Tsipras ha salvato il suo popolo o l'ha perso? Il premier greco si rimette in gioco per la seconda volta dopo il referendum vinto e dimenticato, sfida centrata ed annullata dal memorandum contratto a condizioni peggiori di quelle precedenti avanzate da Ue, Bce e Fmi sulla spinta della disperazione di vedere la Grecia scivolare magari fuori dell'euro.
In sostanza Tsipras ha ammesso che non aveva scelta, la possibilità di uscire dall'euro ufficiale (la moneta poteva restare anche se svalutata e svincolata dalle contrattazioni del resto della zona) secondo luime parte del suo partito avrebbe portato il Paese al disastro.
Oggi Tsipras è lodato da Bruxelles e dalle cancellerie, Merkel in testa, il Fmi forse gli darà una mano con una piccola ristrutturazione del debito (ma solo in autunno a riforme approvate e bollate), ma il suo partito è spaccato, scisso e il futuro di Tsipras va verso una grande coalizione (sempre come voluto e auspicato dall'Europa dell'austerità e accettata dai comprimari silenti e sdraiati come Italia e Francia), guarda caso proprio come Bruxelles e i grandi capitali volevano.
Tsipras non può non riconoscere che così ha liquidato la speranza che con il voto si possa cambiare politiche economiche e la stessa Europa. E di questo porterà una responsabilità storica ben conscio che il suo piccolo Paese potrà fare ben poco per mutare corso operando da "dentro" la Ue, solito refrain di chi vuol far finta di cambiare affinché non muti nulla. Vedete un po qui quanto resterà ad Atene per le sue politiche sociali.
Interessante anche la riflessione del vicedirettore de Il Fatto quotidiano Stefano Feltri sul destino di Tsipras e sul fatto che votare non serve più.
Tsipras dunque pragmatico e socialdemocratico e non più vittima del "radicale" Varoufakis? E' questa la normalizzazione che l'Europa germanizzata è riuscita a imporre con l'unico merito forse di aver messo in risalto il relativo spessore politico del premier greco, a questo punto molto, troppo simile a chi l'ha preceduto. Un peccato, perché ha perso l'occasione per diventare uno statista e non il semplice capo politico di un governo "ammucchiaticcio", debole e pauroso. Che oltretutto non salverà il Paese. Varoufakis sarà stato radicale, avrà disegnato una Grecia distaccata dall'euro (non fuori), ma leggete qui - senza la solita propaganda - un po' delle sue proposte: al di là della tecnicalità, sono così estremiste?
In sostanza Tsipras ha ammesso che non aveva scelta, la possibilità di uscire dall'euro ufficiale (la moneta poteva restare anche se svalutata e svincolata dalle contrattazioni del resto della zona) secondo luime parte del suo partito avrebbe portato il Paese al disastro.
Oggi Tsipras è lodato da Bruxelles e dalle cancellerie, Merkel in testa, il Fmi forse gli darà una mano con una piccola ristrutturazione del debito (ma solo in autunno a riforme approvate e bollate), ma il suo partito è spaccato, scisso e il futuro di Tsipras va verso una grande coalizione (sempre come voluto e auspicato dall'Europa dell'austerità e accettata dai comprimari silenti e sdraiati come Italia e Francia), guarda caso proprio come Bruxelles e i grandi capitali volevano.
Tsipras non può non riconoscere che così ha liquidato la speranza che con il voto si possa cambiare politiche economiche e la stessa Europa. E di questo porterà una responsabilità storica ben conscio che il suo piccolo Paese potrà fare ben poco per mutare corso operando da "dentro" la Ue, solito refrain di chi vuol far finta di cambiare affinché non muti nulla. Vedete un po qui quanto resterà ad Atene per le sue politiche sociali.
Interessante anche la riflessione del vicedirettore de Il Fatto quotidiano Stefano Feltri sul destino di Tsipras e sul fatto che votare non serve più.
Tsipras dunque pragmatico e socialdemocratico e non più vittima del "radicale" Varoufakis? E' questa la normalizzazione che l'Europa germanizzata è riuscita a imporre con l'unico merito forse di aver messo in risalto il relativo spessore politico del premier greco, a questo punto molto, troppo simile a chi l'ha preceduto. Un peccato, perché ha perso l'occasione per diventare uno statista e non il semplice capo politico di un governo "ammucchiaticcio", debole e pauroso. Che oltretutto non salverà il Paese. Varoufakis sarà stato radicale, avrà disegnato una Grecia distaccata dall'euro (non fuori), ma leggete qui - senza la solita propaganda - un po' delle sue proposte: al di là della tecnicalità, sono così estremiste?
Commenti
Posta un commento