strategia di Rouhani diventano l'obbiettivo di chi scende in strada dove si esprime lo sconforto per le promesse perdute e mai concretizzatisi. Anche per questo molti osservatori e analisti hanno visto nei fuochi di rivolta una mossa dei conservatori per tornare al centro del potere.

Leggere Bloomberg 

La gente in piazza, soprattutto nei centri più conservatori va al sodo e contesta il denaro speso dallo Stato nella sua politica estera e nelle operazioni di guerra e politica sui diversi fronti dello scenario mediorientale. Quei soldi, dicono in sostanza i contestatori, avrebbero potuto essere spesi per gli iraniani. Così è esplicito uno degli slogan più gridati:

«Non per Gaza, non per il Libano, non per la Siria, la mia vita per l' Iran»

Al regime si contesta in particolare il supporto dato ad Assad nella guerra siriana. Secondo Giordano Stabile, inviato de La Stampa


"... banche a partecipazione statale hanno aperto almeno due linee di credito a favore del governo di Bashar al-Assad, una pari a 3,6 miliardi di dollari nel 2013 e l' altra di un miliardo nel 2015. Questi soldi sono stati usati da Damasco anche per acquistare petrolio e gas, in parte dallo stesso Iran, dopo che l' Isis e altri gruppi jihadisti si erano impadroniti dei giacimenti nella Siria orientale. Ma sono solo una parte degli aiuti. A partire dal 2013 un «ponte aereo» fra l' Iran lo scalo di Mezzeh, a Sud-Ovest della capitale siriana, ha rifornito di armi e munizioni alle milizie sciite a fianco del regime. Un sostegno nell' ordine delle centinaia di milioni di dollari".

Per Il Foglio inoltre Teheran ha prestato ad Assad 800 mln di dollari nel 2013 e 3 mld nel 2015, soldi che difficilmente torneranno indietro.
Sostegno pesante in termini economici è quello dato ai diversi combattenti sciiti, anche iracheni e afghani, pagati in media 300 dollari al mese per un costo totale, su 50 mila combattenti, di 180 mln all'anno. Senza contare il sostegno logistico e di armi dato alle milizie sciite irachene, almeno 100 mila uomini, armate e addestrate.
Poi c'è il versante libanese, dominato da Hezbollah dopo la guerra con Israele del 2006. Hezbollah ha una sua rete di finanziamenti locali molto estesa e profonda, ma le armi arrivano dall'Iran attraverso la Siria. E si parla, dice sempre Stabile, di cifra fra i 60 mln e un mld all'anno. Altre fonti - la Cia - sostengono che nel 2010 il sostegno a Hezbollah costava all'Iran  166 mln/anno e per gli israeliani ora questa cifra è arrivata a 691 mln, con tendenza all'incremento. E così ci si avvicina al miliardo originario.



Scrive ancora Stabile:

Il modello Hezbollah è stato replicato, in misura ridotta, con la milizia Ansar Allah degli Houthi in Yemen. I servizi occidentali sostengono che alcune decine di addestratori iraniani e libanesi sono riusciti a eludere il blocco saudita e unirsi ai guerriglieri yemeniti per fornire assistenza per la produzione missilistica e addestramento militare. Dall' Iran sarebbero anche giunte forniture di parti di missili, poi lanciati su Riad e altri obiettivi in Arabia Saudita. Molto più organica la collaborazione invece con gruppi estremisti, in questo caso sunniti, a Gaza. Fino al 2012 Hamas riceveva, secondo i servizi israeliani, almeno 100 milioni all' anno in finanziamenti diretti e in «natura» (armi). Il flusso si è più che dimezzato dopo che il movimento legato ai Fratelli musulmani si è schierato contro Assad in Siria. Gli aiuti si sono indirizzati allora, fino a 70 milioni annui, alla Jihad islamica, una formazione ancora più estremista, che lancia regolarmente razzi dalla Striscia  verso Israele.
Ma i conti potrebbero essere più pesanti ancora. Le stime, riguardanti le Guardie della rivoluzione e i loro uomini, sono - secondo Il Foglio - dell' inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria,  Staffan De Mistura: secondo quest'ultimo l' Iran ha speso nella guerra civile in Siria una cifra tra i cinque e i ventinove miliardi di euro l' anno. "Per avere un termine di paragone, l' intero budget militare dell' Iran è di tredici miliardi di euro l' anno".



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