allora mente di sicuro. Cerca soldi e successo gratis, anzi peggio, è al servizio dell'opposizione per mettere in difficoltà un uomo fuori dagli schemi, colui che ha spezzato il fronte pluridecennale del conservatorismo rigoroso, un po' gretto e provinciale.
Eppure sta accadendo e la battaglia di #MeToo ora rischia di diventare una contesa politica al cui confronto il caso Weinstein potrebbe essere stata solo un sit-com.
Ad aprire il nuovo, imbarazzante capitolo - se si confermerà tale - è stato il Washington Post che in uno scoop ha rivelato della denuncia di una donna che lavorò nello staff elettorale di Trump nel 2016, denuncia in cui la donna - Alva Johnson - accusa proprio Trump di aver cercato di baciarla mentre usciva dal camper dell'organizzazione a Tampa il 24 agosto di quell'anno. Lei si sarebbe voltata in tempo e l'approccio è così fallito. La Casa Bianca naturalmente nega, ma i parenti della donna confermano. Trump deve affrontare già una mezza dozzina di cause da parte di altrettante donne che l'accusano, per gli anni ante presidenza, di averle molestate.
La vicenda è appena agli inizi e tutt'altroi che chiara e acclarata, ma arriva in un momento particolarmente delicato per il presidente che rischia di non poter più imporre, attraverso i suoi tweet e le sue prese di posizione imprevedibili, la sua agenda al Paese e soprattutto al mondo politico statunitense. Trump ora si trova con la Camera in mano ai Democratici pronti ad alzare le barricate su ciascuna uscita o presa di posizione (l'ultima è la contestazione dello stato d'emergenza invocato per avere i 5 mld e passa necessari a costruire il Muro anti immigrati al confine con il Messico), il rapporto Mueller che potrebbe arrivare a giorni o nel giro di qualche settimana de il moltiplicarsi di accuse, anche di ex collaboratori, nei suoi confronti per i motivi più diversi.
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