Stanotte, per l'Italia, si dormirà poco. Almeno coloro che sono interessati a sapere chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, il 46°. Non è cosa da poco, pur con la superficialità italica che guarda il proprio ombelico - talvolta neppure oltre le mura di casa - e tan tantomeno dopo i quattro anni di delirio mediatico e show business di Donald Trump oltre alle prospettive in un mondo cambiato e che sta cambiando per colpa di un virus.
Tuttavia, dopo l'esperienza del 2016, pur tra i sondaggi che danno Joe Biden abbastanza solida nel guidare le preferenze dei sondaggi, gli esperti sono prudenti. Sia per la capacità di rilevare quelle che sono le intenzioni di voto reali, sia per il complesso e variegato sistema elettorale americano che ha portato, proprio quattro anni fa, Hillary Clinton a vincere con oltre tre milioni e mezzo di voti nel conteggio nazionale, ma perdere la Casa Bianca perché si è fermata prima dei 270 voti del grandi elettori necessari per diventare presidente. Stavolta, poi, il sistema Usa del voto, finisce per attribuire una importanza forse decisiva al voto postale che tanto preoccupa Trump. Una nota niente affatto trascurabile se si pensa che al 30 ottobre chi aveva votato per corrispondenza erano stati 84 milioni con la possibilità di arrivare vicino ai 100 milioni in questi tre ultimi giorni. (Secondo gli ultimi calcoli del Washington Post sarebbero 98,9 milioni, qui sotto. Per il New York Times siamo già a 99,7 milioni QUI)
Il problema è il conteggio di questi voti legato alla regolarità delle schede - timbri, recapito, firme e tutto il resto di burocrazia -, alla loro apertura effettiva, a quanti giorni dopo il voto ufficiale si potranno conteggiare questi voti, alla regolarità degli stessi (che Trump è pronto a mettere in discussione). E, non va dimenticato, il peso che queste preferenze avranno sui sondaggi della serata che potrebbero ribaltarsi clamorosamente man mano che il voto per corrispondenza entra nel computo ufficiale.
Le statistiche sul voto anticipato: lo studio
Ma anche qui non è semplice, perché se alcuni Stati si sono dati alcuni giorni di tempo per completare lo spoglio (tre giorni nello Stato chiave della Pennsylvania) e qualcuno spinge il termine fino addirittura al 6 novembre (lo Stato chiave del Michigan) , altri hanno già cominciato lo spoglio e lo comunicheranno al momento del via dell'esame dei voti espressi di persona.
"Several states—including states with competitive races like Florida, North Carolina, Texas (in more populated cities), Arizona and Nebraska—begin counting early votes well in advance of election night. In these states, they will have the vast majority of early votes counted and ready to announce immediately upon the closure of polls. In these states, significant vote totals may be announced earlier than usual in the night or at a normal time." (Brookings)
Il quadro tuttavia è complesso perché si differenzia anche per città grandi e piccole: chi inizia giorni prima, chi inizia il giorno stesso o appena dopo la chiusura dei seggi, chi va avanti, chi si basa sulla data di spedizione. per questo, avverte la Brookings, armatevi di pazienza e non abbiate fretta di sapere chi sarà il nuovo presidente. E aspettatevi aspre contestazioni e qualche sorpresa dell'ultima ora, diciamo noi. Caos e ritardi sono messi nel conto (QUI).
Secondo Brookings bisogna fissarsi nella notte delle elezioni, sul punto di partenza di ciascun candidato, sui 232 voti su cui Biden potrebbe già contare all'inizio (laddove Hillary Clinton vinse nel 2016) e sui 125 voti elettorali di Trump negli Stati in cui è sicuro di affermarsi.
Poi osservare con attenzione i primi exit poll delle 18 (ora americana) e quelli delle 19 (Florida), ovvero osservare il comportamento delle categorie (bianchi, ultra 65enni, donne, giovani, etnie) rapportandosi al 2016: se Biden dovesse erodere laddove Trump conquistò alcune di questi gruppi, il suo vantaggio sarebbe più solido e così la previsione. E va tenuta d'occhio anche la percentuale di questi gruppi sull'elettorato generale per capire il verso del consenso verso uno o l'altro dei candidati.
Infine non dimenticare di prestare attenzione ai voti per il Senato: se resta a maggioranza repubblicana un Biden presidente potrebbe incontrare problemi, un Trump riconfermato avrebbe più forza per far passare cambiamenti radicali (basti pensare al ruolo avuto per la nomina del nuovo giudice della Corte Suprema, la superconservatrice Amy Coney Barrett). Inverso il discorso se i Democratici riuscissero a prenderne la maggioranza.
Gli ultimi sondaggi, tendenze, previsioni
Un suggerimento: seguite l"l'ago" del NyTimes, il grafico semicircolare che nel 2016 (QUI) illustrò bene la vittoria a sorpresa di Trump.
Stavolta il giornale liberal ha raffinato il suo "ago" che non avrà un solo indicatore e si focalizzerà su tre Stati: Florida, North Carolina e Georgia. Sono tre realtà veloci nello scrutinio, iniziano a contare prima il voto postale e sono indicativi per capire dove va l'America e chi può vincere visto che nei sondaggi la distanza fra i due candidati è minima. Nel 2016 Trump vinse in tutti e tre, se Biden ne conquista uno ha ottime probabilità di essere il quarantaseiesimo presidente. (QUI)
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