Federica Guidi si è dimessa. Onore a Federica Guidi. Che ha mollato il Mise (Ministero dello sviluppo economico) "per opportunità politica". Chapeau signor ministro che si sente tranquilla con la sua buona fede, ma almeno ha capito che era meglio lasciare la barca prima di farla ballare troppo.
Un gesto che altri non hanno nemmeno considerato per un attimo, un gesto che molto probabilmente è stato spinto-caldeggiato-sostenuto-imposto dal premier in missione in terra americana.
Federica Guidi non ha aspettato molto dopo aver appreso di quella intercettazione in cui, parlando al telefono con il suo convivente Gianluca Gemelli, lo rassicura su un emendamento, prima tolto poi grazie a lei reintrodotto, sulle infrastrutture petrolifere che avrebbe permesso a lui di accontentare i suoi affari e quelli degli amici-alleati della Total in Basilicata.
Tolto il problema Guidi, per Renzi e il suo governo resta il problema. Ovvero quello che Lucia Annunziata definisce "zona grigia", in altri termini quel profumo di affarismo che pervade questo esecutivo e quel pervicace intento del premier di cambiare l'Italia e le sue istituzioni mettendo alla testa degli organismi da rivoluzionare i suoi amici. Una concenzione centralistica, sospettosa, ma in particolare "amicale" del potere, quasi a voler svuotare una Repubblica malmessa, incerta e contorta, però costruita con arte attorno a un sistema parlamentare dotato di pesi e contrappesi. Renzi vuole smontare il sistema, ma ne costruisce uno a sua immagine e somiglianza, retto da fedeli, concentrato, controllabile e senza troppi scrupoli, di rispetto di leggi, regolamenti. In altri termini spregiudicato nella sua velocità e spavalderia. Tanto veloce che i temi della trasparenza, dell'onestà, della pulizia morale, della giustizia sociale, dell'etica, dell' anticonflitto d'interesse vengono bruciati e lasciati indietro.
Così accade che Renzi non si accorga delle azioni di lobbing di un suo ministro, dei rapporti personali che lo stesso ha: diciamolo, non dovrebbe essere la prima regola di una legge sul conflitto d'interessi, quella di non tenere distanti parenti e amici e di avere ben chiaro il quadro dei rapporti, personali o appunto parentali, che la squadra governativa ha? Se Renzi non se n'è accorto, c'è da essere preoccupati: un personaggio del genere come può pensare di non diventare uno strumento del terrorismo comunque ben preparato? E dopo Lupi, la Guidi, gli altri conflitti sono palesi o in arrivo, per esempio l'imprenditore Carrai a controllare i servizi segreti. E la Boschi finita in questa intercettazione potrebbe dire anche lei di essersi distratta e di non aver seguito gli interessi mai abbandonati dalla Guidi (imposta da Berlusconi all'epoca dell'accordo del Nazareno) dopo aver dimenticato di informarsi sui risparmi di casa e sul ruolo del padre in banca Etruria?
Che governo di distratti, che parla di trasparenza ma tiene i cittadini ben lontani dal conoscere quanto più possibile sulla macchina pubblica (vedere il bel pezzo di De Bortoli sul tema), che cela ai cittadini le sue voglie di guerra per obbedire alla Nato e alla Casa Bianca salvo poi pentirsi perché fa perdere voti, che vive di numeri e riforme finti, che gioca di furbizie parlamentari per arrivare perfino a stravolgere la Costituzione e cercare un potere assoluto o quasi...
Ecco perché la Guidi che se ne va è un bene, ma con lei si toglie un sintomo, il problema resta. E se Renzi adesso teme per il referendum sulle trivelle (l'inchiesta svela tutti i pericoli e gli intrecci di interessi e affari che vi sono dietro questo business del petrolio italico) al punto che gli italiani potrebbero correre a votare per bocciare il sistema che sta emergendo (e le indagini potrebbero rivelare ben altro di compromettente per il governo e gli amici), non ci sarebbe da stupirsi se il premier tornando dall'America per la sua missione ormai compromessa sul piano mediatico, puntasse diretto a quello che per lui potrebbe essere il cuore del problema che affligge il suo governo. Il conflitto d'interessi? No, le intercettazioni.
