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Bugie al potere

Michael Cohen

Si guardava ad Hanoi, invece era meglio puntare lo sguardo su Washington. Si guardava ad Hanoi invece era meglio osservare che due potenze nucleari come India e Pakistan si sono sfidate con aerei e truppe e sono arrivate a un passo da una guerra. Si guardava al Venezuela, invece è meglio dare un'occhiata a come i russi si muovono nel mondo per inquinare le campagne elettorali dell'Occidente cercando di spostare le preferenze a persone e partiti a loro vicini.
Non è stata una giornata come le altre questa del 27 febbraio e quelli che dovevano, o potevano essere gli argomenti principali del dibattito politico-strategico internazionale, sono finiti surclassati e oscurati dalla testimonianza dell'ex avvocato di Donald Trump, Michael Cohen davanti al comitato di sorveglianza della Camera dei deputati. 
Un fiume in piena, un atto d'accusa devastante (The Washington Post)nei confronti del presidente americano, un castello di reati o presunti tali dai quali Trump farà molta, molta fatica a tarsi fuori, anche al di là delle considerazioni sulla piena attendibilità - è stato condannato a tre anni, ma ora con queste rivelazioni non potrà contare su alcun beneficio, anzi finirà ancora più nei guai per aver mentito in precedenza al Congresso - di questo che è stato il suo avvocato preferito fino a un anno fa e allora definito senza problemi "una brava persona". 

Sostanzialmente Cohen ha portato gli argomenti che proverebbero come Trump abbia mentito e mentito ancora, in più occasioni, al Congresso, agli americani, al mondo intero, di come fosse parte integrante delle mosse per screditare gli avversari e per di più usando o avendo contatti continui con fonti e agenti russi, di come abbia cercato di deviare od ostacolare le indagini a suo carico, di come abbia mentito sui suoi affari e abbia cercato di raggirare le leggi fiscali.
In particolare Cohen - che non ha mancato di definire il presidente un razzista e un truffatore - ha detto - e solo questo, se provato, potrebbe essere letale -che Trump era a conoscenza in anticipo che WikiLeaks avrebbe pubblicato le mail che avrebbero messo in difficoltà Hillary Clinton, all'epoca suo avversario nella corsa alla Casa Bianca. Ecco un paio di passaggi particolarmente pesanti della testimonianza di Cohen:

“He is a racist. He is a con man. He is a cheat. He was a presidential candidate who knew that Roger Stone was talking with Julian Assange about a WikiLeaks drop of Democratic National Committee emails.” (Washington Post)
“Mr. Stone told Mr. Trump that he had just gotten off the phone with Julian Assange and that Mr. Assange told Mr. Stone that, within a couple of days, there would be a massive dump of emails that would damage Hillary Clinton’s campaign.” Stone added, “Mr. Trump responded by stating to the effect of ‘wouldn’t that be great.’” (Washington Post)

Ma l'ex avvocato di Trump è andato al di là: ha prodotto copia dell'assegno versatogli dallo stesso Trump, pari a 35 mila dollari, per cominciare a risarcirlo dei 130 mila dollari versati da un conto personale a Stormy Daniels, uso scorretto e illegale di fondi durante la campagna elettorale.
Stormy Daniels
la pornostar che ebbe una relazione con il futuro presidente. Cohen ha spiegato che ha pagato la pornostar per convincerla a tacere sulla storia avuta con il tycoon. Il fatto che il versamento sia avvenuto in campagna elettorale potrebbe essere usato adesso dagli investigatori sull'

I documenti di Cohen (The New York Times)

Il quadro tracciato da Cohen è deprimente ed esplosivo al tempo stesso: delinea una serie di mosse del presidente per mentire e far mentire i suoi collaboratori e legali davanti a tutti, comprese soprattutto le autorità federali incaricate di investigare e il super procuratore Robert S. Mueller IIII che indaga sul Russiagate.
A tal proposito, secondo la testimonianza di Cohen, Trump avrebbe mentito anche sulla Tower Trump da costruire a Mosca: il futuro presidente avrebbe seguito e diretto la trattativa con i russi mentre era in campagna elettorale, anche in questo caso contraddicendo le sue dichiarazioni espresse fin qui. In sostanza il suo coinvolgimento con le autorità russe e con Putin in particolare, sarebbe stato evidente fin da prima di vincere alle urne.
Secondo Max Boot del Washington Post siamo in presenza di almeno quattro reati, pesanti e imbarazzanti per un presidente in carica. A questi, sempre secondo il WaPo, se ne potrebbero aggiungere altri legati a trucchi ed espedienti per sfuggire al fisco o comunque dichiarare meno.
Cosa accadrà ora non è facile dirlo: gli uomini più vicini all'amministrazione e i Rep hanno smentito tutto e definito, com'era fin troppo facile prevedere, Cohen un bugiardo, dimenticando avverte sempre il WaPo, le 8.718 bugie espresse finora da Trump dall'inizio del suo mandato. Ma il presidente non ha parlato (POLITICO)
finora e ciò conferma il momento di estrema difficoltà a cui la macchina della propaganda della casa Bianca e la Fox cercano di mettere una pezza esaltando la missione con Kim Song Un.
Cosa può accadere ora? La situazione, invece di chiarirsi si è ulteriormente ingarbugliata. Ma non a favore di Trump. Se tutte le dichiarazioni di Cohen fossero vere e accolte come tali, per il presidente ne uscirebbero una serie di problemi legati ai possibili reati commessi. Resta tuttavia da capire quanto spazio ci può essere nel considerare processabile e quindi colpevole e condannabile un presidente in carica. Difficile però che stavolta Trump se la possa cavare con qualche tweet e con un attacco frontale a Cohen e anche la strategia legale potrebbe rivelarsi controproducente. Se non altro perché la difesa non ha del tutto chiara la situazione di quali e quanti argomenti gli investigatori, scatenati sulle diverse piste che portano a Trump e ai suoi affari "sporchi" con i russi, con i soldi durante la campagna presidenziale, con il suo stesso patrimonio, con i tentativi di deviare o influenzare il corso della giustizia,  quali e quanti argomenti, si diceva, gli inquirenti hanno in mano. Lo stesso Cohen ha lasciato trasparire che il materiale potrebbe essere ben maggiore di quello finora emerso.
In ogni caso questo capitolo di certo rafforza il quadro accusatorio che il super procuratore Robert S. Mueller III sta per chiudere e pubblicare. E anche questo non depone a favore del presidente.
Poi v'è il capitolo politico: potrebbero bastare queste e le altre accuse, compreso il prossimo rapporto sul Russiagate, a spingere i Dem alla Camera ad avviare una procedura di impeachment  con il rischio, che se  non si riuscisse a portarlo in porto, che si possa rivelare un boomerang anche dal punto di vista mediatico. Per ora quindi si può essere certi di una sola cosa: Trump è sotto tiro, spinto  un po' di più verso l'angolo, di sicuro più debole. Ma così anche più pericoloso.

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