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Trump sui carboni ardenti


Questo articolo risale a due mesi fa e spiega come, perché e su quali calcoli si basa la scelta di Trump di privilegiare ancora le fonti energetiche fossili. Ma i calcoli potrebbero essere molto sbagliati nel momento in cui l'America vuole ritirarsi dell'accordo di Parigi. 

Da qualsiasi parte la si giri, Donald Trump è un uomo e un presidente in difficoltà, alle prese con grandi difficoltà. Per di più dopo la sonora sconfitta sulla controriforma dell'Obamacare si trova con un partito diviso e pronto a scatenargli la guerriglia parlamentare
e a fermargli molte iniziative. L'inchiesta sui rapporti suoi, delle sue società, del suo team, di molti collaboratori e oggi ministri con gruppi russi o con l'establishment di Putin rischia di scoperchiare ogni giorno nuovi e sempre più imbarazzanti vasi, non si è ancora capito bene quale sarà la sua politica estera.
Così il miliardario approdato alla Casa Bianca
deve inventarsi ogni giorno argomenti nuovi per distrarre l'opinione pubblica e, nel contempo, fidelizzare il suo popolo. Niente di meglio, quindi, che cercare di mostrare di voler rispettare l'agenda e le promesse elettorali. L'ultima delle quali è quella di riaprire le miniere di carbone e far tornare i minatori a scavare. Il suo ordine esecutivo è stato firmato davanti alle telecamere con un gruppo di minatori plaudenti alle sue spalle.
Ma, insieme al pacchetto che mette in soffitta le scelte ambientaliste di Obama, riparire le miniere di carbone con la giustificazione di aiutare l'indipendenza energetica degli Stati Uniti, potrà bastare?
No. Non lo diciamo noi, lo dicono decine e centinaia di ricerche, lo affermano le stesse aziende .
Intanto da questo grafico si capisce quanto è costato in termini di occupazione il progressivo allontanamento di industria e cittadini dal carbone.


Secondo il Washington Post la prima spiegazione sul perché difficilmente il carbone tornerà all'età dell'oro è che le principali imprese estrattive preferiscono puntare sul fas naturale. Sei impianti a carbone - dice il Wp - chiuderanno entro novembre e fra questi anche la Generating Station Navajo, il più grande impianto occidentale e almeno altri 40 si fermeranno nei quattro anni di presidenza. Non solo nel pacchetto energetico nazionale la percentuale di carbone è scesa del 53% dal 2006 e nello stesso perido la priduzione di nergia elettrica da gas naturale è salita del 33%.
Così di fronte a un calo di minatori del 40% fra il marzo 2009 e il marzo 2016, sono aumentati i proporzione i lavoratoti addetti al gas naturale e all'estrazione di qjello di scisto. Lo Ieefa (Institute for Energy Economics and Financial Analysis) nel suo Outlook 2017 parla di una perdita prevista della produzione di 40 tonnellate sui livelli dle 2016 e attesta il progressivo declino, visto anche il fallimento del possibile incremento del prezzo. Le poche speranze per il 2017 dell'industrioa del carbone, dice il rapporto, è legato alla nuova amministrazione e al possibile incremento (leggero) del prezzo del gas naturale, il principale concorrente del carbone.

La promessa di creare più posti di lavoro, rileva lo Ieefa, non potrà essere mantenuta se l'industria continua a tagliare, senza contare che questi decrementi di personale sono legati a un modello di business a lungo termine che porta a produrre più carbone con meno lavoratori. Senza contare l'incapacità, è sottolineato, del settore di adattarsi a una clientela più ristretta.
Ecco il grafico della contrazione del carbone per la produzione di energia elettrica:


La redditività in ribasso provoca una scarsa attrattività di investimenti 
“If the Clean Power Plan is reneged upon, I don’t think you will see utilities going back to investing in coal because they have already reduced their infrastructure and they already have commitments geared toward natural gas,” said Tamar Essner, an energy analyst at Nasdaq Advisory Services. (New York Times)
e anche l'export è in terreno negativo. Ma per tornare all'obbiettivo di Trump di aumentare i posti di lavoro è interessante questo grafico sull'andamento storico, tanto più interessante perché mostra che, in presenza di margini di profitto minori, l'occupazione è scesa anche in un periodo in cui, fra il 1975 e il 2000, la produzione era salita dalle 654 tonnellate/anno a oltre un miliardo/anno.


Infine non va dimenticato il fattore salute in un'opinione pubblica, americana e mondiale, che ha ormai metabolizzato il fattore rischio del carbone e del suo mix di polveri che, provano gli studi più accreditati, provocano una mortalità cinque volte superiore rispetto a quanti hanno respirato per 20 anni altri tipi di sostanze inquinanti.
Di questo sono coscienti anche i dirigenti del settore carbonifero che vogliono lavorare, consci dell'impatto che il tema della salvaguardia ambientale ha sull'opinione pubblica, sull'abbattimento delle particelle di carbonio, responsabili a loro volta anch'esse dell'effetto serra
La scelta di Trump può al massimo dare  po' di sollievo nello sfruttamento di alcuni territori, alzare momentaneamente i prezzi, ma fonti della stessa industria estrattiva parla di un massimo recupero attorno al 10%, troppo poco per ipotizzare un ritorno all'era del carbone e troppo poco per ricreare posti di lavoro ormai estinti. Anche perché, nonostante l'orientamento del presidente, la concorrenza del gas  naturale e delle rinnovabili, sul piano dell'efficienza e soprattutto del prezzo, difficilmente sarà contrastabile. Senza dimenticare gli idrocarburi, altro settore sul quale Trump vuole esercitare il massimo della liberalizzazione dei già pochi vincoli imposti in era Obama. 

"Dipenderà dal prezzo,” ha dichiarato  al NyTimes Mark Boling, il vice presidente esecutivo di Southwestern Energy, uno dei principali produttori di gas naturale e petrolio. “E 'il mercato che spinge.” Sempre Boling ha dichiarato che le decisioni di Trump non avranno alcun effetto immediato sui suoi piani fra i quali ha un peso importante la riduzione delle perdite di metano - responsabili dell'effetto serra -:  “Abbiamo ancora in programma di abbassare le emissioni di metano , perché pensiamo che sia parte del nostro core business  essere più efficienti possibile nell'estrerre il gas naturale dal terreno”.
E sempre il NyTimes rileva come il futuro delle rinnovabili sia luminoso - anche perché i crediti d'imposta federale dell'amministrazione Obama proseguiranno ancora per anni e hanno il sostegno parlamentare di rappresentanti repubblicani provenienti da Stati come il Texas e lo Iowa produttori di impianti eolici - in particolare a livello locale: a fine 2016 ben 29 Stati hanno deciso di sostituire una parte consistente dell'energia elettrica prodotta da combustibili fossili con produzioni da fonti pulite e il capofila di questi Stati è la California che ha promesso di opporsi in tutti i modi - e gli Stati hanno ampi poteri in materia - all'agenda Trump. 

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