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"Seguire il petrolio!". Un vecchio adagio sempre valido. E lo dimostra ancora oggi quando il prezzo del greggio è di colpo sprofondato - il Brent -5,6% mentre, afferma Bloomberg, "West Texas Intermediate per la consegna di gennaio è sceso da $ 3,64 a $ 46,24 al barile della Borsa Mercantile di New York, il più basso dal 30 agosto 2017" - a causa dei nervosismi economici, dell'aumento della scorte Usa e dell'aumento della produzione da parte della Russia e dell'olio di scisto sempre in America.
E, indice ancora peggiore, è che i futures sono scesi del7,3% a New York. Sullo sfondo la profonda critica lanciata dal presidente Trump alla Fed dopo che questa si appresta ad alzare di un quarto di punto i tassi d'interesse, quarto aumento di  quest'anno e l'ottavo da quando è iniziata l'ascesa dei tassi tre anni fa. Non solo, a pesare anche le parole del presidente cinese Xi Jimping che sono sembrate voler rilanciare la sfida a Trump e agli Usa, un segnale non favorevole  a un accordo sui dazi.
Il petrolio è un sintomo - a nulla sono serviti i contenimenti di produzione post intesa Russia e Arabia e dopo l'uscita del Qatar dall'Opec - ma l'infezione potrebbe essere più profonda e si chiama: rallentamento globale della crescita. Dice Reuters che "l'indice azionario mondiale MSCI è sceso dello 0,5%. L'indice è diminuito del 10 percento quest'anno e si prepara al peggior anno in un decennio. Il Dow Jones Industrial Average è aumentato di 68,72 punti, ovvero lo 0,29 percento, a 23,661,7, l'S & P 500 ha perso 6,26 punti, o lo 0,25 percento, a 2,539,68 e il Nasdaq Composite ha aggiunto 8,57 punti, ovvero lo 0,13 percento, a 6.762,30. L'indice di riferimento dell'indice S & P 500 ha iniziato la sessione di negoziazione di circa l'8% in meno per dicembre".

Preoccupati gli accenti dei maggiori analisti. Come riferisce ancora Reuters, Chris Bailey, stratega europeo presso la società di servizi finanziari internazionali Raymond James, ha detto che  "siamo di fronte al più grande calo di dicembre delle azioni americane dal 1931 e questo è sorprendente e preoccupante allo stesso tempo. Siamo in un momento di svolta del regime, e il dibattito è quanto grande sarà il cambio di regime".
Da oltre Atlantico all'Europa il clima non cambia molto: gli investitori sono diventati più prudenti e refrattari a gettarsi sui mercati. L'indice del clima economico redatto dall'istituto tedesco Ipo è sceso per il quarto mese consecutivo a un livello che risulta il più basso da due anni a questa parte, l'Italia - a parte le riserve sulla finanziaria del governo populista e sovranista - vede una crescita inferiore al punto e la Brexit, se poi fosse bocciata l'intesa della May con Bruxelles, costerà cara a tutto il Vecchio Continente.  La Cina ha confermato che il controllo statale sull'economia resterà stretta, deludendo quindi le aspettative di un allentamento di vincoli, anche sul piano delle riforme, dopo i segnali di rallentamento delle stessa economia asiatica e i problemi sia sui consumi interni, sia sui mercati dell'import/export a causa, come detto, dei dazi. 
I riflettori nelle ultime ore sono quindi puntati sull'America da dove non arrivano buone nuove. Le critiche di Trump alla Fed  non hanno fatto altro che alzare il livello d'allarme degli investitori e ne ha risentito naturalmente il dollaro, con ribassi estesi e l'euro in rialzo dello 0,11%. La Fed, oltre ad alzare di un quarto di punto i tassi d'interesse (la decisione dovrebbe essere presa mercoledì 19 dicembre), sta riducendo il portafoglio di obbligazioni acquistate, per un ammontare di 50 mld di dollari al mese, con il programma di QE finito nel 2015. Ma in questo modo, come nota il New York Times
... "This measure, sometimes called quantitative tightening, reduces the supply of money in the economy"
Un problema messo a fuoco dallo stesso presidente Usa secondo il quale non bisogna lasciare che il mercato diventi più illiquido di quanto non è già.
IL vero interrogativo in questi momenti è se le autorità di governo monetario siano in grado di interpretare la vera natura dei movimenti dei mercati. Trump, con un'efficace uscita, ha detto rivolgendosi alla Fed "sentite il mercato, non seguite solo numeri insignificanti", una frase che nella sua banalità traduce le incertezze sui reali significati dei movimenti.
"Back in the summer and fall of 2007, for example, global credit markets were becoming strained, bond yields fell and stock prices began gyrating wildly. What would eventually be known as the Great Recession began in December of that year.
In 2015 and early 2016, a strengthening dollar, plunging commodity prices and slowing global economy caused similar turbulence in markets — and though a full-scale recession was averted, there was a mini-recession, depressing economic activity in large parts of the United States." (NyTimes)
La Fed si è sempre adattata ai comportamenti dei mercati, ma come osserva il NyTimes non sempre i comportamenti dei mercati sono indicatori dell'andamento dell'economia.  Come ricorda Paul Krugman, premio Nobel 2008,
... "quando si parla di mercati azionari, ci sono tre regole da ricordare. In primo luogo, il mercato azionario non è l'economia. In secondo luogo, il mercato azionario non è l'economia. In terzo luogo, il mercato azionario non è l'economia"
Sovente capita, l'ultima volta nel febbraio scorso, che le Borse abbiano tracolli improvvisi su aspettative parziali deluse improvvisamente o addirittura su momenti di panico che si diffondono e contagiano i risparmiatori. Una volta il famoso economista Paul Samuelson scherzò sul fatto che i mercati azionari avevano previsto nove delle ultime cinque recessioni.
Ma stavolta gli indizi sono molto più consistenti e diffusi su scala mondiale - i direttori finanziari delle aziende Usa in un sondaggio si sono espressi al proposito in modo molto chiaro sull'inizio della recessione nel 2019 - , poggiano su indici diversi, su trend discendenti, su indebitamenti in crescita veloce per le industrie manifatturiere negli Usa e sulla relativa debolezza, nonostante gli anni della ripresa, delle imprese di costruzioni e dell'auto. Aggiungiamoci il petrolio, la guerra dei dazi, la Brexit, il rallentamento dell'economia tedesca in Europa, i bilanci traballanti e poco sicuri dell'Italia assolutamente non incamminati sulla strada del risanamento del debito tra i più alti del mondo e con un'economia asfittica, in ripiegamento e alle prese con problemi di corruzione ed evasione fiscale non all'altezza dei Paesi più avanzati... e l'elenco potrebbe essere solo all'inizio.

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