I
l giro di vite a uso interno e internazionale. Ma rischia di scoperchiare un verminaio che potrebbe travolgere o compromettere anche i tentativi di riforme avviati con pugno di ferro dal principe ereditario Mohamed bin Salman, meglio conosciuto ormai con l'acronimo MBS.
Cosa accade
L'approfondimento
Gli arresti che hanno toccato in profondità gotha finanziario saudita tuttavia, al di là dei benefici aspetti interni auspicati dalla nuova direzione che sembra prendere il regno, tuttavia a distanza di settimana hanno cominciato a sollevare qualche preoccupazione in altri ambienti: ovvero nella grande finanza internazionale la quale, pur ben a conoscenza del livello di corruzione esistente, con molti degli arrestati ha sempre fatto e contava di fare buoni, anzi ottimi affari. In particola re ha suscitato sorpresa - e ora allarme - la velocità delle azioni avviate da MBS. In particolare l'arresto di Al Waleed bin Talal, multimiliardario conosciuto in tutto il mondo, ha di fatto messo una cappa di incertezza su molte operazioni che lo stesso principe aveva avviato con partner esteri, molti dei quali ad esempio erano estremamente interessati a investire sul progetto della nuova città nel deserto, un'operazione da 500 mld di dollari.
Come al solito la comunità degli affari è capace di chiudere gli occhi di fronte alla corruzione - alla fine è un problema interno di uno Stato, della sua etica, delle sue regole - ma esige che subito e in tempi stretti qualsiasi bufera politica o giudiziaria si ricomponga in un quadro di stabilità. Come ha ricordato al Financial Times un investitore estero il ritrovarsi con il Ritz Carlton un giorno super hotel da sogno e il giorno successivo una sorta di "prigione" seppur dorata, con tanti arrestati, è stato un choc non da poco.
Proprio in questa prospettiva di stabilità richiesta a gran voce, sempre secondo Ft, le autorità saudite starebbero trattando con i "reclusi" offrendo accordi e richieste di pagamenti in cambio della libertà. Addirittura, riferisce il quotidiano finanziario, lo Stato in alcuni casi vorrebbe far suo anche il 70% delle ricchezze degli accusati. Un modo, dicono altre fonti, che potrebbe essere una sorta di risarcimento per gli anni di petrolio a basso prezzo che hanno portato Riad a chiudere lo scorso anno con un deficit di 79 mld.
Per questo la mossa di MBS avrebbe un duplice effetto: da un lato rimpinguare le casse statali, dall'altro portare fuori l'economia nazionale dalla dipendenza dal greggio e privatizzare molte società statali. Il che, nelle intenzioni, dovrebbe aprire la strada a nuovi soggetti, legati al corso che avanza nella casa reale, e a molteplici investimenti che quindi potrebbero tornare e apprezzare il diverso clima che si stabilisce.
IL problema sono gli ostacoli del vecchio regime e degli avversari di MBS. Non per niente, nelle scorse settimane si sarebbe assistito a una ripresa in grande stile del flusso delle ricchezze personali verso la Svizzera, il maggiore movimento dal 2011 quando anche in Arabia spirarono i timori per i venti di rivolta delle piazze arabe. Le paure di chi si oppone a MBS è che l'epurazione si allarghi e che i privilegi avuti finora siano destinati a finire, o magari essere trasferiti ad altri e più giovani soggetti.
Il fattore Iran
Ma la vera partita di Riad è quella che si gioca con l'Iran, potenza regionale in ascesa soprattutto dopo l'apporto fondamentale dato alla sconfitta dell'Isis e alla sua pratica cancellazione in Iraq e ridotto ai minimi termini in Siria. Di fronte a questa espansione e all'aumentare dell'influenza sia in Iraq che in Libano con il movimento Hezbollah, anche la politica americana di Trump ha aumentato la moral suasion sull'Arabia Saudita, anche per trovare uno sbocco nelle alleanze in campo musulmano. In questo senso, mettendo più di un pietra sopra gli imbarazzanti e pericolosi legami della casa saudita con l'ala più radicale del movimento sunnita e quindi con il terrorismo jihadista, legami emersi già all'indomani dell' 11 settembre (15 dirottatori su 19 erano sauditi), Washington ha favorito l'ascesa del principe Mohamed bin Salman e non è escluso che, dietro la stretta anticorruzione con gli arresti di molti vip dai legami con la Casa reale, ci siano prove e documenti arrivati da oltre oceano. In cambio però, oltre alle commesse annunciate per 110 mld di dollari annunciate in occasione del viaggio del presidente americano, Riad ha accentuato la sua posizione di "nemico" di Teheran.
