Una delle indicazioni più lucide e concrete, e rivoluzionarie verrebbe da dire rispetto al ragionamento della sinistra italiana e della radicale soprattutto, arriva da Mariana Mazzucato (vedi qui e anche qui) new entry del gruppo di economisti
che daranno una mano al leader laburista inglese Jeremy Corbyn ad elaborare (o riscoprire?) una teoria economica della sinistra che coniughi crescita e benessere con uguaglianza, giustizia sociale e welfare.
Ma l'apporto della prestigiosa economista, teorica dello Stato innovatore come motore di un diverso modello di sviluppo lontano dalle teorie liberiste, oggi può rappresentare un'occasione per le sinistra che vorrebbe - ma per ora non può, non ce la fa - rinascere in Italia. Se Il Manifesto continua a interrogarsi-riaffermare con il dottor Spock che "c'è vita a sinistra", la realtà si preoccupa di dimostrare che, a parte il sacrificio estremo di Maurizio Landini di tenere alta la torcia del mondo del lavoro e degli ultimi, della sinistra vera resta poco, tanti piccoli cumuli di partitini blateranti e autoreferenziali che s'illudono di esistere ancora solo perché l'Ansa riporta una loro dichiarazione.
Non è una questione da sottovalutare quella della rappresentanza, sociale prima che politica sugli scranni di istituzioni locali o nazionali. Sono anni ormai che, a parte la flebile e irrisoria presenza fisica e poco politica di Sel, la sinistra non parla all'Italia, non sa interpretare pancia e testa di questo Paese alla deriva. Un compito che, in questa assenza, si è assunto il Movimento Cinque Stelle, capace di grande mobilità mediatica pari almeno alla sua inconsistenza di prospettiva politico-programmatica.
L'unica possibilità che hanno le forze residue della sinistra sta nella Coalizione sociale ipotizzata da Landini che ha due grosse opportunità: quella di dare voce alla galassia - questa sì attiva, presente e capace di un disegno politico coerente - dei movimenti locali e cittadini,
dell'opposizione sociale che si erge tra luoghi di lavoro sempre più stretti e repressivi e le istanze di cittadini abbandonati da tutti e dei depredati di diritti e fonti di reddito, e quella di assumere la rappresentanza del sindacato finalmente soggetto politico, attivo nella sua espressione diretta sui luoghi di lavoro, attraverso organizzazioni autonome dalle centrali-centraliste d Cgil, Cisl e Uil.
Però in questo spiraglio occorre infilare la voce e la rappresentanza politica che possa assumere la valenza mediatica oggi richiesta, senza che questo possa essere visto come un cedimento individualista o leaderistico (la garanzia arriva dalle istanze rappresentate dalle espressioni di base), da una società che si muove sull'asse della comunicazione totale e digitale. Può essere Landini? Può esserlo, se vuole, ma il processo di designazione deve venire dall'investitura popolare in nome della coerenza del personaggio e della sua appartenenza alle istanze dell'opposizione sociale di base.
Ma non basta ancora: dalla Gran Bretagna arriva la lezione di Jeremy Corbyn, un uomo che nella pratica quotidiana ripropone lo schema dei movimenti di cui è espressione: quindi un rappresentante che sappia vivere come chi rappresenta, con un salario, con esigenze popolari, capace di muoversi in bici, di fare acquisti al mercato, di chiedere solo un rimborso di poche sterline in tanti anni da parlamentare. Un uomo e un politico coerente
e capace di un disegno politico e di un programma condiviso con i movimenti, con i lavoratori, con i precari e i disoccupati, con gli sfruttati a ogni livello e le donne in primo luogo con i nuovi proletari della (ex) classe media, con i giovani professionisti emarginati ed espulsi dalle caste, vittime dei nuovi conformismi e delle cosiddette "liberalizzazioni" costruite ad arte per salvare e difendere le corporazioni.
Ecco di questo ha bisogno la sinistra italiana, non di progetti velleitari e elitari come la lista Tsipras, di un uomo (o una donna, è sottinteso ma è meglio sottolinearlo, ndr) che sappia riprodurre un modello di vita e azione politica di questo tipo e come Corbyn sappia circondarsi dei migliori economisti e consiglieri dell'era digitale, capaci di aiutare a costruire una proposta di società 2.0, o meglio 3.0,
non più ancorata a proposte superate e sconfitte, ma ben costruito su politiche che dell'uguaglianza, la giustizia sociale, l'onestà, la libertà hanno fatto perno dell'agire.
che daranno una mano al leader laburista inglese Jeremy Corbyn ad elaborare (o riscoprire?) una teoria economica della sinistra che coniughi crescita e benessere con uguaglianza, giustizia sociale e welfare.
