C'è voglia del primo colpo, del corpo risolutivo, di strappare la veste lacerata da anni di soft conflitto, di guerriglia, proteste violente, operazioni segrete e incursioni ancora più riservate quanto letali. Nel Vicino Oriente è la guerra non è mai sembrata così vicina. Qualche giorno fa il capo dell'intelligence Usa Dan Coats ha detto al congresso che "dalla fine della guerra fredda il conflitto non è mai stato così vicino come adesso".
Il riferimento di Coats tocca le situazioni più calde: dalle possibili interferenze russe sulle elezioni di Midterm, a novembre negli Usa, alla competizione sempre più spinta fra America da un lato e Russia e soprattutto Cina dall'altro. Ma anche, nell'elenco delle crisi maggiori, Coats inserisce ovviamente la Corea del Nord ma soprattutto la possibilità che si arrivi al confronto diretto fra Arabia Saudita e Iran. Forse più di una crisi che precipiti fin verso il confronto armato fraRiad e Teheran, maggiori sono le possibilità che si arrivi a una guerra sullo stesso scacchiere, ma fra Iran e Israele.
Nelle ultime settimane i segnali si sono accumulati: dall'abbattimento di un drone che aveva sconfinato in Israele, alla risposta, con un F16 con la Stella di David colpito e buttato giù dalla contraerea delle milizie filoraniane e o degli Hezbollah, senza contare il centinaio di missioni su obbiettivi filoiraniani in terra di Siria, compiuti in questi anni dall'aviazione israeliana.
L'analisi dell'Ispi
Il premier di Tel Aviv Benjamin Netanyahu è sotto pressione per la richiesta di incriminazione con l'accusa di corruzione, e in questa situazione premere sul pedale della tensione ai confini è un argomento utile. Ma i timori di Israele non sono infondati: sfruttando la guerra civile siriana Hezbollah e quindi l'Itrn si sono insediati nel Paese di Assad e aiutano le sue truppe nella liquidazione di ciò che resta dell'Isis. Nondimeno le milizie iraniane hanno guadato centinaia e centinaia di chilometri verso Israele e la possibilità di colpire le città israeliane con missili sofisticati lanciati dal terreno siriani, cresce ogni giorno di più. Del resto il caso del drone è esemplificativo.
Tel Aviv ha reagito, come al solito, con la parata di manifestazioni di forza e sfida al tempo stesso. E mettendo in atto una dura rappresaglia.
A preoccupare Tel Aviv è la situazione in Libano Paese formalmente libero e democratico, ma di fatto strettamente controllato e con una presenza massiccia da Hezbollah e dai suoi alleati. Secondo l'Ispi l'evoluzione della guerra sul territorio siriano e il ruolo sempre più diretto dell'Iran - pur scosso al suo interno dai problemi economici - potrebbero finire per riavvicinare Tel Avis con i sauditi. Un incontro che è già avvenuto in diverse occasioni, più o meno ufficiali.
Yuval Steinitz, ministro dell’Energia israeliano, ha rivelato contatti segreti proprio tra Israele e Arabia Saudita focalizzati sulla condivisa percezione di Teheran come una minaccia (Ispi)
In un quadro del genere non è difficile poter ipotizzare un drammatico strike israeliano in Siria con l'ingresso anche di truppe di terra di Tsahal per costituire una zona cuscinetto dal duplice obbiettivo: distruggere ogni postazione di Hezbollah e iraniana e impedire che Israele sia esposta gli attacchi missilistici; tagliare le vie di rifornimento via terra a Hezbollah in Libano, corridoi già oggetto di attacchi di Hey Ha 'Avir, l'aviazione israeliana, molteplici in questi anni contro i convogli pieni di armi iraniane.
L'analisi di Molinari su La Stampa
Tratta da http://www.italiaisraeletoday.it/tutti-contro-tutti/ |
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