Marine Le Pen vuole uscire dall'Europa e dalla Nato; Emmanuel Macron invece fa sventolare le bandiere europee ai suoi comizi e si muove in orizzonte più liberal-democratico piuttosto che socialdemocratico. Messa così la prossima campagna
di voto in Francia potrebbe essere una sorta di referendum sull'Europa. Con il rischio che i sondaggi che danno addirittura l'enfant prodige del governo Valls siano fallaci come si sono dimostrati in Gran Bretagna con la Brexit e negli Usa con Trump.
Ma se fossero vere queste previsioni di voto, sarebbero interessanti sono diversi punti di vista: la prima è che di fatto il Partito socialista sparisce dalla mappa elettorale francese. D'accordo, il Psf con il suo simbolo e il candidato eletto nelle primarie Benoit Hamon (il Bernie Sanders francese) saranno presenti al primo turno, ma si fermeranno lì. E il paradosso è che Hamon si presenta da socialista ma con idee molto radicali, tanto da avvicinarlo all'estrema sinistra, a France insoumise, di Jean Luc Melenchon. Il che significa che il socialismo europeo, con qualche venatura blairista, il socialista del Pd italiano o del partito laburista britannico prima di Corbyn sono definitivamente tramontati o archiviati, in Francia almeno. Ma i dati, se confermati, mostrano che esiste una idea alternativa, di sinistra, decisa a chiedere e pretendere un'altra Europa, che ha un peso crescente: se, in base ai dati, Hamon e Melenchon raggiungessero (nonostante le differenze, sul piano economico in particolare) qualche intesa, si piazzerebbero subito alle spalle del Front National, 25 contro il 26% e batterebbero Macron con il suo 23% e il fiaccato Fillon con un suo 20%. A quel punto anche i gollisti più convinti riuscirebbero a non votare questi candidati per fermare l'ondata nera? Cosa farebbero loro e Macron, si appellerebbero ai militanti chiedendo loro di restare a casa, mentre la Le Pen vince? Difficile crederlo, anche perché Hamon avrebbe motivi e possibilità per ottenere un appoggio dai liberaldemocratici senza cedere loro sul versante del liberismo più accentuato. Anche perché, come analizza il Sole 24 Ore, con un trionfo dell'estrema destra la catastrofe economica - e non solo per la Francia - potrebbe essere servita in tempi brevi.
Il guaio è che la società francese si ripartisce non più in due, e neppure in tre partiti ma può arrivare a cinque indirizzi con un 15-20 percento ciascuno, fetta troppo esigua per pensare che se anche si vincesse, si potrebbe governare con una piena legittimità e autorevolezza. Così alla fine con Macron (per affinità e traduzione pratica dei principi), o con la Le Pen (dietro le quinte) o con la sinistra socialista (con il ricatto dei mercati e delle istituzioni totalizzanti Ue) il risultato sarebbe lo stesso: a governare sarebbero le elite finanziarie. Alla faccia del concetto di democrazia occidentale, come lo conoscevamo.
di voto in Francia potrebbe essere una sorta di referendum sull'Europa. Con il rischio che i sondaggi che danno addirittura l'enfant prodige del governo Valls siano fallaci come si sono dimostrati in Gran Bretagna con la Brexit e negli Usa con Trump.
Ma se fossero vere queste previsioni di voto, sarebbero interessanti sono diversi punti di vista: la prima è che di fatto il Partito socialista sparisce dalla mappa elettorale francese. D'accordo, il Psf con il suo simbolo e il candidato eletto nelle primarie Benoit Hamon (il Bernie Sanders francese) saranno presenti al primo turno, ma si fermeranno lì. E il paradosso è che Hamon si presenta da socialista ma con idee molto radicali, tanto da avvicinarlo all'estrema sinistra, a France insoumise, di Jean Luc Melenchon. Il che significa che il socialismo europeo, con qualche venatura blairista, il socialista del Pd italiano o del partito laburista britannico prima di Corbyn sono definitivamente tramontati o archiviati, in Francia almeno. Ma i dati, se confermati, mostrano che esiste una idea alternativa, di sinistra, decisa a chiedere e pretendere un'altra Europa, che ha un peso crescente: se, in base ai dati, Hamon e Melenchon raggiungessero (nonostante le differenze, sul piano economico in particolare) qualche intesa, si piazzerebbero subito alle spalle del Front National, 25 contro il 26% e batterebbero Macron con il suo 23% e il fiaccato Fillon con un suo 20%. A quel punto anche i gollisti più convinti riuscirebbero a non votare questi candidati per fermare l'ondata nera? Cosa farebbero loro e Macron, si appellerebbero ai militanti chiedendo loro di restare a casa, mentre la Le Pen vince? Difficile crederlo, anche perché Hamon avrebbe motivi e possibilità per ottenere un appoggio dai liberaldemocratici senza cedere loro sul versante del liberismo più accentuato. Anche perché, come analizza il Sole 24 Ore, con un trionfo dell'estrema destra la catastrofe economica - e non solo per la Francia - potrebbe essere servita in tempi brevi.
Il guaio è che la società francese si ripartisce non più in due, e neppure in tre partiti ma può arrivare a cinque indirizzi con un 15-20 percento ciascuno, fetta troppo esigua per pensare che se anche si vincesse, si potrebbe governare con una piena legittimità e autorevolezza. Così alla fine con Macron (per affinità e traduzione pratica dei principi), o con la Le Pen (dietro le quinte) o con la sinistra socialista (con il ricatto dei mercati e delle istituzioni totalizzanti Ue) il risultato sarebbe lo stesso: a governare sarebbero le elite finanziarie. Alla faccia del concetto di democrazia occidentale, come lo conoscevamo.
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