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broccati di Villa d’Este ma dalla platea di Cernobbio arrivano preoccupazioni, pensieri foschi, quando
va bene perplessità.
Un elemento che domina, sotto traccia ma neppure troppo, nei conciliaboli come
nelle sale riservate, alla prima giornata del Forum The European House Ambrosetti a Cernobbio. Un
sentimento tradotto nel telefono sulle sfide globali e sui fattori d’instabilità che preoccupano
maggiormente. La risposta della quasi totalità (92%) è sul voto europeo del prossimo anno nella sua
declinazione sulla stabilità dell’ Unione Europea. Ma a provocare altri mal di testa forti sono le
conseguenze del protezionismo commerciale americano (83,6%) seguito con il 76% dall’impatto
della tecnologia sulla democrazia. E per quanto riguarda l’Italia il 48% teme molto un’esplosione di
una crisi del debito. Il 45% degli imprenditori ha qualche pensiero per il controllo delle frontiere per la questione dei migranti, un po' meno per la possibile egemonia economica cinese (28,6%), di più per l'eventuale crisi della stessa, mentre le tensioni Usa-Iran sono lontane, appena il 17% ha paura di ricadute sull'economia mondiale.
Il clima però è diverso da altre volte, lo hanno detto in molti. Meno certezze del solito, tanti punti fermi del passato tornano in discussione, l'Europa ad esempio. La possibile volata populista del voto 2019 fa tremare i polsi al mondo delle imprese, della finanza, dell'economia riunito sulla rive del lago di Como. "Ma non per partito preso - spiega un imprenditore che conosce bene l'aria che tira all'Ambrosetti di fine estate - è che non si capisce bene qual è il disegno che ha una persona, senz'altro intelligente, come Salvini. Il nazionalismo di piccoli Paesi chiusi in se stessi e determinati a rilanciare i consumi interni? Può darsi, ma poi, chi è il padrino di questa operazione che comunque porterebbe a una spaccatura dell'Europa come la conosciamo? Vorrebbe dire che finiremmo inevitabilmente in un'orbita russa e di Visegrad lasciando da parte Francia e Germania? Magari con Mosca che potrebbe fare da garante al nostro debito pubblico? C'è da non dormirci la notte!"
Una visione, questa espressa, che trova con accenti e sensibilità diverse - in tanti annotano che comunque questa Europa non si è comportata molto bene (vedi Emma Marcegaglia)e non solo verso il fenomeno dell'immigrazione, e va riformata anche in profondità - , molti concordi i quali sottolineano che oltretutto ci arriveremmo con un'Italia che continua a essere ultima in Europa nei fondamentali, un'Italia che non ha saputo - se non per un po' di debito tenuto sotto controllo - approfittare degli anni della minima ripresa giunta da oltreoceano e dalle economie trascinanti del Vecchio Continente e adesso rischia di trovarsi sguarnita di fronte al prossimo stop. Un evento che potrebbe non essere molto lontano, se si ascolta il quadro delineato da Nouriel Roubini in sala: Roubini, che comunque sconta il suo permanente pessimismo, parte dall'America di Trump e dà tempo fino al 2020 - un soffio, poco più di un anno - quando si esaurirà l'onda lunga prima dell'era Obama (l'ottimo stato di salute delle aziende Usa è cominciato da ben prima di Trump) e delle politiche di sgravi, in particolare per i ricchi, avviate quest'anno e si evidenzierà in tutta la sua devastante potenza, l'esplosione del debito pubblico. Sostiene Roubini che vede in tutto questo un concatenarsi di possibili eventi negativi attraverso la saldatura con un'Europa debole come non mai e che per fronteggiare il "fascino" putiniano stavolta non potrebbe contare neppure sulla tradizionale e storica alleanza/sostegno americano.
Con tutto questo si spiegano anche la prudenza e i dubbi del parterre cernobbiese nelle speranze sulle performance delle aziende: pochi incrementi rispetto al passato, anzi arretramenti o giudizi stabili rispetto agli anni scorsi. La burrasca, insomma è dietro l'angolo, se ne intravede l'ombra e fa paura. Cernobbio per ora attende. Inquieta.
L'apertura di De Molli
La giornata
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