La caduta dell'Angela rischia di fare male, molto male a tutti, noi compresi che ci culliamo nella speranze revansciste e illusorie di mister #sonoilpiubravo Matteo Renzi.
Il danno più evidente del caso Volkswagen è la credibilità tedesca e su questo non ci piove: tutti i commentatori sono d'accordo, senza differenze fra conservatori e sinistra. La Germania maestra di virtù e di sicurezza, di controlli e probità crolla sotto la banalità di un trucco che, secondo l'immaginario teutonico, sarebbe dovuto appartenere solo a Paesi come l'Italia o la Grecia.
Ma non finisce qui: perché è tutta l'industria dell'auto a finire sul banco dei sospettati e probabilmente le sorprese non sono finite perché anche gli altri costruttori europei tremano. E se ciò si rivelasse vero potrebbe essere una catastrofe finanziaria per i gruppi, ma anche un bene -forse - per i consumatori perché oltre ad avere mezzi più efficienti e controllati, potrebbe essere la volta buona che l'auto elettrica si sviluppa senza i freni del profitto a tutti i costi, anche contro il progresso tecnologico e mentale.
Sul piano dell'economia poi piove sul bagnato: Il Fmi ha ridotto le stime di crescita per la stgessa Germania sia per il 2015 che per il prossimo anno, in conseguenza dei rischi dei Paesi emergenti - tutti in frenata e quindi meno bisognosi dei prodotti made in Berlino - e della bolla cinese. C'è poi il guaio migranti dopo l'apertura "umanitario-economica" della Merkel, subito ridimensionata viste le proporzioni dell'assalto, e ora l'attacco del ministro dell'Interno proprio alla cancelliera.
E visto che le agenzie di rating stanno rivedendo al ribasso il giudizio anche per la proba e durissima nel difendere l'austerità, Finlandia, non è che il modello che Berlino sta imponendo a tutta l'Europa comincia a mostrarsi per ciò che è: ovvero un fallimento di politiche cieche e più in generali di quelli liberiste che hanno fatto breccia fin troppo nel cuore e nella testa delle socialdemocrazie.
Il danno più evidente del caso Volkswagen è la credibilità tedesca e su questo non ci piove: tutti i commentatori sono d'accordo, senza differenze fra conservatori e sinistra. La Germania maestra di virtù e di sicurezza, di controlli e probità crolla sotto la banalità di un trucco che, secondo l'immaginario teutonico, sarebbe dovuto appartenere solo a Paesi come l'Italia o la Grecia.
Ma non finisce qui: perché è tutta l'industria dell'auto a finire sul banco dei sospettati e probabilmente le sorprese non sono finite perché anche gli altri costruttori europei tremano. E se ciò si rivelasse vero potrebbe essere una catastrofe finanziaria per i gruppi, ma anche un bene -forse - per i consumatori perché oltre ad avere mezzi più efficienti e controllati, potrebbe essere la volta buona che l'auto elettrica si sviluppa senza i freni del profitto a tutti i costi, anche contro il progresso tecnologico e mentale.
Sul piano dell'economia poi piove sul bagnato: Il Fmi ha ridotto le stime di crescita per la stgessa Germania sia per il 2015 che per il prossimo anno, in conseguenza dei rischi dei Paesi emergenti - tutti in frenata e quindi meno bisognosi dei prodotti made in Berlino - e della bolla cinese. C'è poi il guaio migranti dopo l'apertura "umanitario-economica" della Merkel, subito ridimensionata viste le proporzioni dell'assalto, e ora l'attacco del ministro dell'Interno proprio alla cancelliera.
E visto che le agenzie di rating stanno rivedendo al ribasso il giudizio anche per la proba e durissima nel difendere l'austerità, Finlandia, non è che il modello che Berlino sta imponendo a tutta l'Europa comincia a mostrarsi per ciò che è: ovvero un fallimento di politiche cieche e più in generali di quelli liberiste che hanno fatto breccia fin troppo nel cuore e nella testa delle socialdemocrazie.
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