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Il ciclone. Prossimo venturo e italiano


Sarà colpa del complotto globale o del solito Soros, anche Bilderberg porterà la sua responsabilità, saremo di fronte a una trama del capitalismo estremo, ultraliberista, globalista, magari anche demoplutogiudaico.
Però il Def italiano non piace quasi a nessuno, eccezion fatta per il governo gialloverde, anche se non in maniera così compatta come si vuol far credere.
Per avere un'idea di ciò che si sta muovendo basterà leggere un articolo del New York Times, testata molto letta nel mondo, fra le élite ma non solo, affidabile e dotata di alta credibilità, articolo che debutta con un poco incoraggiante titolo "Perché l'Italia potrebbe essere l'epicentro della prossima crisi finanziaria".
Nel pezzo non si svelano segreti particolari, non vi sono studi più approfonditi di quanto non si legge tutti i giorni sulla stampa italiana, anche i dati sono un paio e non di più. Però il duo Salvini-Di Maio (non parliamo del premier evanescente e del ministro Tria ormai di fatto emarginato e commissariato) farebbe bene - al netto dell'adesione al piano Bannon di fuoriuscita da Ue e soprattutto dall'euro - a scendere dall'albero dell'orgoglio e tirarsi fuori dalla nebbia dell'ebbrezza governativa e comprendere che la sfida collettiva lanciata a mercati, Ue, finanza mondiale è destinata a vederli sconfitti. Anche senza onore.
L'Italia, terza economia del Vecchio Continente, l'11% del Pil, 10 volte più grande della Grecia però potrebbe essere, inconsciamente almeno per il suo governo, l'innesco alla crisi globale he sta solo aspettando l'occasione per manifestarsi. Come da tempo dicono sempre più economisti, a cominciare da Roubini, preoccupati per  l'indebitamento da bancarotta dei Paesi emergenti, Argentina e Pakistan primi fra tutti, la crisi della lira turca, le guerre commerciali di Trump, la Brexit, le tensioni mediorientali e il rallentamento globale della crescita.
L?Italia ha sprecato gli anni post Lehman senza riuscire a crescere in maniera adeguata, a tagliare il debito insieme alle tasse e alla corruzione e ora, con l'ombrello del QE della Bce ormai al traguardo, potrebbe non riuscire a reagire. Anche perché con le banche sempre più anello debole,
"... in contrast to the financial crisis that began in 2008, central banks may not be able to come to the rescue this time, said Richard Portes, a professor of economics at London Business School. They used up much of their crisis fighting tools coping with the last meltdown. “It would be very difficult for Mario Draghi to think of another way to get out of the mess,” Mr. Portes said, referring to the president of the European Central Bank".
Il confronto e le accuse alla Ue, alla sua burocrazia ma anche alle istituzioni terze italiane, (Bankitalia, Ufficio parlamentare del bilancio) e perfino alla stampa non sono gradite agli investitori internazionali che ora aspettano, mentre lo spread va sopra quota 300 e il rendimento dei Btp decennale  è raddoppiato rispetto a settembre (3,7% ma nel 2011 raggiunse il 7%), il giudizio negativo delle agenzie di rating (Fitch si è in parte già espressa, e in modo negativo) per scatenare l'offensiva e mettere in salvo i capitali investiti rinunciando a scommettere sull'Italia e spostando il denaro verso gli Usa ormai con tassi concorrenziali che stanno drenando i flussi di mezzo mondo. Ecco perché un quadro del genere peserebbe, grazie alle perdite sui titoli del debito italiano detenuto dalle banche nazionali, sugli istituti e i loro bilanci che dovrebbero stringere di nuovo la borsa del credito. Il che genererebbe nuova crisi e quindi minori entrate in una dinamica perversa. Senza più, però, gli strumenti del 2008. Ecco perché anche all'estero si trema per l'Italia e il possibile effetto contagio.
E ci si prepara al peggio. Intanto dagli investimenti finanziari detenuti da soggetti esteri sono spariti 100 mld da maggio ad ora.

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