Ma proprio perché non lo conosce alla fine il presidente Usa non ha trovato di meglio che fare l'istrione finendo per fare retromarcia su un'intera agenda elettorale e post che metteva la competizione commerciale appunto con la Cina al primo posto. Per portare, guarda caso, l'America al primo posto.
Ma è andata male, anche se non del tutto. Trump sembra non essersi conto di avere davanti un Xi Jinping uscito dal 19. congresso con l'aura dell'uomo che aprirà una "nuova era" - come ha detto - per il Paese ancora comunista. Il presidente usa sembra avere dimenticato tutte le dichiarazioni e le riserve sul rispetto dei diritti umani e sulla democrazia che in Cina non è certo benvenuta , anzi neppure accennata neppure nel confronto con i principi occidentali.
Alla fine, come dice il Washington Post , il viaggio non è andato poi così bene. Il comandante in capo ha detto che la Cina potrebbe risolvere il problema Corea e Kim Jong-un, che è un buon uomo amato dal suo popolo, che il deficit commerciale usa non è colpa della Cina e via dicendo. Al massimo ha prestato interesse per gli accordi pari a 250 milioni di dollari di affari con le aziende americane (ma si tratta più di desideri che patti concreti) ma gli è sfuggito un punto importante, forse il più rilevante: il fatto che la Cina ha aperto le porte alla partecipazione straniera, attraverso le joint venture, fino a controllare il 51% del capitale sociale di società finanziarie e banche. Un'apertura al mondo e agli investimenti stranieri evidentemente deciso da tempo, ma annunciato solo davanti a Trump, in base a una ben studiata strategia di comunicazione.
“China has planned for this for a very long time, and now is the right time to announce it because Trump is visiting," (Iris Pang, economist at ING Groep NV in Hong Kong).Ma nei suoi commenti il presidente americano sembra non avere colto per nulla il significato di questa svolta. Svolta importante anche se imprese e soprattutto banche a stelle strisce sono ancora piuttosto prudenti sul significato da dare all'annuncio e sui tempi di attuazione. Le resistenze e i dubbi restano.
Da questo suo viaggio fondamentale è comunque emersa l'inadeguatezza del presidente americano sul piano diplomatico. Accesso al mercato e banda larga, ad esempio sono due dei principali argomenti di discussione e possibile partnership fra le due potenze. Eppure non se ne è discusso se non in forma generale e questa è un'altra dimostrazione che le attese del viaggio sono andate in buona parte deluse, secondo gli analisti almeno.
E poi il presidente non è riuscito a nascondere il proprio approccio rozzo ai rapporti tra paesi quando, dopo aver abbandonato la Cina, al vertice Apec a Da nang (Vietnam) ha approfittato per rilanciare le parole d'ordine della sua campagna elettorale puntando il dito contro i Paesi che depredano l'economia americana facendo perdere posti e chiudere aziende. Un attacco a freddo, così diverso dai toni e dai contenuti dei giorni precedenti, che non ha mancato di stupire i capi di Stato e gli osservatori presenti.
"The speech was clearly, sometimes explicitly, focused on China and other countries he blamed for predatory economic policies, accusing them of having “stripped” jobs, factories and industries out of the United States" (The Guardian)
“We can no longer tolerate these chronic trade abuses and we will not tolerate them. Despite years of broken promises, we were told that someday soon everybody would behave fairly and responsibly. People in America and throughout the Indo-Pacific region have awaited that day to come but it never has and that is why I am here today”. (D. Trump)Ma Trump è solo incidentale nella strategia cinese (Cohen, New York Times)
In molti hanno visto nell'uscita di Trump un messaggio inviato al proprio elettorato e teso a giustificare il ritiro americano dal patto con i paesi asiatici, il Partnership Trans-Pacific promosso da Barack Obama come un modo per evitare il dominio cinese in Asia, il cui miglior risultato è stato quello di eliminare le tariffe e le barriere commerciali in un grande blocco di nazioni.
La debolezza di questa strategia americana è dimostrata dalla pronta replica del premier cinese Xi Jinping che, poco dopo, ha parlato usando termini che sono risultati miele per il resto del mondo che non vuole nuove frontiere e nuove sanzioni. Secondo The Guardian "Xi non ha risposto direttamente alla sfida di Trump sul commercio, ma ha cercato di dipingersi come campione di apertura economica, globalizzazione e lotta al cambiamento climatico, a differenza del presidente americano isolationista".
“Openness brings progress while self-seclusion leaves one behind … The road ahead will not be smooth but we will not give up on our dream.” (Xi Jinping)
Intanto l'economia cinese galoppa a un ritmo che, secondo diverse fonti, la porterà a superare quella americana entro il 2030.
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