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Non far finta di essere sani


L'aspettativa di vita si alza sempre più, si vive ( e meglio) più a lungo grazie all'evoluzione, alle condizioni della nostra vita e soprattutto ai successi della medicina. Però tutto questo ha un prezzo, spesso molto alto. per le tasche dei governi e ora, con maggiore frequenza, per quelle dei cittadini.
Anche perché allungare la vita e guarire le malattie più gravi e pervasive servono ricerche, investimenti monstre e anni e anni di applicazione e sperimentazione. Operazioni dalle quali naturalmente Big Pharma vuole un rientro, un ritorno come qualsiasi grande struttura industriale  multinazionale pretende.
Ma ci sono altri dati che adesso parlano. Quelli che dimostrano come investire, da parte di uno Stato, sulla sanità aiuta, fa vivere più a lungo.

Qui l'analisi

Tratto da http://www.infodata.ilsole24ore.com



Ma in Italia le cose sembrano andare in tutt'altro verso. In Italia si taglia la spesa sanitaria ormai da anni e l'introduzione di ticket e superticket potrebbe spingere molta gente - anzi sta contribuendo a spingere - a rinunciare alle cure. (Leggere http://www.lavoce.info/archives/46950/quel-super-ticket-limita-diritto-alla-salute ). 
Ma torniamo alla spesa sanitaria. Negli ultimi anni all'incremento della spesa pubblica non ha contribuito all'esborso sanitario. Come si sottolinea ne lavoce.info "tra il 2013 e il 2015 la spesa è stata stabilizzata al 6,8 per cento del Pil, inferiore al 7 per cento che rappresentava il target del governo di qualche anno fa". 
"Le risorse costituiscono un punto chiave nel rapporto dialettico tra Stato e regioni: le slide di Renzi dicono che i denari sono aumentati da 106,4 miliardi di euro agli attuali 111. Ma il finanziamento del Ssn era 106,9 miliardi nel 2011, sale a 108 nel 2012 per ridursi in termini nominali di circa 1 miliardo, da 108 a 107, nel 2013. Per il triennio successivo 2014-2016, nella versione originaria del patto si parla di 109 miliardi di euro per il 2014, 112 per il 2015 e 115 per il 2016; ma si dice anche che i soldi a disposizione del sistema sanitario nazionale possono cambiare per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e per le variazioni del quadro macroeconomico. Le modifiche sono puntualmente arrivate, nonostante il barometro del Pil abbia offerto nel frattempo timidi segnali di miglioramento. La nuova, sofferta, intesa del luglio 2015 riporta il finanziamento per quell’anno da 112 a 109 miliardi e ridetermina il finanziamento 2016 a 113 miliardi. Il governo, però, ci ripensa ancora e con l’ultima legge di stabilità fissa, per il momento, il finanziamento 2016 a 111 miliardi di euro, di cui 800 milioni vincolati all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (aggiornamento per il quale era stata predisposta una bozza di Dpcm nel febbraio 2015 che è poi scomparsa dai radar). Tenendo conto di tutte le revisioni cumulate nel tempo (e delle previsioni di crescita), il finanziamento del Ssn è destinato a ridursi abbondantemente sotto il 7 per cento del Pil" (lavoce.info)
Va chiarito che mettere le mani nella spesa sanitaria era necessario come è necessario e fondamentale arrivare ad annullare gli sprechi e la corruzione che per decenni hanno - e forse stanno ancora - drenando risorse imponenti da quelli che potrebbero essere investimenti, quelli appunto di cui parliamo e che sono necessari.  
Dice giustamente Gilberto Turati su lavoce.info

"La revisione della spesa è sacrosanta, va continuata e deve essere un meccanismo normale di gestione della cosa pubblica, non qualcosa di straordinario.Investire vuol dire migliorare la rete dei servizi, sia dal lato degli ospedali (che richiedono di essere rinnovati), sia dal lato del territorio (per realizzare quella famosa integrazione con i servizi ospedalieri che ancora manca). Investire vuol dire garantire davvero a tutti i Lea (livelli essenziali di assistenza): non basta dire che ne abbiamo introdotti di nuovi se qualche regione non è ancora in grado di assicurare i vecchi. Investire vuol dire fare chiarezza sulla direzione di marcia circa il ruolo di stato e regioni, mettendo sul piatto le risorse proprie che le regioni possono attivare senza dover attendere le sentenze della Corte costituzionale. Investire vuol dire pensare seriamente a come rispondere alla spesa crescente per i farmaci innovativi. Tutte questioni che non vengono toccate dal recente Def, il Documento di economia e finanza".


Il problema è che non s'investe, ma si fa solo mantenimento. Ovvero si continua come fra il 2013 e il 2016 in cui le risorse sono state aumentate di 3 mld, ma in rapporto al pil la spesa sanitaria è scesa al 6,7 per cento. Anche se nel contempo, Def dixit, la spesa per i farmaci è volata a +8%, complici le nuove molecole innovative e immesse sul mercato italiano - a rimborso del Ssn - a prezzi spesso stratosferici. La centralizzazione degli acquisti in casa Consip ha portato a risparmi, mentre la fissazione dei prezzi a cura dell'Anticorruzione e i tetti di acquisti di dispositivi medici spesso s'infrange sulle diverse e opache politiche di contenimento della spesa in sede regionale. 
Ma se si spende per i farmaci (mentre si riduce del 2% la spesa per la farmaceutica convenzionata) , si risparmia su personale, turnover, perfino sui budget del'assistenza di base. Il governo prevede di aumentare un miliardo all'anno la dotazione, ma rispetto al Pil nel 2020 si arriverà al 6,4%, ben al di sotto della media Ue e soprattutto degli altri Paesi dell'Europa continentale. 
E ciò, parlando della salute dei cittadini, è un delitto. 

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