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Lo sciò di Persia

Una parata dei Pasdaran iraniani
Come un bulldozer Donald Trump va avanti nel processo di decostruzione delle scelte delle decisioni dell'era Obama. Anche se i risultati non sono sempre, anzi quasi mai, quelli voluti e ricercati. Fatti i conti con le sconfitte dei mesi precedenti, il presidente usa ora ha scelto un'altra strategia, evidentemente costruita ed elaborata con i suo generali consiglieri e dall'ala più morbida dei suoi collaboratori.

In sostanza come per l'Obamacare, anche per l'Iran non vuole andare allo scontro frontale con il Congresso che è chiamato a decidere, a dire la sua ultima parola, su una questione. Così punta a smontare pezzo per pezzo i sostegni agli accordi e alle leggi; per l'Obamacare comincia a togliere i sussidi alle polizze per sostenere gli strati dei meno abbienti che non possono pagarsi del cure. Valore circa 7 mld di dollari.
E tanta rabbia, oltre che dei più poveri, anche delle assicurazioni.
Ora tocca all'Iran: non viene denunciato l'accordo sul nucleare, tema che spetta al Congresso, ma Trump vuole costruire un castello si sanzioni e provvedimenti che vanno a limitare la capacità di movimento di Teheran, cercare di mettere all'angolo di Pasdaran e in sostanza controllare tutto quanto, soprattutto sul piano militare, l'Iran fa in campo militare, esercitando così una forte leadership nell'area. In particolare sull'Iraq e in Siria. "Non ci ritiriamo dall'accordo" ha sottolineato il segretario di Stato Rex Tillerson, ma il presidente non certificherà l'intesa, una scelta che ha il valore politico - anche se non effettivo . di una rottura.
Il problema, che forse lo staff del presidente, i suoi consiglieri e quelli di Tillerson al Dipartimento di Stato avevano rilevato ma sul quale non sono stati capaci di far convergere la Casa Bianca - si parla di una contrarietà di fondo sia da parte di McMaster e di Mattis -  è che l'intesa sul nucleare iraniano non è maturato da un bilaterale, ma è frutto di un'operazione diplomatica che ha coinvolto oltre gli Stati Uniti anche l'Europa, la Cina e la Russia. Quindi come ha detto l'Alta Rappresentante della Ue Federica Mogherini, "non è un accordo bilaterale e non appartiene agli Usa".
Tuttavia Trump, questa volta probabilmente ascoltando lo stratega Kelly, si è lasciato una via d'uscita comoda e interessante (per lui)  anche se la sua manovra sembra un gioco d'azzardo destinato a fallire come dice il Financial Times: in sostanza ha lasciato l'esecuzione dei suoi desideri al Congresso (qui il Washington Post) chiamato a decidere su sanzioni e soprattutto sull'eventuale ritiro dall'accordo. Un modo per costringere il Gop a convergere sulla linea della Casa Bianca oppure assumersi la responsabilità di un altro strappo con Trump proprio a un anno dalle elezioni di Mid-Term, ben sapendo che alzare la voce con Teheran incolpandolo di ogni nefandezza ha un riscontro positivo sulla base più nazionalista dell'America profonda. Quella che ancora sta con Trump.

Il commento dell'ex Segretario di Stato Kerry

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