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L'Era Lehman, la festa sta finendo? - The Era Lehman, is the party coming to an end?


I mercati soffrono, ma come avverte Krugman "la Borsa non è l'economia". Però...
Però il nervosismo e le repentine cadute dei mercati, che paiono tanto più stupefacenti soprattutto negli Usa visto l'andamento dell'economia in questo momento e con gli sgravi fiscali e i premi aziendali  dopo le decisioni di Trump, ci sono e cominciano a gravare. facendo intendere che dietro ci possa essere qualcos'altro. Di più preoccupante.


10 fatti scioccanti 

Tuttavia c'è molto che non torna in questa caduta delle Borse ma anche nel suo ritorno ai valori "normali". Andamento ciclico, dicono gli esperti. E c'è da crederci. Speculazioni, sostengono altri. E c'è da crederci. Segnali d' avvertimento per il futuro prossimo? E anche a ciò c'è da prestare credito.
Perché i fattori non sono mai isolati uno dall'altro, ma concorrono e convergono per determinare gli andamenti e le scelte dei mercati.
Una interessante lettura arriva dal "Maitre" Maurizio Sgroi di SpazioEconomia che afferma:
La crescita dei salari Usa e il calo della borsa. Va per la maggiore la tesi che i recenti cali della borsa sia da attribuire al fatto che Negli Usa sia salita l’inflazione a causa della crescita dei salari e ciò possa incoraggiare la Fed a stringere i tassi al punto da scoraggiare i mercati. Ma è davvero così. Una interessante ricognizione della Fed mostra che i salari reali, a seconda peraltro dell’indicatore scelto, sono cresciuti al massi del 4% reale circa da metà del 2009 alla fine del 2017.

E fa seguire questo interessante grafico

Non è difficile capire che l'unica curva che punta verso il  basso è quella dei salari fra la metà del 2009 e la fine del 2017. Dunque i salari non sono cresciuti oltre un 4% complessivo e di conseguenza l'aumento dell'inflazione non è legato a questa voce. Però i mercati temendo che la Fed ritoccasse la politica del denaro a  tasso zero sono corsi ai ripari, magari con l'aiuto di qualche algoritmo costruito ad arte. La Borsa si è stabilizzata in pochi giorni, c'è chi ha perso qualcosa, altri che hanno guadagnato, e molto, ma i salari non sono colpevoli. Anzi non si sono quasi mossi, loro. 

Tutto a posto, quindi, salari a parte ovviamente? Niente affatto, perché l'impressione di molti è che tanti nodi lasciati perdere negli anni della Grande Recessione stiano arrivando al pettine, perché anziché essere affrontati e possibilmente risolti dopo averne compreso l'essenza, sono rimasti insoluti e anzi si sono accresciuti, sono diventati più grossi. E, riprendendo ancora il punto di vista dalla parte dei salari, se un'altra crisi si ripresentasse, stavolta le conseguenze potrebbero essere ben peggiori di quella non ancora smaltita. Molto peggio.
Jeffrey Frenkel, Jeffrey Frankel, professore alla Kennedy School of Government dell'Università di Harvard e nel gruppo di consiglieri di Bill Clinton, mette sull'avviso, dicendo che la bassa volatilità dei mercato del 2017 è stata anomala e come tale può cambiare presto. Anche perché, come Krugman anche Frenkel avverte che i mercati sono disconnessi dall'economia reale. Una delle ragioni sostiene è che 

"... c'è molta casualità nei mercati. In una bolla speculativa, ad esempio, tutti acquistano perché tutti gli altri stanno acquistando, causando la disconnessione dei prezzi dai fondamentali economici. A un certo punto, la bolla scoppia e tutti vendono".
Ma anche che


"... i prezzi delle azioni rappresentano solo i profitti attuali e attesi maturati dalle società. Questo non è lo stesso del reddito nazionale. In passato, questa distinzione non era così pronunciata, perché una quota relativamente stabile del reddito nazionale andava ai lavoratori. Ma nell'ultimo decennio circa, questa relazione è fallita. I proprietari di capitali controllano una quota del PIL in rapida crescita, probabilmente a causa di maggiori "affitti" economici, che riflettono la diminuzione della concorrenza e l'aumento del potere di monopolio in molti settori". 
Torniamo quindi ai salari e a una ripresa (solo un accenno in Italia) che non si è tradotta in aumenti sostanziali dei redditi più bassi e della (ex) classe media. Da qui la difficoltà di una ripresa dei consumi interni, affidati più spesso a fiammate di un trimestre magari smentite in quelle successive.

Secondo Dambisa Moyo in attesa e in previsione del permanere di una istanza rialzista, del permanere delle condizioni di denaro a basso costo e della politica espansiva  delle banche centrali. Leggi qui il report del Fmi
la ripresa dello scorso anno, in particolare negli Stati Uniti e nelle economie più avanzate, ha goduto di un insieme di dati macro e previsioni che andavano nel senso di un rialzo annunciato. Annunciato. E siccome si sa quanto conta in economia il sentiment, la psicologia, molti dei dati reali sono saliti

Dambisa Moyo però ha sottolineato come i leader mondiali negli ultimi mesi si siano espressi in termini ben diversi, mentre i rischi geopolitici sembrano aumentare, l'avanzata dei populismi è preoccupante e , non ultimo, il massiccio taglio di tasse di Trump - già scontato dai mercati in anticipo - che nel giro di 30 anni porterà il deficit Usa a triplicarsi arrivando allo stratosferico dato del 9,8%.

"As 2018 progresses, business leaders and market participants should – and undoubtedly will – bear in mind that we are moving ever closer to the date when payment for today’s recovery will fall due. The capital market gyrations of recent days suggest that awareness of that inevitable reckoning is already beginning to dawn."

Insomma la festa sta per finire ed è meglio, sostiene Dambisa Moyo, prepararsi. Chi può, ovvero chi in qiest anni ha guadagnato. E chi ha perso?



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