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Sulla pelle dei più deboli



L'Italia sfida la Ue sul bilancio, con una manovra in deficit, ampio, l'1,6 più di quanto si era impegnato il governo precedente. Una quarantina di mld in pratica, con il solo miraggio di una crescita dell'1,5% da raggiungere rispetto allo smilzo +1 di quest'anno e con la prospettiva, unanime, che la ripresa mondiale rallenta e che le previsioni di crescita per l'Italia saranno in ogni caso - anche prima della manovra - inferiori all1%.
Il governo di Roma va avanti, congro tutti e contro tutto, Anche e soprattutto contro la logica, lamentando un complotto globale contro di noi, e senza alcuna considerazione del fatto che a puntare il dito sulle debolezze della manovra sono organismi indipendenti (l'Ufficio parlamentare per il bilancio), la Bce, ma anche chi non interesse a giocare contro l'Italia, tipo le agenzie di rating, e soprattutto molti, tanti, tanti economisti e uffici studi di diverse tendenze. Gente che con i numeri non ci gioca ma ci lavora e li sa usare e analizzare.
Eppure il governo - con buona pace dei tremori del ministro Tria - va avanti a testa bassa, insultando chiunque uomo o istituzione avanza critiche. Eppure lo sanno anche i nuovi azionisti dell'esecutivo che con lo spread  stabile oltre quota 300 - dopo essere partito da 130 o giù di lì - la sola spesa per gli interessi si mangia una fetta dei soldi disponibili sulla base del deficit aumentato. Per ora si parla di circa 7 mld, ma la bolletta è destinata a salire, forse addirittura a impennarsi. Al punto da costringere le banche - che da poco sono state alle prese con uno stress test ancora più rigido del passato - a ricapitalizzare, cedere nuovi asset, stringere il credito per famiglie e imprese (torna insomma il credit crunch che comunque non se ne era mai andato del tutto e di conseguenza rendersi facilmente scalabili dall'estero. Un bel risultato, non c'è da dire, per un governo populista che vede come il fumo negli occhi la cosiddetta "perdita di sovranità".
Nulla sembra indurre il nuovo governo a fermarsi  e a rivedere i capisaldi più costosi della manovra. Non servono i richiami sugli effetti (non solo per l'Italia) della Brexit, poi le tensioni internazionali, i dazi di Trump, la crisi politica del vecchio Continente, il voto di maggio 2019, i richiami di Draghi e la fine del QE della Bce. Il presidente di quest'ultima, in particolare, ha detto giovedì che
"Finanziare i deficit non è nel nostro mandato" abbiamo l'Omt come strumento specifico, per il resto siamo in un regime di dominanza monetaria" (Mario Draghi, Le Repubblica)
Come spiega sempre Repubblica, il riferimento è "all'Outright Monetary Transactions, il cosiddetto scudo anti spread lanciato nel 2012, che permette alla Bce acquisti sul mercato di titoli di Stato a breve termine di un Paese, a patto però della firma da parte del governo di una serie di impegni". Se così fosse per l'Italia non ci sarebbero altre vie di fuga a una condizione alla greca, anche se in questo modo non ci sarebbe neppure bisogno della Troika vera e propria.
L'interrogativo è dunque sul vero obbiettivo di Salvini e Di Maio. Sanno bene, e con loro il nuovo ministro ombra Paolo Savona (oggi al Dipartimento per gli Affari europei), che a quota over 300 e con le bocciature ripetute del bilancio, non si andrà molto lontano e la pressione sarà impossibile da sostenere. A Roma si parla di un Piano B, negato da tutti ma di fatto esistente nella storia recente dei maggiori esponenti. E di quello di Paolo Savona . Ma non sarà facile farlo digerire allo stesso a Bruxelles che, a giudicare dai tempi - è decisa ad andare avanti con la procedura d'infrazione. Intanto i due leader si preparano da un lato a sostenersi a vicenda, dall'altro a prendersi a schiaffoni in giro per l'Italia.
Siamo sul filo, Giovanni Tria potrebbe decidere all'improvviso di mollare, il rating delle agenzie farà il resto e lo spread darà il colpo mortale. Ma Salvini e Di Maio sono decisi a prendersi intere fette del Paese, tra elettori e territori, per finire poi tra loro due la sfida finale. Alle Europee e non solo. Perché il leader di ciò che resta del Carroccio punta a fare piazza pulita attorno a se e nelle vicinanze, a spese del M5S suo alleato a Roma, e di Forza Italia ormai vicina all'estinzione. Magari cercherà di sfrattare la Raggi (molto probabilmente condannata al processo per le nomine in Campidoglio) innescando una crisi politica che potrebbe aprire le porte alla vittoria del centrodestra egemonizzato da Salvini. A quel punto anche l'" europeismo" di Berlusconi sarebbe riassorbito dalle logiche del potere.Sempre senza soldi, però. 

  



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