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Alea iacta est


Via dall'accordo del 2015, via dal JCPOA siglato con l'Iran da Stati Uniti , Russia, Cina, Germania, Francia, Gran Bretagna e dalla Unione Europea, via dal sogno di fermare la proliferazione atomica in quell'angolo di Medio Oriente (perché, un po' più in là, anche se mai confermato, in Israele le armi nucleari ci sono). Trump ha tratto il dado, alea iacta est.
Via le esenzioni e torneranno le sanzioni, anzi ancora di più, spiega il segretario di Stato, il falco John Bolton.
Ma se tutto è andato come previsto - anzi Trump ha voluto anticipare la decisione, che doveva avvenire solo il 14 maggio, probabilmente per nascondere i suoi e sempre più gravi problemi con le indagini del procuratore speciale Mueller sul Russiagate e il complicarsi dell'altro scenario, quello dei pagamenti alla pornostar Stormy Daniels - ciò non toglie che qualcuno dovrebbe spiegare al presidente che quando si fa una mossa bisogna sapere o perlomeno ipotizzare la successiva.
Ebbene in  questo caso, quale sarà la prossima mossa, dove porterà questo ritiro? L'impressione è che Donald Trump, stretto nella sua visione ombelicale di inutile riaffermazione sul mantenimento delle promesse e la conservazione dei consensi, non ne abbia la benché minima idea. Se lo chiede sul WaPo Paul Waldman secondo il quale il ritiro potrebbe ottenere l'esatto contrario di ciò che, a parole Trump, vuole perseguire.

Ovvero, oggi con il JCPOA operante gli ispettori dell'Aiea controllano che il programma nucleare di Teheran non vada avanti e in particolare per la parte di arricchimento a fini militari, senza il JCPOA nessuno potrà controllare che il regime riprenda studi e applicazioni. E se per fermare l'azione iraniana ci si affidasse all'azione militare attraverso il fedele alleato Netanyahu - che infatti a poche ore dall'annuncio ha messo in allarme il Golan e mobilitato i riservisti oltre ad aver bombardato con tutta probabilità obbiettivi dei pasdaran vicino a Damasco - beh, le conseguenze di un ritiro dall'accordo sarebbero fin troppo evidenti. E letali per una buona parte del mondo.
Inutile per Trump sperare che nella Ue, che ritiene l'accordo operativo, si possa sviluppare un sentiment filo americano capace di imporre a Teheran un'intesa più dura e severa, in pratica un'abdicazione degli ayatollah. In nome o per paura di cosa?
Ecco perché emerge abbastanza chiaramente che Trump non ha alcuna idea precisa sul "dopo", al di là, come ricorda Waldman, dei propositi bellici del suo nuovo consigliere per la Sicurezza che nel 2015 scriveva sul Nyt che per fermare la boma iraniana... si doveva bombardare l'Iran stesso e del nuovo Segretario di Stato Mike Pompeo.
Di certo ci sono gli effetti immediati e non positivi.  Con questa mossa, Trump riesce a creare una frattura non di poco conto e assolutamente inedita con l'Unione europea, accentuare le divergenze, dopo quelle economiche, con la Cina, aumentare le diffidenze e le divergenze con la Russia (partner importante sullo scenario siriano), guadagnando solo l'appoggio (scontato) di Israele e quello (anche questo previsto) dell'Arabia Saudita.

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