è caduto un governo, se ne è fatto un altro quasi fotocopia, è passata senza modifiche la legge di bilancio ed è stato pure approvato il decreto che libera i primi soldi per intervenire nei paesi devastati dal terremoto. Ah, dimenticavo, lo spread è attorno a 150 punti, neppure troppo più degli ultimi mesi, la Borsa non è crollata, anzi ha anche guadagnato.
Potere delle nostre élite, di governo e dell'industria e della finanza, tutti a vaticinare disastri e invece perfino in Europa sono rimasti stupiti di vedere un capo di governo sostituito in pochissimi giorni, guadagnando al posto di un sovreccitato narcisista un compito signore di nobile schiatta e un po' di estremismo nel curriculum almeno in misura pari alla dote di cattolico e moderato.
Ma i guai per Renzi potrebbero essere solo all'inizio, lui che finge il distacco del padre da Mulino Bianco che rimbocca le lenzuola ai figli (ecco dove si finisce con la mania dello storytelling compulsivo): mentre la stampa a lui vicina si scatena contro la Raggi, orfana dell'uomo forte Marra, di un altro assessore e lambita lei stessa da un possibile avviso di garanzia, l'affondo della magistratura colpisce l'ex premier in uno dei pochissimi punti di soddisfazione nelle disastrose (e nascoste al partito e soprattutto agli elettori e alla narrazione nazionale) elezioni amministrative. Il sindaco di Milano Beppe Sala, fiore all'occhiello del renzismo, è indagato per falso della procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta sull'appalto per la la realizzazione della piastra all'ExpoLo scorso anno, prima dell'apertura dell'esposizione, la magistratura milanese aveva dif atto concesso una deroga per poter far sì che il principale evento nazionale e internazionale non affogasse e non vedesse neppure la luce di fronte alle indagini sugli appalti. Ora, dopo che la procura generale si è opposta e il gip le ha dato ragione, alla richiesta di archiviazione dell'indagine, spunta fuori Sala (che dell'Expo fu commissario e deus ex machina) e lui, doverosamente, si autosospende da sindaco. Cosa significhi sono pochi a capirlo, ma di fatto anche l'amministrazione meneghina entra nel cono d'ombra di una crisi non di facile soluzione. E così adesso i telegiornali e molte testate così attente ai guai della giunta Raggi, dovranno preoccuparsi anche di quelli della nuova Milano, quelli del renzismo in salsa lombarda.
La cinquestelle Raggi a Roma non ingrana, anzi è nei guai: le hanno appena arrestato l'ex vice capo di gabinetto Raffaele Marra, che voleva addirittura come vicesindaco nonostante fosse noto per essere stato uno degli uomini chiave con Alemanno, lei traballa mezzo abbandonata da Grillo e ormai preda dei suoi avversari interni, ha scontato l'uscita - sollecitata da tempo - dell'assessore Muraro, è ostaggio di una macchina amministrativa, sostanzialmente estranea se non collusa con le amministrazioni precedenti, e dal giorno delle elezioni in pratica la capitale è paralizzata. E il suo destino è di tornare, con tutta probabilità, nelle mani della destra. Che farà i danni di prima con i poteri forti che torneranno a dominare.
In tutto questo il governo clone di Gentiloni dovrebbe fare una legge elettorale, magari ricorrendo ancora a un accordo con Berlusconi sotto attacco su Mediaset e con i giudici (non quelli "buoni" invocati per proteggere l'azienda di famiglia, ma quelli "cattivi" di Milano) che chiedono il suo rinvio a giudizio per aver corrotto i testimoni del caso Ruby. Non solo, dovrebbe salvare Mps, far tornare i conti con la Ue, affrontare e risolvere il problema dei migranti e magari dare una prospettiva a questo Paese. Per ora pensa solo di evitare il referendum su jobs act e voucher.
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