Sembrava tutto scontato, o quasi, in casa Democratica: Hillary Clinton naturalmente, sembrava destinata a una rapida e trionfale cavalcata alle primarie del suo partito. Del resto chi avrebbe potuto contestare la sua leadership, la sua storia - ex first lady di uno dei presidenti più amati (caso Monica Lewinsky a parte) e icona degli anni felici
dell'America recente, più a "sinistra" di lui, riferimento inevitabili per il mondo femminile e femminista -, la sua organizzazione, finanziatori compresi?
E invece... sulla sua strada si è ritrovata un senatore ultrasettantenne del Vermont (non proprio uno Stato leader negli States) che in nome della lotta alle diseguaglianze con un piglio e un taglio socialdemocratico ed europeo, è riuscito a farsi seguire dai giovani soprattutto (il popolo di Occupy) e dalle donne e, ora, forse anche da una parte della ex classe operaia e dell'ex ceto medio. Tutti a dire (e a scrivere) non ce la farà mai, nell'America del 2016 non può certo trovare spazio un candidato "socialista" (un'eresia fino alla scorsa campagna in quanto negli States socialismo equivale a comunismo, a Urss e a tutto il resto): in effetti Bernie Sanders non potrà competere fino in fondo con la corazzata Clinton, ma il fatto che abbia resistito così tanto fino a prendersi - dopo il New Hampshire e il Colorado - quattro stati su 11 nel Supermartedì e ora, a sorpresa, il "pesante" Michigan considerato feudo di Hillary, rende molto più complicata la partita dell'ex Segretario di Stato la quale per vincere a novembre non potrà permettersi di perdere l'elettorato del senatore. Con tutto ciò che questo significa.
Qualche timore allora in campo Democratico, terrore in campo avverso, quello Repubblicano. Donald Trum non recede nonostante la potenza di fuoco alzata dal suo partito, il Gop: la gente, non solo gli iscritti al partito lo votano
dell'America recente, più a "sinistra" di lui, riferimento inevitabili per il mondo femminile e femminista -, la sua organizzazione, finanziatori compresi?
E invece... sulla sua strada si è ritrovata un senatore ultrasettantenne del Vermont (non proprio uno Stato leader negli States) che in nome della lotta alle diseguaglianze con un piglio e un taglio socialdemocratico ed europeo, è riuscito a farsi seguire dai giovani soprattutto (il popolo di Occupy) e dalle donne e, ora, forse anche da una parte della ex classe operaia e dell'ex ceto medio. Tutti a dire (e a scrivere) non ce la farà mai, nell'America del 2016 non può certo trovare spazio un candidato "socialista" (un'eresia fino alla scorsa campagna in quanto negli States socialismo equivale a comunismo, a Urss e a tutto il resto): in effetti Bernie Sanders non potrà competere fino in fondo con la corazzata Clinton, ma il fatto che abbia resistito così tanto fino a prendersi - dopo il New Hampshire e il Colorado - quattro stati su 11 nel Supermartedì e ora, a sorpresa, il "pesante" Michigan considerato feudo di Hillary, rende molto più complicata la partita dell'ex Segretario di Stato la quale per vincere a novembre non potrà permettersi di perdere l'elettorato del senatore. Con tutto ciò che questo significa.
Qualche timore allora in campo Democratico, terrore in campo avverso, quello Repubblicano. Donald Trum non recede nonostante la potenza di fuoco alzata dal suo partito, il Gop: la gente, non solo gli iscritti al partito lo votano
ma la sua cavalcata non sembra avere avversari. Dopo il 36.5 del Michigan, i suoi avversari restano Cruz, il moderato Kasich mentre Marco Rubio, che spera nella sua Florida (ma i sondaggi del potentissimo Nate Silver danno al miliardario il 79% di chance di farcela anche qui), stato che dà una dote consistente di delegati, sembra di fatto tagliato fuori. E Trump non si modera, il politically incorrect viene ostentato, non solo con il rimpatrio di milioni di stranieri, musulmani e messicani in particolare, muri vari e superpotenza americana sul mondo. Sa che il cittadino comune colpito dalla crisi, impoverito, è attratto da chi attacca l'establishment. e ne approfitta. Il Gop comincia a fare i conti con una campagna aspra come non mai guidata da Trump e con il mondo moderato in fuga dalle sue parole e dalle sue promesse. E a dimostrazione di come i vertici diano ormai per persa la battaglia , emergono le strategie repubblicane per mantenere il controllo del Congresso e in sostanza limitare la più che probabile, in questo scenario, affermazione della Clinton o rendere la vita vieppiù difficile a un eventuale e imprevedibile Trump presidente. Un Trump che da fenomeno diventa una miniera d'oro per i mass media e moltiplica le ricerche e le interpretazioni sui motivi del suo successo. Ecco qui, ad esempio, un'analisi dei cinque punti perché il miliardario antisistema (quello del suo partito e di Washington) ha vinto in New Hampshire, punti che si possono ripetere anche per il voto negli altri Stati
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