Un gesto che altri non hanno nemmeno considerato per un attimo, un gesto che molto probabilmente è stato spinto-caldeggiato-sostenuto-imposto dal premier in missione in terra americana.
Federica Guidi non ha aspettato molto dopo aver appreso di quella intercettazione in cui, parlando al telefono con il suo convivente Gianluca Gemelli, lo rassicura su un emendamento, prima tolto poi grazie a lei reintrodotto, sulle infrastrutture petrolifere che avrebbe permesso a lui di accontentare i suoi affari e quelli degli amici-alleati della Total in Basilicata.
Tolto il problema Guidi, per Renzi e il suo governo resta il problema. Ovvero quello che Lucia Annunziata definisce "zona grigia", in altri termini quel profumo di affarismo che pervade questo esecutivo e quel pervicace intento del premier di cambiare l'Italia e le sue istituzioni mettendo alla testa degli organismi da rivoluzionare i suoi amici. Una concenzione centralistica, sospettosa, ma in particolare "amicale" del potere, quasi a voler svuotare una Repubblica malmessa, incerta e contorta, però costruita con arte attorno a un sistema parlamentare dotato di pesi e contrappesi. Renzi vuole smontare il sistema, ma ne costruisce uno a sua immagine e somiglianza, retto da fedeli, concentrato, controllabile e senza troppi scrupoli, di rispetto di leggi, regolamenti. In altri termini spregiudicato nella sua velocità e spavalderia. Tanto veloce che i temi della trasparenza, dell'onestà, della pulizia morale, della giustizia sociale, dell'etica, dell' anticonflitto d'interesse vengono bruciati e lasciati indietro.
Così accade che Renzi non si accorga delle azioni di lobbing di un suo ministro, dei rapporti personali che lo stesso ha: diciamolo, non dovrebbe essere la prima regola di una legge sul conflitto d'interessi, quella di non tenere distanti parenti e amici e di avere ben chiaro il quadro dei rapporti, personali o appunto parentali, che la squadra governativa ha? Se Renzi non se n'è accorto, c'è da essere preoccupati: un personaggio del genere come può pensare di non diventare uno strumento del terrorismo comunque ben preparato? E dopo Lupi, la Guidi, gli altri conflitti sono palesi o in arrivo, per esempio l'imprenditore Carrai a controllare i servizi segreti. E la Boschi finita in questa intercettazione potrebbe dire anche lei di essersi distratta e di non aver seguito gli interessi mai abbandonati dalla Guidi (imposta da Berlusconi all'epoca dell'accordo del Nazareno) dopo aver dimenticato di informarsi sui risparmi di casa e sul ruolo del padre in banca Etruria?
Che governo di distratti, che parla di trasparenza ma tiene i cittadini ben lontani dal conoscere quanto più possibile sulla macchina pubblica (vedere il bel pezzo di De Bortoli sul tema), che cela ai cittadini le sue voglie di guerra per obbedire alla Nato e alla Casa Bianca salvo poi pentirsi perché fa perdere voti, che vive di numeri e riforme finti, che gioca di furbizie parlamentari per arrivare perfino a stravolgere la Costituzione e cercare un potere assoluto o quasi...
Ecco perché la Guidi che se ne va è un bene, ma con lei si toglie un sintomo, il problema resta. E se Renzi adesso teme per il referendum sulle trivelle (l'inchiesta svela tutti i pericoli e gli intrecci di interessi e affari che vi sono dietro questo business del petrolio italico) al punto che gli italiani potrebbero correre a votare per bocciare il sistema che sta emergendo (e le indagini potrebbero rivelare ben altro di compromettente per il governo e gli amici), non ci sarebbe da stupirsi se il premier tornando dall'America per la sua missione ormai compromessa sul piano mediatico, puntasse diretto a quello che per lui potrebbe essere il cuore del problema che affligge il suo governo. Il conflitto d'interessi? No, le intercettazioni.
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