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Obama's sunsite boulevard


La crisi dei liberal e della sinistra in America e nel mondo oggi si riassume in due immagini: la prima quella di Hillary Clinton, senza trucco, quasi precocemente invecchiata dopo al sconfitta, con le rughe fin troppo evidenti, che da sola
fa colazione osservando un cellulare al quale - presumibilmente - nessuno la chiama; la seconda è lo stesso Barack Obama  he in pochi giorni ha cercato di seminare sulla strada del suo successore una serie di trappole per renderne più complicato l'avvio. ma il risultato è stata una debacle fra le più devastanti dei suoi otto anni di presidenza.

I coloni 
Prima l'astensione all'Onu sulla risoluzione per bloccare le costruzione di ulteriori abitazioni per i coloni in Cisgiordania, oltre alle 600 già previste a Gerusalemme. Al voto che ha fatto infuriare il governo Netanyahu ha fatto seguito la "svolta di John Kerry sui due Stati entro i confini del '67, anche questa avversata da Israele ill cui premier ha attaccato con violenza mai vista in precedenza lo storico alleato. Poi la mossa dell'espulsione di 35 diplomatici-agenti russi accusati di essere dietro la manovra, sostenuta da prove di Cia e Fbi, sull'azione di hacker che avrebbero influenzato il voto dell'8 novembre che hanno portato alla vittoria di Donald Trump.
Ebbene di fronte a queste due offensive, la reazione è stata la più insultante per il presidente uscente: Netanyahu in pratica si è appellato a Trump il quale gli ha risposto di sopportare ancora per 20 giorni (quando sarà eletto formalmente) e poi la politica Usa ridiventerà quella di un tempo. Anzi più stretta.

Il "falco"
Trump infatti ha scelto l'avvocato David Friedman come ambasciatore in Israele. Friedman considerato un falco pro Israele ha esordito dicendo che non vede l'ora di lavorare "all'ambasciata Usa nella capitale eterna di Israele, Gerusalemme", scelta che bloccherà forse per sempre il processo di pace e innescherà una nuova rivolta palestinese. L'ambasciata Usa è sempre rimasta a Tel Aviv con il via libera di tutte le amministrazioni dal 1995, perché lo status di Gerusalemme potrebbe essere definito solo in un accordo di pace. E così finora i presidenti hanno sempre prorogato la permanenza a Tel Aviv con un voto ripetuto per contrastare il Jerusalem Act del Congresso a metà degli anni novanta, che spostava la sede diplomatica a Gerusalemme.
Friedman,  ha raccontato  il New York Times, è un avvocato specializzato in casi di bancarotta senza esperienza diplomatica. Ad Haaretz , ha riportato il Washington Post, Friedman aveva confidato di considerare legali gli insediamenti israeliani in Cisgiordania - finora sempre ritenuti illegittimi - e secondo lui  Trump sarebbe favorevole l'annessione israeliana di parti della Cisgiordania.
Ancora peggio per Obama e la sua credibilità politica, l'atteggiamento di Putin che ha in pratica rinunciato a qualsiasi rappresaglia di fronte all'espulsione dei suoi agenti: tanto - ha fatto intendere - basta aspettare 20 giorni e delle indagini sulle presunte interferenze russe nel voto Usa se ne parlerà direttamente con il beneficiario proprio di quel voto: Donald Trump.

I disastri diplomatici
Il tramonto di Obama non poteva essere più disastroso e corona una politica estera incerta e perdente seguita in questi anni: dal Medio Oriente dove al disastro bushiano dell'Iraq si è aggiunta la fallimentare gestione della crisi siriana che ha di fatto dato la stura a Daesh e al terrorismo jihadista nel mondo, alla frammentazione dello stato di Assad (che comunque governa ancora), ha rilanciato il ruolo russo dopo anni di emarginazione di Mosca dall'area, non risolto le questioni dell'ambiguità ideologica dell'Arabia e dei suoi alleati, ha acceso il focolaio nello Yemen. Con la sola eccezione della chiusura del dossier nucleare dell'Iran e la cattura con uccisione del simbolo Osama bin Laden, Obama non è riuscito a riportare a casa i soldati dall'Afghanistan e infine neppure dall'Iraq, non ha saputo riportare al tavolo della trattativa Israele e i palestinesi. Fallimento anche sul versante delle rivoluzioni arabe, tutte fallite fuorché in Tunisia, e ora l'America si trova a dover sostenere gli ambigui personaggi nati dalle ceneri del nazionalismo arabo con una Libia nuovo focolaio di instabilità e spaccata in due aree d'influenza. In Europa gli Usa non hanno saputo aiutare la coesione europea, hanno subìto la Brexit e soprattutto sono stati incapaci di elaborare una dottrina di contenimento del nuovo espansionismo russo. Il simbolo del fallimento è la conquista della Crimea e la guerra civile in Ucraina.
Un triste lascito per un presidente che ha alimentato i sogni e le illusioni di una pace diffusa più che aver posto le basi per farne un elemento costitutivo dell'America futura.

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