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Usa 2016 - Philadelphia party

Doveva essere una festa (un party?) e, forse alla fine, lo è stata. Ma prima è stata una tosta convention di partito (sempre party?). Hillary Clinton è stata incoronata candidata, la prima donna a correre sul serio per la Casa Bianca. A dire la verità
prima di lei ce ne sono state molte altre, addirittura 36 , la prima delle quali nel 1872, con Victoria Woodhull fu la candidata dell'Equal Rights Party.I maggiori voti - 468 mila 907 - li ha ottenuti Jill Stein, candidata nel 2012 per i Verdi e di un certo rilievo è stata anche la corsa Lenora Fulani, del partito di sinistra New Alliance nel 1988 e nel 1992.Ma, come abbiamo sottolineato sottolineando "la prima donna a correre sul serio" la Clinton è la prima che ha serie possibilità di essere elette, le precedenti furono più che altro candidature di rappresentanza.
Tuttavia su questa novità/possibilità  Hillary ha puntato molto e lo stesso continuerà a fare in campagna elettorale, considerando anche l'accento sessista del suo antagonista che rischia di alienargli molte simpatie dell'elettorato femminile. Su questo aspetto la Clinton ha insistito molto anche nel discorso di accettazione della candidatura: "Abbiamo rotto il soffitto di cristallo, da oggi ogni bambina avrà la possibilità di diventare presidente". Tuttavia di cosa vorrà fare, cosa proporrà a questa America sfiancata e dubbiosa sul suo futuro, avremo modo di parlare in seguito. Per ora diamo un'occhiata a come è andata la convention  in attesa dell'intervento di Obama.

La star

Prima e forse più della candidata stessa, a vincere l'assise è stata a giudizio unanime, Michelle Obama. A suo agio fin troppo per una che addetto ai lavori non è, la first lady ha dosato saggiamente l'influenza del fattore F (femmina) nell'agone politico pescando in famiglia(il futuro delle figlie) con il richiamo alla conquista dei diritti  - da quelli degli afroamericni 
"Mi sveglio ogni mattina in una casa che è stata costruita da schiavi, guardo le mie figlie, due giovani ragazze, belle, intelligenti, nere, che giocano nel prato della Casa Bianca con i loro cani"
a quelli civili in senso completo - e alla loro difesa di cui Hillary si è sempre mostrata una tenace assertrice. Un discorso forte, capace di catalizzare la convention  non solo, per allargarsi alla platea nazionale tanto da far dire a più di un osservatore che Michelle Obama si prepara un domani da leader, magari partendo da una candidatura al Senato. Se così fosse dopo la dinastia Clinton, il futuro potrebbe promettere una dinastia Obama, figlie comprese.


Il senatore dal grande passato davanti a sè

Tra i vincitori, confermando esperienza e acume politico, va annoverato Bernie Sanders, il maturo senatore del Vermont acerrimo avversario di Hillary fino all'all'ultimo, giunto a un passo dalla sfida finale davanti al congresso. Ha rischiato molto, Sanders: il suo popolo il primo giorno della Dnc, ha contestato molto il suo appoggio all'ex segretario di Stato 
"La priorità assoluta è sconfiggere Donald Trump eleggendo Hillary Clinton e Tim Kaine"
fino al punto da mettere a repentaglio l'unità del partito. Da politico di razza però il socialista alla fine quando , con un colpo di teatro, ha bloccato le votazioni sollecitando l'investitura per acclamazione (tra l'altro in tal modo ha riportato tutti i riflettori su di se), è riuscito a ricompattare il suo popolo spiegando e facendo capire, anche attraverso le parole della stessa Hillary, cosa ha strappato. Molto, moltissimo, spostando a sinistra la Clinton  tanto che Federico Rampini ha annotato che a Philadelphia è stato dato l'addio al "billclintonismo": in pratica ha fatto promettere   a Hillary che - fra le tante cose - nominerà un giudice costituzionale pronto a pronunciarsi contro la sentenza Citizen United del 2010 che consente finanziamenti illimitati per le campagne elettorali e assentire  al ritorno della legge Glass-Steagall, abrogata guarda caso dal neoliberismo di Bill Clinton, che stabiliva la separazione fra banche di risparmio e deposito e quelle d'investimento, una situazione all'origine della crisi del 2007-2008. 
E' stata la zampata di Sanders e non sarà l'ultima, perché il senatore avrebbe anche concordato un appoggio per uomini a lui vicini da portare al Congresso. La rivoluzione di Bernie insomma continuerà, Hillary volente o no. 

"Billclintonismo" anni 90 da archiviare dunque. Ma lui no. Anzi. Bill Clinton è stato un altro dei vincitori di questa convention. "Tutta la storia di mia moglie fa di lei una fantastica, infaticabile, potente lavoratrice per il cambiamento. Credetemi. E' una vita che la conosco" ha detto con il tono che l'America non ha mai dimenticato e ha amato, quello del Grande Comunicatore.
E ancora una volta il popolo democratico si è inginocchiato all'aspirante "first husband"che, c'è da giurarci, sarà il principale consigliere pronto e capace di dare una mano alla moglie, se ne avrà bisogno, a districarsi fra le trappole di Washington e quelle di un mondo diventato più pericoloso e complesso.
E gli sconfitti? Pochi e non di primissimo piano, anche secondo il Washington Post. 
Elisabeth Warren, la combattiva, radicale senatrice del Massachusettes, ha perso la partita per la poltrona di vice - andata al grigio e fin troppo tranquillo Tim Kaine , senatore della Virginia, stato in bilico - anche se avrebbe potuto assicurare alla Clinton i voti di chi vuole un cambiamento forte (e magari è disposto anche a votare Trump). 
E poi la presidente del Dnc, Debbie Wasserman Schultz travolta dallo scandalo delle mail interne al partito dalle quali sono emerse le manovre per danneggiare Bernie Sanders (e anche il "perdono" su questo versante il senatore l'ha fatto pesare, eccome) e qualche altro.

E, in attesa di Obama, ecco qualche retroscena della convention dem

E qualche sondaggio

Sulla campagna presidenziale Usa, leggere qui:

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