In casi come questo e quando si parla di una democrazia moderna sembra che sostenere una tesi diversa, basata su fatti e circostanze frutto di ben precisi lavori giornalistici, sia una presa di posizione ideologica.
Ma nella vicenda di Luiz Inacio Lula da Silva, l’ex presidente brasiliano
condannato a 12 anni e consegnatosi dopo un giorno di “resistenza”, assediato/protetto dai suoi sostenitori nella sede del sindacato, il raccontare quanto è accaduto e come si possa parlare apertamente di una chiara operazione per far fuori un uomo dalla popolarità immensa e pronto a tornare alla presidenza, di una macchinazione mossa da potenti oligarchie e diffusi interessi che avvincono, in nome della corruzione, un Paese da 200 milioni di abitanti come il Brasile, il parlare di quanto è avvenuto è opera di verità e trasparenza che nulla ha a che fare con il giudizio storico-politico su Lula e su quanto ha fatto e sugli errori - anche immensi - compiuti. Ed è quanto di più doveroso e necessario per togliere il velo su un Paese democratico in quanto a costruzione istituzionale, a rispetto dei crismi di equilibrio e controllo dei poteri, ma il cui esercizio quotidiano della democrazia, nella sua applicazione concreta, denuncia i limiti e le distorsioni di cui sembrano essere vittima sempre più Paesi anche in Europa, Paesi in cui il peso dei poteri extracostituzionali e ed economici si sta affermando in una visione iperliberista che sta riducendo via via gli spazi di una reale alternativa di atti e idee. Nel nome di particolari letture dell’efficientismo, della libertà d’impresa, della salvaguardia nazionale, dell’affermazione dell’individualismo (non dell’individuo) e della realizzazione personale a svantaggio della solidarietà e compartecipazione.
Piuttosto dietro l'accusa, mai provata, di aver avuto un piccolo appartamento in cambio di un appoggio agli appalti al colosso energetico Petrobras, quella contro Lula è una vera e propria guerra a quanto si è fatto portatore lo stesso ex sindacalista: ovvero misure e leggi (il piano per la famiglia, ad esempio) per ridurre le disuguaglianze in un Paese in cui sono svaniti gli anni della grande affermazione internazionale e dove il fossato tra ricchi, molto ricchi, e poveri, molto poveri, si è allargato a dismisura, a svantaggio dei secondi naturalmente, dove la corruzione si sta mangiando letteralmente la democrazia, dove il potere dell'esercito - dalla memoria golpista mai estinta - si è allargato in nome della sicurezza interna contro la criminalità dilagante.
Forse la "colpa" di Lula è stata quella espressa da Luciana Castellina: "Di aver reso possibile un altro mondo"
Su quanto avvenuto e quanto avverrà ancora ecco una ricostruzione de Linkiesta attenta e “deideologizzata” che getta reali e pesanti ombre sull’efficacia di pesi e contrappesi nell’equilibrio del potere brasiliano, tutti aspetti peraltro ampiamente ignorati o affrontati con superficialità nel sistema dei media occidentali.
Sempre Linkiesta fornisce alcuni link interessanti per capire come è stato costruito il processo contro Lula. Ad esempio https://brasil.elpais.com/brasil/2018/04/06/politica/1522966312_016125.html?id_externo_rsoc=FB_CC
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