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Trump, generale dell'acciaio


Il guaio stavolta potrebbe essere grosso. Molto grosso. Il presidente americano Donald Trump l'aveva promesso e in questo la sua coerenza è rispettabile.Per difendere l'industria nazionale ha annunciato che imporrà dazi sull'importazione di acciaio e alluminio, rispettivamente del 25% e del 10% con tutta probabilità estesi a tutti i Paesi esportatori.
Non solo la Cina dunque finisce nel mirino del presidente. Tuttavia la decisione è comunque grave tanto che dall'Europa, con inedita sollecitudine il presidente della Commissione Juncker ha prospettato una pronta "rappresaglia": dazi sull'importazione di motociclette americane, le Harley in particolare, il bourbon e soprattutto sui jeans, i Levi's. E poche ore più tardi, Trump ha voluto riaffermare la sua volontà di potenza minacciando di imporre dazi anche sulle importazioni di auto dall'Europa.



Tanto per cominciare, però, occorre vedere fino a dove la Casa Bianca è disposta ad andare avanti. Al proposito i dubbi non mancano, perché ad esempio, se i metalmeccanici possono esultare (ma le aziende che esportano auto, di fronte  alle minacce doganali altrui, potrebbero essere penalizzate in maniera in indifferente) gli agricoltori potrebbero trovarsi a dover pagare sulla propria pelle l'inasprimento di alcune imposte e quindi trovare meno mercato per i propri prodotti.  
Tenendo conto, anche, su quest'ultimo aspetto, che il fronte politico trumpiano non è per nulla compatto. E se il presidente può contare  sul Segretario al Commercio, Wilbur Ross e su Peter Navarro, consigliere presidenziale e direttore del Nation Trade Council. Ma fortemente contrari sono il capo consigliere economico  Gary Cohn, e il Segretario al Tesoro Steve Mnuchin. (Il Sole 24 Ore).
Non sono pochi gli analisti che avvertono: i settori dell'acciaio e dell'alluminio incidono sul Pil per lo 0,5%. Secondo il Sole 24 Ore "per difendere i settori dell' acciaio e dell' alluminio  il presidente degli Stati Uniti ha in realtà tirato uno schiaffo a molti settori industriali statunitensi. Ai loro lavoratori. E forse alla sua stessa base elettorale. Per difendere insomma un settore residuale nell' economia americana, che impiega appena 86mila lavoratori pari allo 0,7% dell' occupazione manifatturiera, Trump ha colpito potenzialmente molti altri comparti industriali. Che hanno molti più lavoratori. Non solo negli Usa".



La svolta protezionista però annuncia in ogni caso risvolti pesanti. Se la Cintura della Ruggine (Rust Belt) esulta anche per la parte Democratica, il resto del mondo è molto preoccupato. La tempestività della replica europea ne è un indice. La guerra commerciale può innescare una crisi del mercato azionario che solo ieri si è mangiato tutti i guadagni del 2018 e allungare le ombre di una nuova recessione più volte annunciata. Tanto che la crescita del Pil globale, stimata dal Fmi attorno al + 3,9%, potrebbe essere messa in seria discussione con le aziende che sono portate a congelare i progetti da finanziare attraverso manovra in conto capitale. Poi, altro dato negativo, la ricadute sulla revisione dei dazi interpretate dai consumatori che vedranno i margini di sconti e convenienza assottigliarsi, mentre John Ferguson, direttore delle previsioni globali per l'Economist Intelligence Unit osserva  che "Gli impatti potrebbero portare a un significativo rallentamento del PIL globale".
E anche i rischi per l'America sono tutt'altro che trascurabili. Ne parla Neil Irving sul New York Times .




Canada e Cina, fra i principali obbiettivi, sono pronti a far pagare in maniera pesante l'eventuale decisione di Trump e non mancano le critiche alla Casa Bianca:
Li Xinchuang, the vice chairman of the China Iron and Steel Association, called the president’s move “stupid,” saying, “Trump’s decision does no good to everyone except a few American steel enterprises.” Li Xinchuang, the vice chairman of the China Iron and Steel Association (The New York Times)


Tornado ai numeri va sottolineato che gli Stati Uniti sono il primo importatore di acciaio al mondo e sono di 29 miliardi di dollari nel 2017 i valori importati. A tal proposito quasi il 17% dell'acciaio  proviene dal Canada, afferma S & P Global Platts mentre Ben May, direttore di Oxford Economics, ha affermato che l'88% delle esportazioni di acciaio canadese è andato negli Stati Uniti nel 2016. Fra gli altri maggiori esportatori negli Usa di acciaio  Corea del Sud, Messico, Brasile e Cina sono anche i maggiori esportatori negli Stati Uniti.



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  Photo by  Abhinav Bhardwaj  on  Unsplash Rieccomi… felice di rivedervi. Grazie per aver letto Umberto’s Substack! Iscriviti gratuitamente per ricevere nuovi post e supportare il mio lavoro. Iscritto Dove eravamo rimasti? (Per usare una famosa frase conseguente a un enorme errore giudiziario consumato in Italia negli anni 80). Eravamo rimasti alla rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca, E alle previsioni sui ciò che sarebbe succo. Ebbene, abbiamo sbagliato tutti. Sbagliato a pensare che sarebbe stata una presidenza simile al Trump 1, magari temperata dalla esperienza e dall’età del soggetto. Sbagliato a pensare che, grazie al suffragio pesante conseguito, sarebbe stata un’America più salda, un po’ più chiusa in se stessa, impegnata a ripartire dai suoi valori, più conservatrice anche rispetto alle ere Bush e perfino Reagan- Sbagliato a pensare che, con una presidenza annunciata come energica e meno “ideologica” (così sarebbe parso opportuno convergere visto che...