Ormai siamo oltre la beffa, siamo all'offesa vera e propria. L''ultima versione sulla morte del ricercatore italiano Giulio Regeni da parte del regine di Al Sisi farebbe ridere se non riguardasse un fatti tragico e non desse le dimensioni di cosa è oggi l'Egitto.
Siamo all'offesa vera e propria perché dà il senso di come un generale al soldo occidentale - e che si regge e soprattutto è arrivato al potere proprio grazie ai soldi americani ed europei - consideri l'Italia e un po' tutti noi che sappiamo come democrazia e diritti sino altra cosa.
Senza entrare nel dettaglio (basta guardare qui) dell'ennesima offesa all'intelligenza degli italiani, degli amici e parenti di Giulio Regeni e anche della polizia e magistrati, ciò che fa più indignare a questo punto è l'atteggiamento delle autorità e del governo italiani. Qualche telefonata, "roboanti", per un attimo, dichiarazioni sulla pretesa di verità, riaffermazioni "muscolari"di non accettazione di ricostruzioni che non siano reali, ma niente di più. A due mesi dalla scomparsa e dalla morte, dopo una settimana, del giovane ricercatore non basta più fare finta di fidarsi del regime del Cairo. Serve ben altro, come dicevamo fin dal 9 febbraio: richiamo dell'ambasciatore almeno per "consultazioni", blocco dei contratti in atto con l'Egitto, congelamento delle relazioni culturali-scientifiche e d'affari, avvertimento ai turisti a no recarsi in in Egitto, avvio di sanzioni specifiche. Il tutto in un crescendo ben calibrato rispetto alla volontà o meno del Cairo di collaborare sul serio, anzi - diciamolo chiaro - di consegnare "manu militari" i responsabili dell'omicidio. Fossero essi anche agenti delle forze di sicurezza.
Non è difficile pretenderlo, se si vuole. Amnesty international suggerisce la strada delle "armi" dell'Onu ma Renzi e Gentiloni non riescono neppure a muoversi su questo piano moderato. E dal popolo italiano sale un hashtag #iononcidredo che dovrebbe essere più che un avvertimento per nostro governo. Un hashtag che farebbe presto ad essere appiccicato subito al governo Renzi.
Siamo all'offesa vera e propria perché dà il senso di come un generale al soldo occidentale - e che si regge e soprattutto è arrivato al potere proprio grazie ai soldi americani ed europei - consideri l'Italia e un po' tutti noi che sappiamo come democrazia e diritti sino altra cosa.
Senza entrare nel dettaglio (basta guardare qui) dell'ennesima offesa all'intelligenza degli italiani, degli amici e parenti di Giulio Regeni e anche della polizia e magistrati, ciò che fa più indignare a questo punto è l'atteggiamento delle autorità e del governo italiani. Qualche telefonata, "roboanti", per un attimo, dichiarazioni sulla pretesa di verità, riaffermazioni "muscolari"di non accettazione di ricostruzioni che non siano reali, ma niente di più. A due mesi dalla scomparsa e dalla morte, dopo una settimana, del giovane ricercatore non basta più fare finta di fidarsi del regime del Cairo. Serve ben altro, come dicevamo fin dal 9 febbraio: richiamo dell'ambasciatore almeno per "consultazioni", blocco dei contratti in atto con l'Egitto, congelamento delle relazioni culturali-scientifiche e d'affari, avvertimento ai turisti a no recarsi in in Egitto, avvio di sanzioni specifiche. Il tutto in un crescendo ben calibrato rispetto alla volontà o meno del Cairo di collaborare sul serio, anzi - diciamolo chiaro - di consegnare "manu militari" i responsabili dell'omicidio. Fossero essi anche agenti delle forze di sicurezza.
Non è difficile pretenderlo, se si vuole. Amnesty international suggerisce la strada delle "armi" dell'Onu ma Renzi e Gentiloni non riescono neppure a muoversi su questo piano moderato. E dal popolo italiano sale un hashtag #iononcidredo che dovrebbe essere più che un avvertimento per nostro governo. Un hashtag che farebbe presto ad essere appiccicato subito al governo Renzi.
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