Ma l'apporto della prestigiosa economista, teorica dello Stato innovatore come motore di un diverso modello di sviluppo lontano dalle teorie liberiste, oggi può rappresentare un'occasione per le sinistra che vorrebbe - ma per ora non può, non ce la fa - rinascere in Italia. Se Il Manifesto continua a interrogarsi-riaffermare con il dottor Spock che "c'è vita a sinistra", la realtà si preoccupa di dimostrare che, a parte il sacrificio estremo di Maurizio Landini di tenere alta la torcia del mondo del lavoro e degli ultimi, della sinistra vera resta poco, tanti piccoli cumuli di partitini blateranti e autoreferenziali che s'illudono di esistere ancora solo perché l'Ansa riporta una loro dichiarazione.
Non è una questione da sottovalutare quella della rappresentanza, sociale prima che politica sugli scranni di istituzioni locali o nazionali. Sono anni ormai che, a parte la flebile e irrisoria presenza fisica e poco politica di Sel, la sinistra non parla all'Italia, non sa interpretare pancia e testa di questo Paese alla deriva. Un compito che, in questa assenza, si è assunto il Movimento Cinque Stelle, capace di grande mobilità mediatica pari almeno alla sua inconsistenza di prospettiva politico-programmatica.
L'unica possibilità che hanno le forze residue della sinistra sta nella Coalizione sociale ipotizzata da Landini che ha due grosse opportunità: quella di dare voce alla galassia - questa sì attiva, presente e capace di un disegno politico coerente - dei movimenti locali e cittadini,
dell'opposizione sociale che si erge tra luoghi di lavoro sempre più stretti e repressivi e le istanze di cittadini abbandonati da tutti e dei depredati di diritti e fonti di reddito, e quella di assumere la rappresentanza del sindacato finalmente soggetto politico, attivo nella sua espressione diretta sui luoghi di lavoro, attraverso organizzazioni autonome dalle centrali-centraliste d Cgil, Cisl e Uil.
Però in questo spiraglio occorre infilare la voce e la rappresentanza politica che possa assumere la valenza mediatica oggi richiesta, senza che questo possa essere visto come un cedimento individualista o leaderistico (la garanzia arriva dalle istanze rappresentate dalle espressioni di base), da una società che si muove sull'asse della comunicazione totale e digitale. Può essere Landini? Può esserlo, se vuole, ma il processo di designazione deve venire dall'investitura popolare in nome della coerenza del personaggio e della sua appartenenza alle istanze dell'opposizione sociale di base.
Ma non basta ancora: dalla Gran Bretagna arriva la lezione di Jeremy Corbyn, un uomo che nella pratica quotidiana ripropone lo schema dei movimenti di cui è espressione: quindi un rappresentante che sappia vivere come chi rappresenta, con un salario, con esigenze popolari, capace di muoversi in bici, di fare acquisti al mercato, di chiedere solo un rimborso di poche sterline in tanti anni da parlamentare. Un uomo e un politico coerente
e capace di un disegno politico e di un programma condiviso con i movimenti, con i lavoratori, con i precari e i disoccupati, con gli sfruttati a ogni livello e le donne in primo luogo con i nuovi proletari della (ex) classe media, con i giovani professionisti emarginati ed espulsi dalle caste, vittime dei nuovi conformismi e delle cosiddette "liberalizzazioni" costruite ad arte per salvare e difendere le corporazioni.
Ecco di questo ha bisogno la sinistra italiana, non di progetti velleitari e elitari come la lista Tsipras, di un uomo (o una donna, è sottinteso ma è meglio sottolinearlo, ndr) che sappia riprodurre un modello di vita e azione politica di questo tipo e come Corbyn sappia circondarsi dei migliori economisti e consiglieri dell'era digitale, capaci di aiutare a costruire una proposta di società 2.0, o meglio 3.0,
“Poichè ci viene detto che lo stato è spendaccione e un regolatore che si intromette troppo, e non un investitore chiave in beni e servizi preziosi, diventa più facile eliminargli il ritorno per i suoi investimenti. Il rischio viene socializzato, le ricompense privatizzate. Non solo viene distrutto ogni ritorno sugli investimenti pubblici, ma vengono così distrutte istituzioni costruite in molti decenni, erodendo così l’idea di un servizio pubblico distinto da un profitto privato” (M. Mazzucato)
non più ancorata a proposte superate e sconfitte, ma ben costruito su politiche che dell'uguaglianza, la giustizia sociale, l'onestà, la libertà hanno fatto perno dell'agire.
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