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Presidenziali Usa 2016 - Sesso, bugie e sondaggi

Ci siamo. Era prevedibile che la sorpresa di ottobre, tante volte evocata e poreannunciata, alla fine sarebbe apparsa. La maggior parte dei media Usa pensava che si sarebbero scoperto le abbastanza evidenti (agli analisti più che ai refrattari investigatori federali) "russian connections" di Donald Trump e che si sarebbero trasformate nel colpo di grazia per il più impresentabile degli aspiranti presidenti americani degli ultimi decenni, se non di sempre.

Invece è andata come andata: è bastato l'annuncio dell'Fbi di voler dare un'occhiata a fondo nelle mail dell'assistente di Hillary Clinton, Huma Abedin, chiamata in causa nello scandalo sessuale del marito, Anthony Weiner, per far sì che nel pubblico sia passato il sospetto che anche in quelle mail ce ne sia qualcuna riferibile all'ex Segretario di Stato e soprattutto che vi emergano informazioni riservate che dovrebbero passare solo sula posta elettronica ufficiale del governo. Insomma l'Fbi, anzi il suo capo già simpatizzante repubblicano, James Comey, ipotizza che anche con la mail della sua assistente, la Clinton sia caduta nell'errore - o nella pratica censurabile - che le ha già provocato qualche guaio nei mesi scorsi. Anche se poi non sono stati accertati reati.
Così Trump ha ricominciato a volare, dopo essere finito per settimane prostrato sotto il peso dei dibattiti andati male, delle rivelazioni sui suoi punti deboli - sesso e tasse - e della sua inaffidabilità globale, a cominciare dalle psizioninin materia economica e in politica estera.
Tutti parlano di sorpasso. Ma è così?
Non proprio, i sondaggi sono molti, complicati e bisogna leggerli insieme e insieme ponderarli. Ecco una panoramica attendibile di mercoledì 3 novembre secondo RealClearPolitics:


Il quadro come si vede è più articolato e il presunto sorpasso è tutto da vedere perché allo stato, nell'insieme, si vede solo una maggiore incertezza in alcuni Stati e la riduzione del vantaggio Clinton in altri. Non bisogna dimenticare però che in America non vale il voto nazionale globale, ma la conquista dei delegati Stato per Stato. E in questo la Clinton resta molto avanti rispetto a Trump, perfino nella cruciale Florida mentre il solo Ohio (molto bianco, ex operaio e ex classe media decimati dalla crisi) Trump appare in grado di effettuare un recupero vincente. Nel resto degli Stati chiave la Clinton resiste e ha ancora una massa di soldi da spendere che neppure Trump può permettersi.
Date un'occhiata qui per vedere su quanti delegati la Clinton può già contare e quanti Trump:


In grigio sono indicati tutti gli Stati dove la distanza è o dovrebbe essere minima o bassa, gli Stati attribuiti a uno o all'altro sono considerati ormai certi. Su questa base alla Clinton per raggiungere quota 270 bastano 44 delegati, al suo avversario 90 su 132: arduo che Trump abbia questa capacità in pochi giorni. Ma non impossibile. 
Ma qui abbiamo anche la mappa più pessimistica (per la Clinton)


Da notare he la cartina dà tutti gli Stati in bilico a Trump ma nelle previsioni in basso solo il Maine passerebbe al candidato del Gop. Però anche nelle peggiori previsioni la Clinton la spunterebbe per 273 a 265, abbastanza per vincere ma forse non per non vedere due Americhe. 
La tendenza che si registra poi dà uno spostamento degli indecisi più verso Trump e un recupero dei Repubblicani che non volevano andare a votare il miliardario mentre chi non vuole più votare il liberale Johnson si divide fra i due. Ma anche questo non basta per Trump.
Non va dimenticato però anche un altro fatto, non trascurabile: negli Usa si vota da settimane, all'estero pure e la Clinton potrebbe già contare su voti raccolti nel momento di suo massimo fulgore e con trend favorevole. In più sta mobilitando immigrati latini, afro-americani e donne tutti fieri avversari del tycoon. E questo fattore, soprattutto per la prima comunità, potrebbe darle il vantaggio in Stati altrimenti moderati come la Florida, ad esempio, il North Carolina o il Nevada. 
Ecco perché la strada di Trump, lasciando da parte i mercati e l'ultimo, accorato o disperato appello di noti economisti e premi Nobel, resta comunque in salita. Come conferma anche la splendida newsletter di Francesco Costa del Post:

"Trump sta facendo fatica anche solo a vincere negli stati vinti da Romney, che comunque le elezioni le perse: oggi la sua posizione è piuttosto fragile in North Carolina e persino in stati tradizionalmente Repubblicani come lo Utah (grazie al voto di protesta), il Texas e l'Arizona. Se Trump riuscisse comunque a vincere dovunque vinse Romney nel 2012, cosa che per larga parte di questa campagna elettorale è stata molto improbabile, arriverebbe a 206 delegati: gliene mancherebbero ancora 64. Aggiungendo alla colonna di Trump delle eventuali vittorie in Ohio, Florida, Iowa e Nevada, gli stati in bilico in cui ha le maggiori possibilità, il totale dei delegati farebbe 265: comunque non abbastanza per vincere"
Anche il "mago" Nate Silver alla rimonta vincente non ci crede molto, pur attribuendo Florida e Ohio in misura prevalente a Trump:



Resta un dubbio, tuttavia, in queste elezioni che rischiano di essere le più pazze, imprevedibili e cariche di conseguenze pesanti della storia americana: i giochi sono effettivamente fatti?

Intanto se volete leggere qualcosa, andate qui oppure qui o per le possibili conseguenze del "mailgate" è interessante questo parere e anche questo








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