Aver stracciato l'accordo sul nucleare con l'Iran, farà bene ai mercati e alle economie globali?
I dubbi sono tanti forse troppi e pesano soprattutto sulla presidenza che ha sempre assicurato di lavorare per l'industria americana.
IL guaio però potrebbe essere dietro l'angolo proprio con il ritiro degli Usa dall'accordo JCPOA. Il greggio, ad esempio, del Texas ha perso, dice Bloomberg,
in poche ore il 4,4%, ma i rincari si preparano su scala mondiale proprio in previsione di una forte contrapposizione che non esclude neppure un qualche intervento militare. A dare il tono delle preoccupazioni dei mercati anche l'ascesa del dollaro e i rendimenti dei Treasury decennali che sono saliti al 3% dopo che l'amministratore delegato di JPMorgan Chase & Co. Jamie Dimon ha messo in guardia su un possibile incremento fino al 4% .
Tuttavia Trump, per quanto riguarda Wall Street, per ora può cantare vittoria. Come riferisce Il Sole 24 Ore dal 2009 l'indice S&P è passato da 666 a 2666 punti, con un incremento del 300%, migliore performance di tutte le Borse. Anche se la palma del 2018 spetta a quella italiana apprezzatasi del 10,5% mentre dal 2009 la performance segna un +87%.
Tornando al petrolio e all'Iran, rispetto ai 2,2 milioni di barili giornalieri prodotti dopo la fine della sanzioni, secondo Wall Street Italia che cita stile di Fidelity International l'impatto globale dovrebbe essere nell'ordine dello 0,3-0,5% dell'offerta. Considerando che il 60% delle esportazioni iraniane va in Asia e un altro 25% verso l'Europa, quanto rimane dei barili bloccati dalle nuove, future sanzioni, potrebbe essere ricoperto dalla produzione saudita, messa subito a disposizione.
In ogni caso Wsi disegna quattro scenari che ricostruiscono i diversi impatti delle possibili crisi sull'offerta di petrolio e, naturalmente, sul suo prezzo.
I dubbi sono tanti forse troppi e pesano soprattutto sulla presidenza che ha sempre assicurato di lavorare per l'industria americana.
IL guaio però potrebbe essere dietro l'angolo proprio con il ritiro degli Usa dall'accordo JCPOA. Il greggio, ad esempio, del Texas ha perso, dice Bloomberg,
in poche ore il 4,4%, ma i rincari si preparano su scala mondiale proprio in previsione di una forte contrapposizione che non esclude neppure un qualche intervento militare. A dare il tono delle preoccupazioni dei mercati anche l'ascesa del dollaro e i rendimenti dei Treasury decennali che sono saliti al 3% dopo che l'amministratore delegato di JPMorgan Chase & Co. Jamie Dimon ha messo in guardia su un possibile incremento fino al 4% .
Tuttavia Trump, per quanto riguarda Wall Street, per ora può cantare vittoria. Come riferisce Il Sole 24 Ore dal 2009 l'indice S&P è passato da 666 a 2666 punti, con un incremento del 300%, migliore performance di tutte le Borse. Anche se la palma del 2018 spetta a quella italiana apprezzatasi del 10,5% mentre dal 2009 la performance segna un +87%.
Tornando al petrolio e all'Iran, rispetto ai 2,2 milioni di barili giornalieri prodotti dopo la fine della sanzioni, secondo Wall Street Italia che cita stile di Fidelity International l'impatto globale dovrebbe essere nell'ordine dello 0,3-0,5% dell'offerta. Considerando che il 60% delle esportazioni iraniane va in Asia e un altro 25% verso l'Europa, quanto rimane dei barili bloccati dalle nuove, future sanzioni, potrebbe essere ricoperto dalla produzione saudita, messa subito a disposizione.
In ogni caso Wsi disegna quattro scenari che ricostruiscono i diversi impatti delle possibili crisi sull'offerta di petrolio e, naturalmente, sul suo prezzo.
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