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Jobs, effetti collaterali

"Ci sono state letture dei dati sui licenziamenti un po' affrettate - ha spiegato il presidente dell'Inps Tito Boeri - il tasso di licenziamento è in calo". Bontà sua, del resto Boeri fa il suo lavoro e non può premere sull'acceleratore
delle critiche al governo essendo abbastanza inviso al premier per la sua indipendenza e il suo parlare chiaro su pensioni e prestazioni sociali e anche un po' sul mercato del lavoro. Ma il dato è incontrovertibile: nei primi nove mesi del 2016 si sono registrati 53.636 licenziamenti disciplinari con un incremento del 28% rispetto allo stesso periodo del 2015.

"Ci sono state letture dei dati sui licenziamenti un po' affrettate  il tasso di licenziamento è in calo" (Boeri)

Boeri si affida al trend, importante certo, ma non di sicuro decisivo. Nei primi nove mesi del 2016 la probabilità  di essere licenziati è stata nel complesso del 4,1%, con una limatura verso il basso rispetto ai primi nove mesi del 2015 (4,2%) e anche sul 2014 quando il tasso era del 4,4% in calo rispetto al 4,2% dei primi 9 mesi del 2015 (4,4% nel 2014). Nei primi tre trimestri di quest'anno, i licenziamenti sono stati 448.544 licenziamenti su un totale di 10.873.449 rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti a inizio 2016.

Il particolare che Boeri forse dimentica di citare è che in precedenza le procedure di licenziamento erano occultate dal tempo determinato (quindi più facili) o da altre tipologie di lavoro che consentivano di espellere manodopera senza che questo risultasse ai fini statistici per motivi disciplinari o altro. L'altro fattore è che dal 2014 i rapporti a tempo determinato sono cresciuti grazie agli incentivi triennali, quindi il picco lo si raggiungerà alla scadenza, appunto, dei tre anni.

“I dati dell’Inps sull’occupazione, che censiscono assunzioni e licenziamenti nelle varie tipologie di lavoro (a tempo indeterminato e a termine), evidenziano un calo preoccupante delle assunzioni stabili e una crescita ulteriore dei voucher” (Cesare Damiano)
Ma al di là di questo il dato effettivo è quel 28% in più rispetto a un anno prima e la traduzione è una sola: è la conseguenza dell'abolizione dell'articolo 18 e la sostituzione con il contratto a tutele crescenti e l'abolizione della sanzione del reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto per gli assunto dopo l'approvazione della nuova legge. Le cifre relative alle aziende con più di 15 dipendenti sono ancora più esemplificative: secondo l'Inps  i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo sono passati da 17.236 a 22.865 con un aumento del 32,6%. E qui c'è un aumento anche  rispetto ai  15.871 dei primi nove mesi del 2014. Con buona pace delle letture affrettate invocate da Boeri per il quale le cifre sono dovute soprattutto alle difficoltà nell'utilizzo del procedimento delle dimissioni on line.

In compenso Boeri (ma soprattutto il governo) si consola con il saldo a settembre di +459 mila unità a tempo indeterminato. Peccato che in questo numero vi sono sì le assunzioni nuove ma soprattutto le trasformazioni senza contare l'esplosione dei voucher, saliti da gennaio ad agosto del 35,9% rispetto allo stesso periodo del 2015, qualcosa come 96,6 milioni. Infatti la stessa Inps però rivela che le assunzioni stanno crollando: fra gennaio e settembre, riferite a un anno prima siamo al 7,7% in meno e per quelle a tempo indeterminato siamo a -32,3% con un incremento dell'apprendistato + 20,8% e 3,4% di quelle a termine: insomma finito il metadone governativo non si assume. E si licenzia di più. Proprio una bel biglietto da visita per un governo di centrosinistra ormai raccolto attorno alle slide farlocche del suo premier.

Ecco la tabella de Il Sole 24 ore su dati Inps.


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