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Ombre cinesi

La Cina continua a dissanguarsi in Borsa, la mini svalutazione dello yuan non è servita e adesso il mondo s'interroga se non siamo sulla soglia di  una nuova stagione di Lehman Brother con l'America costretta a rinviare il rialzo dei tassi e i Paesi emergenti che non trovano più a Pechino lo sbocco adeguato per le loro materie prime.

Eppure come nel 2008 c'è chi, inascoltato, invitata a porre maggiore attenzione al gigante asiatico che non alla Grecia. Date un'occhiata a questo Krugman di fine luglio sul New York Times.
Intanto  oggi le borse cinesi sono ai minimi dal 2007. Shangai ha chiuso perdendo l'8,49% a 3.209 punti e  l'indice di Shenzhen ha perso 7,83% chiudendo a 10.970 punti. Non solo, perchè la debacle sta affondando le Borse del resto del mondo, Wall Street in apertura perde il 6%, il Down Jones perde 1000 punti in un solo colpo, mai così male dal settembre del 2008, l'inzio della grande crisi, Milano in linea con l'Europa lascia sul terreno il 7% con raffiche di sospensioni. Ecco il punto di Bloomberg.
Alla base oltre alla fuga dei capitali e alla crisi delle commodity, lo stato della crescita del Pil, attestata sul 7% (rilevante ma ormai lontano dalla doppia cifra  del passato)  ma con ampi dubbi di credibilità. La riprova arriva dall'indice manifatturiero cinese (il China Manufacturing Purchasing Managers) che è sceso 47,1 ai minimi da due anni, segno evidente dell'economia in ritirata. Per .  l'agenzia Moody's la discesa non sarebbe affatto finita e fissa  il  Pil al 6,8% per quest'anno,  6,5% per il 2016 e  6% negli anni successivi.

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