Mentre il premier Conte annuncia un nuovo decreto da 50 mld, che si aggiungono ai 25 precedenti, emergono tanti dubbi che le scelte del governo possano bastare. Infatti 75 mld di prestiti (e debito) sostanzialmente servono a tappare qualche falla, non ad assicurare sopravvivenza a tutti: per questo bisogna aspettare il vertice del Consiglio europeo di giovedì 23 per comprendere quanto si aggiungerà alla dotazione bazooka da 750 mld della Bce, ai 500 finora disposti dalla Ue, al piano contro la disoccupazione.
I guai italiani potrebbero essere solo all'inizio: lavoce.info lancia un allarme perfino sul popolo dei risparmiatori, gli italiani che con le loro riserve hanno sempre assicurato un discreto ammortizzatore contro le speculazioni da un alto e a favore del sostegno al debito dall'altro. In 10 milioni, avverte Salvatore Morelli, potrebbero trovarsi in difficoltà finanziarie serie, tali da far intaccare i risparmi prima e impedire un nuovo accumulo subito dopo.
Ma il mito dell’Italia come paese di risparmiatori non corrisponde più alla realtà. Già nel 2008 il tasso di risparmio era sceso all’8 per cento. L’onda devastante della crisi del 2008 e 2009 ha poi colpito duramente il nostro paese, molto di più di altri, e ciò ha ulteriormente ridotto la capacità di risparmio degli italiani: nel 2018 il tasso di risparmio era uno dei più bassi tra i paesi economicamente avanzati, pari al 2,5 per cento. Negli Usa e in Germania si attesta rispettivamente intorno all’8 e all’11 per cento, mentre la media dell’area euro è il 6 per cento.
Non è finita qui, perché i problemi, piuttosto che le soluzioni, potrebbero venire per il nostro Paese anche dal Vecchio Continente. Torniamo alla Bce e al suo bazooka. Secondo Business Insider e fonti di Francoforte il programma di acquisti dei titoli per tenere fermi gli spread dei Paesi più deboli, acquisti ora saliti a 70,7 mld alla settimana, potrebbe esaurire la dotazione di 750 mld entro la metà di ottobre. per farcela fino a fine anno, si dovrebbe scendere dai 6,7 mld giornalieri a 4 mld. Se così non fosse, cosa succederebbe dopo, dove finirebbe il nostro spread che ormai veleggia attorno da quota 260? Per l'Italia la prospettiva non potrebbe che essere peggiore: infatti l'acquisto dei debiti sovrani per quanto riguarda Roma, finora investe fino al 42% della dotazione, dagli iniziali 17% (la pro quota). Ma questa dimensione non vede d'accordo gli altri Paesi in difficoltà, la Grecia soprattutto e la Spagna, che vorrebbero il rispetto della quota singola per non vedere compromessi gli acquisti dei propri titoli.
La situazione potrebbe presto diventare così compromessa che Wolfgang Munchau, sul Financial Times, arriva a prevedere un debito/pil che salirà dal 134% di oggi a 180 (stante un crollo del 10% del Pil, ma se fosse ancora di più?) mentre per ora le stime prudenziali del Def che è in fase di elaborazione parlano di una incremento al 155-160% e un deficit all'8%. Un quadro drammatico, quasi apocalittico che apre le porte alla concreta possibilità che l'Italia, non subito, a presto, sia costretta a chiedere la ristrutturazione del debito (il default) o ricorrere al Mes (quello vero, non l'altro, quello a uso italiano per finanziare le spese sanitarie ma senza condizioni) e al programma di acquisto OMT che comporta, stavolta sì, condizioni precise (stile Grecia, per intenderci) e l'arrivo della troika. Oppure che il Belpaese si avvicini alla porta d'uscita dalla Ue. Con tutto quanto ciò può significare.
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