E l'analisi più seria e completa ci dice che per dire che in Italia c'è ripresa e stiamo uscendo dalla crisi ce ne vuole ancora, a dispetto delle dichiarazioni del ministro del tesoro Padoan che da tecnico fa un po' troppo il suo dovere di politico e poco , appunto, quello del tecnico.
Una premessa brevissima: ad ascoltare il coro talvolta unitario o quasi di politici nostrani e giornali dalla crisi abbiamo cominciato a uscire più o meno qualche anno dopo il 2008, ci si affida a qualche 0 virgola per gridare che "siamo sulla via giusta", ma poi la realtà ce l'abbiamo sotto gli occhi e se qualche posto di lavoro spunta fuori - ma è inevitabile, anche nel 2007-2008 le assunzioni non sono mancate - vediamo che è sempre più, o in parte preponderante, occasionale, precario, a tempo determinato e che i guadagni sono diminuiti.
Un dato che sfugge è quello messo in risalto dall'ufficio studi dela Cgia di Mestre la quale osserva che...
... sebbene l’ultima rilevazione dell’Istat abbia messo in evidenza che gli occupati a luglio di quest’anno, pari a poco più di 23 milioni di unità, sono tornati allo stesso livello del 2008, il monte ore lavorate, invece, è diminuito di oltre 1,1 miliardi (-5 per cento). Nei primi 6 mesi del 2008, infatti, i lavoratori italiani erano stati in fabbrica o in ufficio per un totale di 22,8 miliardi di ore, nei primi 2 trimestri di quest’anno, invece, lo stock è sceso a 21,7.Lo studio spiega che, "se a parità di occupati sono diminuite le ore lavorate, rispetto al 2008 i lavoratori a tempo pieno sono scesi e, viceversa, sono aumentati quelli a tempo parziale (contratti a termine, part time involontario, lavoro intermittente, somministrazione, etc.). Difatti, se nel 2008 i dipendenti full time erano l’86 per cento del totale, 8 anni dopo si sono abbassati all’81 per cento. Quelli a tempo parziale, invece, sono saliti dal 14 al 19 per cento del totale".
2008, dipendenti a tempo pieno: 86%
2016, dipendenti a tempo pieno: 81%
2008, dipendenti a tempo parziale: 14%
2016, dipendenti a tempo parziale: 19%
Prevale la prudenza. Per non dire delusione
Del resto l'osservatorio dell'Inps sul precariato, riportando i dati del primo semestre 2017 registra che se il saldo fra assunzioni e cessazioni annualizzato a giugno segna sì un + 548 mila e risulta in crescita da inizio anno, il dato scorporato del +548 mila riporta un +50 mila di contratti di apprendistato, + 22 mila di contratti a tempo indeterminato e ben 477 mila contratti a tempo determinato compresi i stagionali che, fra l'altro, quest'anno dovrebbero godere della buona stagione del turismo. Analiazzando ancora i numeri, l'Inps ci dice che le assunzioni trascinano, ma anche le cessazioni sono in aumento e in particolare sul lavoro a tempo determinato. Il che significa che i tanti sbandierati aumenti dell'occupazione se tali sono sono soprattutto per lavoratori a tempo, lavoratori che un anno dopo sono spesso perdono il posto. "A crescere - dice l'Inps - sono soprattutto le cessazioni di rapporti a termine (+24%) mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato risultano stabili (+0,2%)".
Complessivamente le assunzioni, riferite ai soli datori di lavoro privati, nei mesi di gennaio-giugno 2017 sono risultate 3.547.000, in aumento del 19,4% rispetto a gennaio-giugno 2016. Il maggior contributo è dato dalle assunzioni a tempo determinato (+27,0%) e dall’apprendistato (+27,3%) mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-3,8%: questo calo rispetto al 2016 è interamente imputabile alle assunzioni a part time). (Fonte: Inps)I numeri sono questi, il fallimento delle riforme sul lavoro sono sotto gli occhi di tutti. La ripresa - o meglio i venti di ripresa - sono in gran parte frutto della ripresa internazionale (quindi il nostro export ne ha beneficiato in gran parte), i segnali sui consumi interni godono dell'eccezionale stagione turistica. Il resto sono solo una manciata di lavori precari in più, pagati poco e sempre meno.
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