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TumPost Diary 26-3-18


Sesso e potere

La settimana comincia non sotto i imgliori auspici, almeno per il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Stormy Daniels,  la pornostar che avrebbe taciuto della relazione con il futuro presidente Usa in cambio di 130 mila dollari ottenuti  da un avvocato di Trump, Michael Cohen, è andata in tv a 60 Minutes a raccontare la sua storia. O almeno quella che dovrebbe essere la versione della  relazione con il tycoon  iniziata nel 2006 e finita l'anno dopo. Relazione avvenuta mentre la moglie di Trump, Melania, dava alla luce il loro figlio.

Orbene, come racconta Usa Today, Trump e moglie non hanno seguito insieme la trasmissione con la pornostar. Lui è tornato alla Casa Bianca, lei in Florida, a Palm Beach, per un break di primavera "pianificato da tempo" ha detto la portavoce Stephanie Grisham.

Certo è che la trasmissione arriva il giorno dopo il racconto alla Cnn della ex playmate Karen McDougal, anche lei pronta ad ammettere una storia con il miliardario nel 2006, quando Melania era incinta. E ci sarebbero altre 19 donne pronte a denunciare storie o molestie del presidente.

La Lunga Marcia

I problemi del presidente però nascono dalla piazza. Stavolta l'opposizione non è quella dei notabili dem e del potere mediatico vicino alla sinistra. I problemi stavolta sono scesi in piazza. Ed erano tanti, tantissimi i giovani che hanno marciato per 800 città, quasi due milioni, forse di più. L'embrione di un movimento anti armi che porrà Trump in seria difficoltà con la potente Nfa, la cui presa lobbystica sul Paese si trova a dover scontare l'indignazione e la preoccupazione delle famiglie per le sparatorie continue a scuola. Per la prima volta dopo tanti anni l'organizzazione dei produttori di armi teme di veder passare leggi restrittive, invocate, spinte dal buon senso giovanile capace stavolta di attecchire fra le generazioni verdi anche negli Stati più "rossi", quelli conservatori. Un altro grattacapo per il presidente anche se resta da vedere quanto la protesta riuscirà a tradursi in voti nelle elezioni di Midterm.

Il falco e le sue vittime

John Bolton prende in mano la sicurezza nazionale. "Falco" all'Onu per conto di Bush, ultimo esponente degli allora neocon. Con questa mossa - il 9 aprile prenderà il posto dell'ex generale HR McMaster, che da ex militare  per Trump era troppo morbido - il presidente rafforza, anzi costituisce la squadra d'assalto a Iran e Corea del Nord. Tuttavia non mancano gli interrogativi sul riportare indietro le lancette dando spazio a un vecchio sostenitore della guerra in Iraq. Può servire, fanno capire alla Casa Bianca, per il pressing sui nuovi nemici, sul dare un profilo decisionista in linea con l'immagine del presidente. Ma Bolton è ancora uno che crede nella guerra, come quella in Iraq, quella che Trump ha sempre detto che non avrebbe appoggiato. E questo profilo mal si attaglia a quello della presidenza Trump

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