E dopo il cibo, o l'idea dello stesso, venne la vacuità. Non importa sapere, nemmeno vedere, è sufficiente e importante solo esserci.
Le cronache la dicono lunga sulle code di questi giorni e anche la satira di Crozza non risparmia il final countdown della kermesse milanese.
Complice la tamburellante propaganda pare proprio che il punto non sia di andare all'Expo, cercare di capire qualcosa di più sl cibo e sul come è possibile sfamare il pianeta (per riprendere lo slogan), ma di vederlo da vicino, entrarci e bighellonare, insomma andare per poter dire "ci sono stato anch'io", consci del fatto che si tratta di un evento irripetibile. Almeno questo e a Milano, almeno per quanto riguarda la vita media di una persona.
Ma dobbiamo metterci d'accordo: si tratta come abbiamo scritto, di un "evento", o anche l'uso del vocabolo è esagerato e fuori posto?
Le risposte volgono piuttosto sulla negazione, in qualche libro sugli avvenimenti della primavera-estate-autunno lombardo se ne farà cenno, ma è difficile che dall'esposizione di quanto fanno i Paesi del mondo in campo alimentare, possa nascere un moto di cambiamento laddove la fame è imperante. La stessa Carta di Milano è un documento simbolico, ma nulla di più dei tanti ordini del giorni approvati in questi decenni dall'Onu. Qualcuno ricorda quali sono stati o può dire che sono serviti a cambiare dinamiche sociale ed economiche?
Difficile ammetterlo ora, ma magari fra qualche giorno saremo costretti ad confessarlo a noi stessi (stavolta senza vantarsi con gli altri): siamo stati in fila per nulla, per IL NULLA. E allora come scritto su questo blog qualche giorno fa meglio Disneyland. Almeno quello è un parco divertimenti, punto e basta. Senza nessuna aura di voler pensare al futuro del mondo che soffre la fame.
Le cronache la dicono lunga sulle code di questi giorni e anche la satira di Crozza non risparmia il final countdown della kermesse milanese.
Complice la tamburellante propaganda pare proprio che il punto non sia di andare all'Expo, cercare di capire qualcosa di più sl cibo e sul come è possibile sfamare il pianeta (per riprendere lo slogan), ma di vederlo da vicino, entrarci e bighellonare, insomma andare per poter dire "ci sono stato anch'io", consci del fatto che si tratta di un evento irripetibile. Almeno questo e a Milano, almeno per quanto riguarda la vita media di una persona.
Ma dobbiamo metterci d'accordo: si tratta come abbiamo scritto, di un "evento", o anche l'uso del vocabolo è esagerato e fuori posto?
E' un evento?
Secondo Google evento è un "fatto o avvenimento che già si è verificato o che può verificarsi, di solito determinante nei confronti di una situazione oggettiva o soggettiva: giudicare dagli e.; aspettare gli e.; sfidare gli e., affrontare con grande coraggio pericoli e avversità; e. memorabile, fatto o avvenimento di grandissima importanza, degno di essere ricordato".
L'Expo di Milano può essere tutto questo?Può essere un appuntamento memorabile? Oppure fra sei mesi ce ne ricorderemo a malapena? Può essere un qualcosa che ha influito sulla storia dei luoghi, dell'Italia, della Lombardia? E' un qualcosa che lascia il segno?
Le risposte volgono piuttosto sulla negazione, in qualche libro sugli avvenimenti della primavera-estate-autunno lombardo se ne farà cenno, ma è difficile che dall'esposizione di quanto fanno i Paesi del mondo in campo alimentare, possa nascere un moto di cambiamento laddove la fame è imperante. La stessa Carta di Milano è un documento simbolico, ma nulla di più dei tanti ordini del giorni approvati in questi decenni dall'Onu. Qualcuno ricorda quali sono stati o può dire che sono serviti a cambiare dinamiche sociale ed economiche?
Lo storytelling della politicaStringi stringi, dunque, dell'Expo 2015 resta il fattore dimensionale ed evocativo, lo storytelling della politica all'origine delle code degli ultimi giorni: non si sa perché, ma non si poteva perdere l'occasione di starci in mezzo, in coda, ad ammirare padiglioni inventati da geniali architetti e costruiti come le migliori macchine dei parchi divertimenti. E così è stato. Del resto perché enfatizzare i tempi d'attesa - teorici - di fronte ai padiglioni che i social hanno voluto come i "più interessanti" (in base a quale criterio, costruttivistico, mercantile, emozionale?) e aprire a prezzo ridotto alle masse bibenti della movida serale? Cosa c'entra tutto questo con l'esigenza di sfamare il pianeta, di capire meccanismi e metodi dell'alimentazione globale, di apprezzare le soluzione tecniche più avanzate e magari più ecologiche? Nulla.
Difficile ammetterlo ora, ma magari fra qualche giorno saremo costretti ad confessarlo a noi stessi (stavolta senza vantarsi con gli altri): siamo stati in fila per nulla, per IL NULLA. E allora come scritto su questo blog qualche giorno fa meglio Disneyland. Almeno quello è un parco divertimenti, punto e basta. Senza nessuna aura di voler pensare al futuro del mondo che soffre la fame.
Ci sono pochi luoghi in una vita, forse persino uno solo, in cui succede qualcosa; dopodiché ci sono tutti gli altri luoghi. (Alice Munro)
Commenti
Posta un commento