Lo scandalo ha un nome, Cambridge Analytica e un cognome, Facebook. Cosa sia successo è facile dirlo: nell'estate 2016 la campagna Trump assume Cambridge Analytica, una società di dati che usa Facebook per fornire alle campagne politiche informazioni precise su quali elettori scegliere. Campagne politiche e commerciali non sono molto diverse. Ci sono aziende che forniscono a politici e imprese i nostri dati/preferenze digitali tirati fuori dalla navigazione sui social, Fb in particolare. (Un sacco di aziende di dati estraggono i nostri percorsi digitali pubblici per vendere informazioni su di noi a società e campagne).
Secondo la prima ricostruzione del New York Times fin dal 2014 Cambridge Analytica potrebbe aver adottato questa strategia per ottenere l'accesso a informazioni personali di 50 milioni di utenti di Facebook senza il loro permesso. A dirlo è il rapporto Guardian 2015.
La svolta avverrebbe però nell'estate del 2016, quando il team di Trump investe molto nella pubblicità su Facebook, guarda caso proprio quando gli hacker e i troll russi stanno cercando di influenzare gli americani sui sociale su Facebook in particolare. E su questa strategia di controllo/indirizzo delle informazioni si basa buona parte della campagna di Trump.
Con questa ricostruzione semplificata non è arduo leggere il Russiagate in un'altra prospettiva e un diverso punto di vista assumono i sospetti dell'interesse di Putin nella nomina del tycoon miliardario.
Lo scoop del New York Times
... e quello de The Observer
Lo scoop del New York Times
... e quello de The Observer
Siamo ai primi passi, ma intanto la prima vittima, nonostante la sospensione del rapporto, è Facebook che in Borsa ha perso il 7%. E dai primi dati sta emergendo che con i dati di Cambridge Analytica, oltre alla campagna americana, potrebbe essere stata influenzata anche quella per la Brexit. Se tutto fosse vero saremmo di fronte a una Datagate si proporzioni planetarie, a un piano diabolico per decidere le scelte geopolitiche dell'Occidente attraverso i comportamenti delle opinioni pubbliche nelle democrazie europee e americana.
Commenti
Posta un commento