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Guerra a Huawei? Segreti e ritorsioni



Il presidente Trump  ama il blitzkrieg, la guerra lampo con avanzate fulminee e rapidi ripiegamenti per poi ripartire. L'ha sempre fatto, in modo spregiudicato nella sua attività di  tycoon fra l'immobiliare e lo spettacolo. E così vuol fare oggi nella politica americana, in quella interna  ma soprattutto su quella estera.
Così poche ore dopo che Google  aveva scelto di revocare la licenza per Android al gigante cinese Huawei in seguito all' ordine esecutivo presidenziale che vieta  alle aziende americane di acquistare prodotti da aziende che rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale (e inserendo anche l'azienda nella black list del dipartimento del Commercio), il Dipartimento del Commercio ha attenuato il colpo - comunque durissimo per Huawei - sospendendo l'applicazione fino ad agosto concedendo all'azienda l'autorizzazione temporanea per continuare ad acquistare componenti prodotti negli Stati Uniti, ma solo per mantenere le reti esistenti o supportare i dispositivi esistenti. Una mossa di ragionevolezza per le possibili ricadute sui cittadini, ma dentro la quale vi è la volontà del presidente di vedere come andranno i colloqui con Pechino per condurre in porto la trattativa che dovrebbe mettere fine alla guerra dei dazi. La solita tattica di Trump dunque, attacco e poi la mano allungata per vedere se il nemico ha capito che l'altro vuole fare sul serio e quindi scendere a più miti consigli. 


.Secondo le prime analisi, il bando statunitense dovrebbe significare che i nuovi telefoni Huawei non avranno accesso alle app e ai servizi Google più popolari e Huawei sarà in grado di spingere gli aggiornamenti della sicurezza di Android solo quando saranno disponibili su AOSP, come hanno sostenuto Reuters e The Verge . Nel frattempo Huawei, prima del rallentamento di Trump, avrebbe potuto ricorrere solo alle versioni open source di Android, con tutto quanto ciò può significare per il grande produttore di smartphone. Problemi non indifferenti sul mercato Usa dove Huawei ha il 19% del mercato e ancora più in Europa dopo occupa quasi un terzo del mercato, con il 29%.
Ma proprio dall'Europa sono giunti i primi dispiaceri per Trump su questo versante: la Casa a Bianca sperava, in virtù dei sospetti su uno spionaggio occulto attraverso i microchip inseriti negli apparecchi, che la Ue lo seguisse nel "ban" contro il colosso cinese. Ciò che non è avvenuto anche perché Huawei ha assicurato i governi del Vecchio Continente che è pronto a firmare protocolli con la garanzia che non vi saranno spionaggi di sorta nei smartphone e attraverso i sistemi operativi.
Come ha spiegato il Sole 24 Ore l'azienda tiene molto all'Europa e in queste ore sta spingendo su un suo sistema operativo:
"L’azienda in un certo senso aveva anticipato questo scenario, lavorando a un suo sistema operativo proprietario chiamato Kirin OS, come già fatto sui processori, anch’essi Kirin. La nota con cui Huawei garantisce che continuerà «a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile» potrebbe far pensare che il passaggio a un nuovo sistema operativo non sia fantascienza anche se, come detto, per valutazioni più complete occorre tempo."
Se la guerra commerciale fosse confermata Huawei da agosto in avanti comunque problemi ne avrà perché rinunciare in prospettiva ai servizi di google non sarà né semplice né indolore . Come spiega Business Insider
"... Google Play è il più grande app store al mondo e, insieme all'Apple App Store, l'unico vero modo per gli sviluppatori di app legittimi di commercializzare e distribuire le loro app. Gli utenti Android sono particolarmente dipendenti da Google Play perché è più probabile che le app Android siano dannose grazie alla natura aperta dell'ecosistema. Passare attraverso l'app store ufficiale offre agli utenti l'accesso alla protezione antimalware integrata di Google, Google Play Protect, e rende meno probabile che scarichino qualcosa di brutto."
Non va dimenticato che Google, il più grande app store, è anche Chrome, il browser usato dal 60% degli utenti , con il corredo di Gmail (1,5 mld di utenti) e tutto il resto senza dimenticare Youtube (2 mld di utenti). Se tutto questo non avrebbe grosso impatto sul mercato interno - viste le limitazioni imposte dal governo cinese a Google e comunque al web - ben diverso è il discorso per il resto del mondo.
Per ora però, a parte gli scossoni borsistici, quella di Trump è stata soprattutto una minaccia "future" forse esplosa per saggiare il terreno e vedere la reazione. In effetti la concessione è temporanea e limitata, in quanto Huawei non avrà la piena libertà di manovra per svilupparsi ulteriormente negli Usa. Ma arriva anche oltre che per i timori di interruzioni o problemi di connessioni sulle reti, anche per le pressioni delle imprese Usa produttrici di chip che temono ricadute sulla produzione di semiconduttori sui mercati globali.
"Ci auguriamo di poter collaborare con l'amministrazione per ampliare la portata della licenza, in modo tale da far avanzare gli obiettivi di sicurezza degli Stati Uniti in un modo che non comprometta la capacità dell'industria americana dei semiconduttori di competere a livello globale", ha detto in una nota l'amministratore delegato della SIA John Neuffer. (Axios)

Problemi di ricadute sugli utenti americani, sulle imprese comunque costrette a fare i conti con le dimensioni, la presenza sui mercati e la capacità tecnologica di Huawei e delle industrie cinesi : ecco le ragioni delle frenata.
Diversi giudizi sulle conseguenze in terra americana:per alcuni lo stop ai cinesi potrebbe dare il tempo e l'opportunità ai produttori nazionali di recuperare i ritardi tecnologici rispetto ai concorrenti asiatici (LEGGI QUI), dall'altro non sfugge ai più quanto ha affermato il fondatore del colosso cinese, l'ex ingegnere dell'Esercito popolare Ren Zhengfei secondo il quale la sua azienda, lui e quindi anche il governo di Pechino, sono da tempo pronti alla "guerra" inevitabile con gli Usa (Leggi QUI). E comunque non mancano coloro che avvertono che, con la presenza di una filiera in Cina da cui escono prodotti destinati al mercato Usa (uno per tutte la Apple e i suoi costosi iPhone), mettono sull'avviso di possibili pesanti ritorsioni. (leggi QUI).
Proprio su quest'ultimo argomento - le possibili ritorsioni - arriva da Business Insider Italia una lettura diversa sulla frenata dell'Amministrazione Usa: secondo l'autorevole sito economico all'origine vi sarebbe un messaggio simbolico e mediatico lanciato dal presidente cinese XiJinping con una visita all JlMag, azienda leader nelle "terre rare", ovvero quei minerali rari da cui dipende in larga parte la crescita dell'industria hitech mondiale e quindi soprattutto americana.
Secondo il sito, il messaggio inviato da Pechino potrebbe essere che la Cina è pronta a bloccare l'esportazione  verso gli Usa di queste "terre rare", import che per gli States vale addirittura l'80% del fabbisogno. Un blocco, è facile da comprendere, significherebbe la crisi, la paralisi di questo settore fondamentale per la grande potenza occidentale. Come quello dell'auto sulla cui componentistica Pechino ha una forte voce in capitolo sempre legata a prodotti che usano, appunto, materiali rari.




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