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Economia, ciò che non si vuol vedere

La Banca dei regolamenti internazionali ha paura, una nuova esplosione di una qualche "bolla" potrebbe essere dietro l'angolo. La Bri non è solita lanciare allarmi senza basi, ma stavolta l'istituzione retta da Claudio Borio nel suo rapporto trimestrale, vede piuttosto scuro l'orizzonte temporale dell'economia mondiale. E non è la sola fonte a vedere in negativo molti indici.

Se non siamo alla vigilia della Lehman Brothers poco ci manca.
"Quelli che vediamo potrebbero non essere fulmini isolati, ma i segnali di una tempesta vicina, che
si sta preparando da molto tempo" sostiene il Rapporto. che arriva quasi alla vigilia delle nuove decisioni - o piuttosto indicazioni - della Bce sulle misure di stimolo e sostegno che potrebbero portare a un nuovo taglio ai tassi d'interesse sui depositi.
Il problema è che per la Bri questa politica comincia ad mostrare la corda, se non altro perché i risultati attesi - la ripresa dell'inflazione su tutti - non sono arrivati. Infatti per la Bri i tassi negativi, sembrano aver funzionato nei paesi che li hanno introdotti ma l'istituto sottolinea come vi "sia una grande incertezza sul comportamento di privati e istituzioni se i tassi dovessero ulteriormente scendere in territorio negativo o se dovessero restare negativi a lungo".
Per la Banca dei regolamenti calo della produttività, aumento del debito e margini di intervento sempre più ristretti potrebbero essere gli ingredienti esplosivi capaci di fare detonare una nuova crisi.
    "Malgrado condizioni monetarie eccezionalmente espansive, la crescita nelle giurisdizioni più importanti è stata deludente e l'inflazione è rimasta bassa. Gli operatori di mercato ne hanno
preso atto e la loro fiducia nei poteri curativi delle banche centrali - forse per la prima volta - vacilla. Anche i policymaker farebbero bene a prenderne atto".
Determinante per questa visione negativa è il crescere del debito che dalla crisi finanziaria del 2007-08 a livello mondiale è ancora aumentato in rapporto al Pil. Infatti  a "fronte di un calo prolungato della crescita della produttività, aggravato dalla crisi, i livelli globali di indebitamento hanno continuato a salire e i margini di intervento delle politiche sono diventati sempre più
stretti".
 

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