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Voglia di Mayexit

Il pasticcio è fatto, Theresa May è riuscita nella peggior performance elettorale che un leader può compiere, soprattutto se è sicuro di stravincere e annichilire l'opposizione  al punto da chiamare gli elettori in anticipo alle urne
Ecco il patatrac conservatore nel grafico de The Guardian



Gli exit poll hanno fatto centro, stavolta, con millimetrica precisione. Questa era la suddivisione dei seggi:

Conservatives: 314
Labour: 266
SNP: 34
Lib Dems: 14
Plaid Cymru: 3
Greens: 1
Ukip: 0
Others: 18
Come primo effetto quando sono usciti la sterlina è  caduta del 2% a 1,28 sul dollaro e sotto all'1,14 sull'Euro anche se poi ha recuperato.
I Conservatori hanno vinto di nuovo, ma hanno perso: 12 seggi in meno rispetto al già poco incoraggiante risultato passato e niente dominio assoluto, per fare il governo dovranno chiedere l'aiuto dei 10 voti degli unionisti nordirlandesi del Dup, ma insieme arriveranno al minimo sindacale. In casi come questo di mancata maggioranza assoluta, si parla di parlamento appeso. Difficile in queste condizioni andare a trattare con la Ue una "hard Brexit" come voleva la May. Sarà dura, ma non nel senso  sognato da Londra. Senza conare che per l'alleanza con gli unionisti la May qualche cambiale la dovrà saldare, di certo nella delicata provincia teatro per 30 anni di una guerra indipendentista che ha causato 3 mila vittime. Non è così da escludere che proprio la stampella offerta dal Dup possa risvegliare vecchi ardori e provocare nuove tragedie. Il guaio della May sarebbe, a quel punto, completo.

Ecco cinque scenari della trattativa, disegnati da The Guardian

Ora si tratterà di vedere se la "lady  di latta" si ritirerà, come vorrebbero influenti membri del suo partito, o cercherà di resistere magari invocando la delicata situazione del terrorismo internazionale.
La May ha perso vincendo, ma il vero vincitore, seppure sconfitto, è il "rosso", radicale, estremista (i giornali inglesi per lo più schierati con i conservatori, sono andati giù molto più pesanti, Jeremy Corbyn. Suoi i voti di giovani, donne, lavoratori e classe ex media e lavoratori ex garantiti. Insomma la base tradizionale di una sinistra che pensa agli ultimi, che tutela la lavoro e diritti, che si oppone a ogni forma di sfruttamento, che vuole meno gravami su chi ha meno e di più su quelli che hanno... di più (sembra banale, un ossimoro, eppure tanto e tale è il pensiero unico neoliberista che è meglio ribadirlo). Con queste idee e molte altre, tutte poco in linea con la vulgata delle riforme liberiste propugnate in mezza Europa e coltivate ora come non mai, negli States, Corbyn ha recuperato più di 30 seggi  per i laburisti riportando il partito a prima di Blair, ha definito il profilo di un partito di sinistra, ha tacitato i critici interni, ha indicato la strada per il futuro. E' questo il merito più grande di Corbyn - non va dimenticato che nell'affermazione ha contato non poco la figura, umile, semplice, umana ed efficace del leader socialista, la sua bici piuttosto che le grandi auto, la scorta quasi inesistente, i suoi moti di solidarietà e sobrietà, la sua pacatezza accompagnata comunque da grande competenza- che, non proprio più un fanciullo, ha riportato il Labour fuori dalle secche blairiane e ora dovrà preparare il domani, a chi e come affidare quel grande patrimonio di condivisione e speranze suscitato in questa campagna. Come Sanders, come Melenchon, come altri è toccato ai vecchi bravi e carismatici tracciare la via, ricordare i principi e gli ideali, insegnare cos'è la lotta politica in tempi di social e fake news, riattivare vecchi e nuove categorie sociali, richiamare al voto che si era disperso nell'astensione o si era incamminato negli aridi sentieri del populismo così utile alla destra. Ma, fatto questo, serviranno giovani leader, bravi politici per partire alla conquista "del cielo", ovvero il governo. E chiunque sarà il prossimo candidato "rosso" sa che comunque dietro avrà sempre chi della riscossa ha saputo individuare e cogliere la via.

Il messaggio di Corbyn

Chi è Corbyn


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