Prima rafforzando la sua presenza nello Yemen in rivolta (una guerra di cui nessuno parla, perché?),
quindi isolando di fatto il Qatar - troppo amico d'affari con l'Iran - quindi mettendo i piedi nel piatto libanese. In questa chiave va letto l'allarme lanciato sulla potenza di Hezbollah e sul corridoio che di fatto, con la vittoria sul Califfato, si è aperto fra l'Iran e il Libano, quindi accentuando la pressione sul presidente libanese Hariri affinché denunciasse un presunto piano per farlo fuori come suo padre, ospitando lo stesso esponente a Riad fino al punto da far sospettare che Bin Salman l'avesse quasi preso in "ostaggio" e provocando l'intervento francese.
Ma siamo solo al primo passo. MBS ha altre frecce al suo arco. E non sono solo riforme, più o meno radicali.
Cosa accade
L'approfondimento
Gli arresti che hanno toccato in profondità gotha finanziario saudita tuttavia, al di là dei benefici aspetti interni auspicati dalla nuova direzione che sembra prendere il regno, tuttavia a distanza di settimana hanno cominciato a sollevare qualche preoccupazione in altri ambienti: ovvero nella grande finanza internazionale la quale, pur ben a conoscenza del livello di corruzione esistente, con molti degli arrestati ha sempre fatto e contava di fare buoni, anzi ottimi affari. In particola re ha suscitato sorpresa - e ora allarme - la velocità delle azioni avviate da MBS. In particolare l'arresto di Al Waleed bin Talal, multimiliardario conosciuto in tutto il mondo, ha di fatto messo una cappa di incertezza su molte operazioni che lo stesso principe aveva avviato con partner esteri, molti dei quali ad esempio erano estremamente interessati a investire sul progetto della nuova città nel deserto, un'operazione da 500 mld di dollari.
Come al solito la comunità degli affari è capace di chiudere gli occhi di fronte alla corruzione - alla fine è un problema interno di uno Stato, della sua etica, delle sue regole - ma esige che subito e in tempi stretti qualsiasi bufera politica o giudiziaria si ricomponga in un quadro di stabilità. Come ha ricordato al Financial Times un investitore estero il ritrovarsi con il Ritz Carlton un giorno super hotel da sogno e il giorno successivo una sorta di "prigione" seppur dorata, con tanti arrestati, è stato un choc non da poco.
Proprio in questa prospettiva di stabilità richiesta a gran voce, sempre secondo Ft, le autorità saudite starebbero trattando con i "reclusi" offrendo accordi e richieste di pagamenti in cambio della libertà. Addirittura, riferisce il quotidiano finanziario, lo Stato in alcuni casi vorrebbe far suo anche il 70% delle ricchezze degli accusati. Un modo, dicono altre fonti, che potrebbe essere una sorta di risarcimento per gli anni di petrolio a basso prezzo che hanno portato Riad a chiudere lo scorso anno con un deficit di 79 mld.
Crude Oil Production for Saudi Arabia |
Breakeven Fiscal Oil Price for Saudi Arabia |
IL problema sono gli ostacoli del vecchio regime e degli avversari di MBS. Non per niente, nelle scorse settimane si sarebbe assistito a una ripresa in grande stile del flusso delle ricchezze personali verso la Svizzera, il maggiore movimento dal 2011 quando anche in Arabia spirarono i timori per i venti di rivolta delle piazze arabe. Le paure di chi si oppone a MBS è che l'epurazione si allarghi e che i privilegi avuti finora siano destinati a finire, o magari essere trasferiti ad altri e più giovani soggetti.
Il fattore Iran
Ma la vera partita di Riad è quella che si gioca con l'Iran, potenza regionale in ascesa soprattutto dopo l'apporto fondamentale dato alla sconfitta dell'Isis e alla sua pratica cancellazione in Iraq e ridotto ai minimi termini in Siria. Di fronte a questa espansione e all'aumentare dell'influenza sia in Iraq che in Libano con il movimento Hezbollah, anche la politica americana di Trump ha aumentato la moral suasion sull'Arabia Saudita, anche per trovare uno sbocco nelle alleanze in campo musulmano. In questo senso, mettendo più di un pietra sopra gli imbarazzanti e pericolosi legami della casa saudita con l'ala più radicale del movimento sunnita e quindi con il terrorismo jihadista, legami emersi già all'indomani dell' 11 settembre (15 dirottatori su 19 erano sauditi), Washington ha favorito l'ascesa del principe Mohamed bin Salman e non è escluso che, dietro la stretta anticorruzione con gli arresti di molti vip dai legami con la Casa reale, ci siano prove e documenti arrivati da oltre oceano. In cambio però, oltre alle commesse annunciate per 110 mld di dollari annunciate in occasione del viaggio del presidente americano, Riad ha accentuato la sua posizione di "nemico" di Teheran.
Prima rafforzando la sua presenza nello Yemen in rivolta (una guerra di cui nessuno parla, perché?),
Tratta da Limes |
Ma siamo solo al primo passo. MBS ha altre frecce al suo arco. E non sono solo riforme, più o meno radicali.
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