Sette a quattro per Hillary su Sanders. All'ex segretario di Stato sono andati la Virginia ( 95 delegati), la Georgia (102 delegati), l'Alabama (53 delegati), l'Arkansas (32 delegati), il pesantissimo Texas (con ben 222 delegati), il considerevole Massachusetts (91 delegati) e il Tennessee (67 delegati). In tutti la candidata democratica ha staccato
di molti punti il suo avversario che però si è rifatto nel suo Vermont (che però assegna solo16 delegati), l'Oklahoma (38 delegati), il Colorado (66 delegati) e il Minnesota (77 delegati). Anche se le percentuali della Clinton sono state considerevoli, il fatto che Sanders abbia prevalso in quattro stati non segna affatto la sua disfatta. Anche se i numeri però sembrano condannarlo: Hillary Clinton infatti finora ha raccolto 527 delegati contro i 333 del socialista Sanders. Tutti o quasi i commentatori ormai danno per scontato che l'ex first lady otterrà la nomination, ma resta - pesante come un macigno - la performance dell'anziano senatore del Vermont che ha saputo catalizzare il voto giovane e di chi ha una, inedita per gli States, visione socialdemocratica europea di quello che dovrebbe essere il governo democratico. Sanders paga la sua scarsa penetrazione nel voto afro-americano e nero e anche in quello ispanico che si fida di più dell'establishment democratico che da sempre ha protetto e aiutato queste minoranze facendole destinatarie di provvedimenti e leggi che ora consentono il voto di ringraziamento. Sanders non ha una struttura e un consolidato potere di lobbing che possa portarlo verso questi gruppi, in particolare verso gli strati medi e alti. La sua opportunità sarebbe quella di poter mobilitare le fasce meno abbienti di queste minoranze, ma proprio per la loro condizioni queste schiere, ampiamente rappresentate nei ghetti e nelle periferie delle città più grandi, non vanno a votare alle primarie o ai caucus, non si registrano, vanno a ingrossare l'esercito degli astenuti. Il fatto però che Sanders abbia prevalso in Oklahoma, nel Colorado e in Minnesota però deve far riflettere Hillary: il senatore infatti ha raccoltoconsensi fra i giovani, fra gli strati più avanzati e acculturati, nelle nuove professioni, fra i Millennials e nelle fasce operaie e medie più colpite dalla crisi e arrabbiate con la Wall Street progressista che sostiene (anche e soprattutto con consistenti finanziamenti) la Clinton.In campo repubblicano il gioco è al tempo stesso più semplice ma anche più confuso. Trump ha vinto in sette Stati, Ted Cruz in tre e Marco Rubio in uno solo. Con Trump sono andati la Georgia (76 delegati), l'Alabama (47 delegati), l'Arkansas (37 delegati), la Virginia (46 delegati), il Tennessee (58 delegati),il Vermont (16 delegati) e il Massachusetts (39 delegati). Ted Cruz ce l'ha fatta, ma non ha stravinto, nel suo Texas (pesante in quanto e numero di delegati, 155), in Alaska (25 delegati) e in Oklahoma (40 delegati). Marco Rubio invece si è dovuto accontentare del piccolo Minnesota (38 delegati). Trump su tutti dunque, l'integralista Cruz cerca di resistere ma fra poco dovrà gettare la spugna e anche Rubio probabilmente alla prossima tornata in Kansas, Kentucky, Louisiana e Maine. Anche se il passaggio decisivo lo si avrà a metà marzo con il voto in Florida, Ohio, Missouri e North Carolina. A quel punto Trump che ha solo 274 delegati contro i 149 e 82 rispettivamente di Rubio e Cruz, potrà fare il balzo decisivo anche perché l'assegnazione avverrà su base maggioritaria. E il Partito Repubblicano in profonda crisi, dovrà a malincuore rassegnarsi a sostenerlo, cercando di smussare i punti più estremi e impresentabili del suo programma, dai muri con il Messico all'espulsione di massa dei musulmani e via dicendo. Sapendo benissimo che, anche se il miliardario non è una Sarah Palin ma avendo dalla sua una platea più motivata e vasta della ex candidata alla vicepresidenza in quota al tea Party, il risultato finale per lui non potrà essere molto diverso: la sconfitta l'8 novembre. Interessante per capire quanto l'affermazione al voto nazionale sia complicata per Trump e quali sono le zone d'incertezza di Hillary Clinton vedere questo articolo di Politico che ragiona attorno a cinque numeri decisivi.
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