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IncertExit


Theresa May ha riperso. Dopo settimane di sconfitte e umiliazioni, con l'eccezione della conferma della maggioranza al suo governo nel gennaio scorso, la premier britannica ha incassato dal Parlamento un altro no all'accordo con la Ue per  evitare una Brexit no deal. (Leggi qui The Guardian)

Adesso le resta solo l'opportunità del 14 marzo su una mozione che renda possibile chiedere lo slittamento dell'articolo 50, ovvero Londra non abbandonerebbe più la Ue a fine mese ma la scadenza verrebbe prorogata ai mesi a venire. Riuscirà a salvarsi in extremis? Difficile dirlo, ma intanto le conseguenze negative di una Brexit che da tre anni o poco meno aleggiano sul Vecchio Continente si stanno facendo sentire tutte. Ed è solo un prologo.
Come spiega bene l'Ispi ora la vicenda ha tre possibili uscite:
1. Hard Brexit:è l'uscita al buio. Dal 29 Uk fuori dalla Ue e ritorno dei dazi secondo le regole del Wto, applicabili ai paesi Ue e a quelli extra, oltre ai controlli alla frontiera.
2. Proroga: "la scadenza dell’uscita di un paese dall’Ue potrebbe essere prorogata all’unanimità dai rimanenti paesi membri". Ma i governi Ue sono divisi tra favorevoli (Germania) e quelli che vogliono precisi impegni, come la Francia. Quindi proroga, ma di quanto tempo? E nel frattempo cosa si farebbe sul voto europeo, si voterebbero lo stesso gli eurodeputati compresi quelli britannici, prevedendo poi l'abbandono di questi ultimi una volta applicata la brexit? Un caos in ogni caso.
3. Ritiro unilaterale: "il governo britannico potrebbe ritirare la notifica di Brexit in maniera unilaterale in qualsiasi momento prima dell’uscita prevista per il 29 marzo, annullando di fatto Brexit". Una scelta politica. Ma la May come potrebbe farla approvare da un parlamento che le ha sempre votato contro quando ha proposto i vari piani e con mezzo partito - i suoi conservatori - favorevoli comunque all'addio. Così facendo si disconoscerebbe il referendum, se ne farebbe un altro con l'accordo dei laburisti? La May potrebbe reggere tutto questo con le diverse variabili? Difficile, per non dire quasi impossibile. Unica possibilità le sue dimissioni ed elezioni anticipate. Che però potrebbero far emergere un complicato equilibro con nessuna maggioranza forte.
IN mezzo a queste tre opzioni ve ne sono altre che contemplano altri accordi con la Ue, ma come nell'ultimo piano bocciato dai tories, in qualche modo la Gran Bretagna rischia di restare dentro una sorta di unione doganale, eventualità vista come il fumo negli occhi dai "brexisti". In questo modo si risolverebbe (abbastanza però, ma non del tutto) il nodo della frontiera con l'Irlanda del Nord, ma di fatto la Brexit non sarebbe più tale.
Le prospettive oltre che confuse, sono comunque complesse e penalizzanti per l'economia e il futuro Uk. Le stime del governo fatte a novembre prevedono fino a un crollo di quasi l'8% del Pil con il no deal, ma con un accordo l'impatto sarebbe meno devastante anche perché Londra potrebbe agire sugli accordi bilaterali e attuare una sorta di area di libero scambio come quella della Ue con il Canada.


Dice l'Ispi:
"Il motivo di effetti tanto negativi è da ricercarsi innanzitutto nel fatto che gli scambi commerciali tra Ue e Regno Unito verrebbero regolati dalle norme del WTO. Si tornerebbe dunque ad applicare le norme della “nazione più favorita”, che nel caso britannico significherebbe affrontare dazi bassi, ma non a zero. Il dazio medio europeo per i prodotti non agricoli è del 3,2%, ma supera addirittura il 10% per i veicoli e i macchinari e raggiunge una media del 12% per i prodotti agricoli (con un picco del 35% sui prodotti caseari). Secondo stime recenti, il dazio medio pesato per l’interscambio che dovrebbero affrontare gli esportatori britannici verso i paesi Ue sarebbe del 5,7%. Se si considera che per il Regno Unito i paesi dell’Ue conta per circa la metà del proprio interscambio totale, si hanno ben chiare le dimensioni dei rischi di un’uscita senza accordo."
Ma su questi rischi non tutti sono d'accordo.  Milano Finanza  osserva che
(...) "nel frattempo, Mark Carney, il governatore della Banca d' Inghilterra (BoE), ha cambiato idea. Secondo stime rettificate, hard Brexit sarebbe dannosa meno della metà di quello che la Boe aveva paventato tre mesi fa. (...) Carney, in un' audizione alla Camera dei Lord, ora ha detto che i piani di emergenza messi in atto dal governo lasciano presagire un worst case scenario di massimo 3,5 punti percentuali. Tale scenario ipotizza significativi attriti ai confini, una severa correzione del mercato azionario e un crollo della sterlina il 29 marzo. Pur con tutte queste condizioni, le nuove stime indicano che il costo dell' operazione Brexit non supererebbe il 2,75% del pil su tre anni, equivalendo a circa 55 miliardi di sterline."

Approfondimenti

La Ue e la Brexit (POLITICO)

Domande e risposte sulla Brexit (CNN)

L'incertezza danneggia gli affari (The Washington Post)

La mappa del voto (Bloomberg)

Cosa aspettarsi dalla Brexit (Krugman, The NyTimes)

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